«D’accordo, la politica è proiettata verso la ricerca di soluzioni, di risposte alla crisi economica, innanzitutto. Ma c’è il rischio che si dimentichi la funzionalità, rispetto alla crescita dell’economia, di altri beni primari. E tra questi ci sono indiscutibilmente l’efficienza della giurisdizione e il diritto alla difesa, quindi la parità delle parti nel processo: il prossimo Parlamento non potrà fare a meno di occuparsene». Massimo Luciani, presidente della Associazione italiana dei costituzionalisti, ricollega ai presupposti stessi della democrazia la proposta che ha messo a punto in tema di rafforzamento della funzione difensiva: una proposta di modifica costituzionale che consenta l’esplicito riconoscimento della libertà e dell’indipendenza dell’avvocato.

All’inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio nazionale forense, il presidente Andrea Mascherin ha sollecitato la politica a intervenire sul rafforzamento, in Costituzione, del ruolo dell’avvocato, dunque ad approvare la sua proposta. È anche un richiamo a una attenzione, sui temi della giustizia, maggiore rispetto a quanto si è ascoltato in questa campagna elettorale? È evidente che il dibattito in vista del voto è stato caratterizzato da una grande confusione e da una preoccupante elusività rispetto a temi primari, fra i quali è appunto la giustizia. Ci si può anche non meravigliare: di fronte alla peggiore crisi economica verificatasi del Dopoguerra, è inevitabile che l’attenzione dei partiti sia rivolta innanzitutto alla crescita, al rilancio del sistema Paese. E a ben guardare, un certo accantonamento delle riforme in materia di giustizia va di pari passo con la scarsa attenzione riservata a diverse altre questioni. Fatta l’analisi, però, non si può fare a meno di notare che, nel caso della giustizia, la rimozione sarebbe un errore.

È urgente un riequilibrio tra politica e ordine giudiziario? C’è una questione più immediata: senza una giurisdizione che assicuri efficienza e tutela dei diritti, la crescita economica è impensabile. Lo dicono da anni gli indici sulla debolezza degli investimenti stranieri, lo dice anche la logica.

Va detto che la legislatura appena conclusa ha posto le basi per diversi interventi di riforma, anche di carattere ordinamentale, come la revisione del sistema elettorale del Csm. È un esempio assolutamente chiaro di quelle questioni che è forse più difficile proporre nel pieno di una campagna elettorale assai confusa, ma che poi, a legislatura avviata, non potranno essere tenute da parte. Ripensare il sistema per eleggere i componenti togati del Csm credo sarebbe opportuno, si tratterà di capire anche se gli equilibri consegnati dalle urne lo renderanno praticabile.

In tempi di garanzie che vacillano, il Cnf propone di affermare l’indipendenza e la libertà dell’avvocato: è l’argine a una deriva? È un intervento opportuno, e prezioso. Anche perché non comporta conseguenze sul piano istituzionale. Già adesso la nostra Carta riconosce la funzione ineliminabile dell’avvocato in diversi articoli: il 24, il 101, il 111, eccetera. Visto che in gioco c’è il valore costituzionale della difesa in giudizio, e che garantire questo bene primario è un presupposto della democrazia, sarebbe opportuno che il richiamo alla libertà e all’indipendenza dell’avvocato diventasse esplicito.

L’ordine giudiziario potrebbe vedere intaccata la propria autonomia? È vero esattamente il contrario. Il processo è una realtà con più attori: quello che conta è che ciascuno eserciti le proprie prerogative in una condizione di autonomia e indipendenza. Ora, rafforzare la posizione dell’avvocato può essere un beneficio per la stessa magistratura proprio perché consoliderebbe la complessiva autonomia della giurisdizione da ogni altro potere. Non vedo davvero quali controindicazioni possano esserci nel riconoscimento esplicito del ruolo del difensore.

Si tratta anche di una responsabilità notevole, per l’avvocatura. Servirà una maggiore responsabilizzazione degli avvocati, che dovranno intendere il loro ruolo in una cornice nuova. Ma mi pare che il Cnf già si occupi con efficacia della crescita culturale dell’avvocatura, con le tante occasioni formative messe in campo per gli iscritti all’albo.

L’avanzare di forme di populismo anche rispetto alla giustizia penale è una minaccia per la democrazia? Si sottovaluta il rischio della lesione dello stesso assetto democratico che può venire da un approccio insofferente verso le garanzie. Va preso atto di un dato: il cosiddetto giustizialismo è un atteggiamento molto diffuso nell’opinione pubblica. Ma l’errore più pericoloso, per la politica, è proprio quello di sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, di assecondare le pulsioni populiste. La politica non deve unirsi al coro, ma offrire soluzioni. E piuttosto che invocare una giustizia vendicativa, deve impegnarsi a rafforzare gli strumenti di prevenzione, prima ancora di quelli repressivi. C’è per esempio la percezione di una presenza debole dello Stato nel territorio: ecco, la politica deve rimediare in concreto, non con proclami demagogici, potenziando le forze di polizia, ma prima ancora rimediando al disagio culturale e sociale. Non ha senso cercare una scorciatoia deresponsabilizzante in proposte che tendono a indebolire le garanzie e il diritto di difesa. Non ha alcun senso e sarebbe, di certo, un pericolo per la democrazia.