Le regionali fanno tremare ancora in culla la neonata creatura di Grasso, Bersani, D’Alema e Fratoianni. Il pressing sul presidente del Senato perché si acconci all’alleanza col Pd nel Lazio e in Lombardia è fortissimo e il sisma sul lato opposto della barricata provocato dal passo indietro di Bobo Maroni offre munizioni al segretario del Pd.

In Lombardia la sostituzione del governatore uscente con l’ex sindaco di Varese Attilio Fontana apre uno spiraglio per il centrosinistra. Fontana, a differenza di un Maroni considerato imbattibile, è considerato infatti un candi- dato debole, il che permette di sognare la conquista della piazza più ambita e insieme più proibitiva per il centrosinistra, quella lombarda. Il contraccolpo è già arrivato anche nel Lazio. Pur sapendo di non poter negare al Carroccio di candidare un proprio esponente in Lombardia, l’ex Ca- valiere ha approfittato della situazione per rimescolare le carte sostituendo la prevista candidatura del sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi con quella decisamente più pesante di Maurizio Gasparri. Per quanto Pirozzi sia un uomo di destra vicino a Fratelli d’Italia, per l’elettorato di centrosinistra Gasparri è certamente un nome più inviso e la probabile candidatura dell’ex nazional- alleato porta acqua al mulino di Renzi. Non a caso proprio ieri, mentre venivano diffusi sondaggi che danno per persa la partita di Zingaretti senza un accordo con LeU, il segretario del Pd è tornato alla carica: «Stiamo parlando con Grasso. Il problema è vedere se riuscirà a portare il suo movimento a votare per Gori e Zingaretti».

Almeno per quanto riguarda il Lazio Grasso c’è già riuscito, almeno in parte ma è probabile che già nelle prossime ore arrivi a far convergere sul sostegno al governatore uscente l’intera Lista. Ufficialmente a premere da giorni per l’accordo nel Lazio era soprattutto l’Mdp, mentre la componente Sinistra italiana era contrarissima. Grasso, come leader della lista, non si è mai esposto pubblicamente ma a porte chiuse ha preso una posizione drastica a favore dell’alleanza. LeU rischia così di arrivare unita alle politiche ma divisa alle regionali, con Mdp per Zingaretti e Si con un proprio candidato: non proprio il miglior viatico per una lista unitaria.

Di conseguenza non è affatto escluso che nelle prossime ore o nei prossimi giorni Si ci ripensi, permettendo così all’intera LeU di sostenere Zingaretti, magari chiedendo in cambio una rottura con la lista centrista di Beatrice Lorenzin. Ma se anche si arriverà a quell’accordo, non è affatto detto che la base di Si, dopo mesi di ostilità alla giunta Zingaretti accusata di aver massacrato la sanità pubblica, accetterebbe di buon grado la repentina sterzata.

In Lombardia le acque a sinistra sembrano più calme. Tutte le componenti di LeU si sono infatti schierate contro l’appoggio a Gori, pronte a candidare il segretario regionale Onorio Rosati che ha già chiuso ogni spiraglio di trattativa: «Non ci sono le condizioni per sostenere Gori». Il Pd però non si è arreso e non ha affatto perso le speranze, anche perché mentre il no su tutte le piazze, da quella nazionale a quelle lombarda e laziale, sarebbe per LeU facilmente spiegabile, il no in Lombardia a fronte di un’intesa nel Lazio lo sarebbe molto di meno.

Alla fine, probabilmente, peseranno molto i sondaggi. Se il responso sarà negativo, cioè se la partita verrà considerata persa come lo sarebbe stata con Maroni candidato, un ripensamento di LeU diventerà molto difficile, ma se il miraggio di conquistare la Lombardia apparirà realistico tutto potrebbe cambiare.

Va da sé che le tensioni regionali si accompagnano a quelle sulle candidature, capitolo ancora tutto da definire. Per ora sembra chiaro che a Mdp spetterebbero una ventina di seggi, a Sinistra italiana una decina e qualcosa di meno a Civati. E’ ancora in sospeso la richiesta del leader Grasso che vuole una decina di seggi, due dei quali andrebbero però in quota Boldrini, uno per la stessa presidente della camera e l’altro per il suo portavoce Roberto natale, già presidente della Fnsi. In quota Grasso dovrebbero andare di certo Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente e oggi responsabile della campagna elettorale di LeU e Anna Falcone, portavoce dei comitati per il No al referendum del 2016 in coppia con Tomaso Montanari e poi, con lo stesso Montanari, della poco fortunata ' assemblea del Brancaccio'.