Era stato arrestato – già sofferente – nel carcere di Avellino, ma poi una volta messo ai domiciliari, è morto poco dopo con atroci sofferenze a causa di un tumore che gli era stato diagnosticato troppo tardi mentre era recluso. Una storia che riguarda l’ennesimo fallimento del sistema sanitario che vige all’interno dei nostri penitenziari. Una vicenda di incompatibilità carceraria che non gli era stata immediatamente riconosciuta nonostante presentasse sintomi gravi come forti dolori alle gambe, allo stomaco e diarrea, assieme alle varie patologie già diagnosticate come il diabete in stato avanzato e cardiopatia. Ora, grazie alla denuncia presentata dai legali Annibale Schettino e Carolina Schettino, la procura di Avellino ha deciso di vederci chiaro e soprattutto verificare se ci siano state negligenze da parte dei medici del carcere. Sì, perché l’uomo di 66 anni non era stato curato adeguatamente visto che il tumore al pancreas non gli era stato diagnosticato in tempo.

Ma andiamo con ordine. Si chiamava Giuseppe Ferraro, 66 anni, e venne arrestato nel maggio del 2016 per una condanna definitiva di 4 anni. Già dal momento dell’arresto, Ferraro presentava varie patologie come il diabete in stato avanzato, cardiopatia, deambulazione ridotta e male all’addome. Per questo motivo, nell’immediatezza, venne depositata istanza di detenzione domiciliare o sospensione della pena al competente magistrato di Sorveglianza di Avellino, che impegnò l’ufficio del sanitario del carcere di Avellino per avere contezza sulle condizioni di salute del detenuto. Nonostante la visibile sofferenza di Fer- raro, il sanitario del carcere ritenne compatibili le condizioni di salute e quindi l’stanza venne rigettata. I familiari non era convinti e venne incaricato il consulente medico legale per una visita in carcere: lo specialista aveva subito chiesto di procedere agli esami clinici con tac e altri accertamenti. «Sono stati eseguiti accertamenti clinici – spiegano a il Dubbio gli avvocati Annibale e Carolina Schettino -, che richiedevano ulteriori approfondimenti sulle lesioni pericentimetrali al pancreas. Accertamenti eseguiti solo dopo 1 anno in carcere, quando fu diagnosticato il tumore ( giugnoluglio 2017) ormai in stato avanzatissimo e non più curabile» . A quel punto, a distanza di un anno dall’arresto, il detenuto Ferraro fu scarcerato e messo ai domiciliari, dove poi morì con atroci sofferenze dopo qualche settimana. I penalisti dello studio legale Schettino hanno quindi inviato un esposto all’autorità giudiziaria affinché provveda ad imputare l’unità sanitaria carceraria “per quanto ad essa ascrivibile e – si legge nell’esposto -, comunque, per omicidio colposo, per omissione degli esami clinici e delle cure che, certamente, avrebbero alleviato e tenuto in vita il Ferraro Giuseppe”. I legali si rifanno all’orientamento espresso da una sentenza della Cassazione che confermò la condanna di alcuni medici per imprudenza e negligenza, rigettando la loro pretesa adesione alle linee – guida per escludere la loro responsabilità. Resta il fatto oggettivo che l’omessa o ritardata diagnosi ha negato sicuramente ogni approccio terapeutico precoce, portando Ferraro alla morte con atroci sofferenze. I penalisti che difendono l’uomo deceduto hanno presentato anche una richiesta di risarcimento al ministero della Giustizia che ha prontamente risposto invitandoli a rivolgersi all’Asl citando un decreto ministeriale del 2008 che sancisce il trasferimento della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale e i Servizi sanitari regionali. Con esso, infatti, assieme alle funzioni, sono state trasferite al Fondo sanitario nazionale e ai Fondi sanitari regionali le risorse, le attrezzature, il personale, gli arredi e i beni strumentali afferenti alle attività sanitarie nelle carceri. Certamente si trattò di una grande conquista, ma la riforma della sanità penitenziaria stenta ancora a dare i risultati attesi in termini di effettività del diritto alla salute dei cittadini detenuti. Tanti passi avanti sono stati fatti, ma rimane il discorso del mancato accertamento dell’incompatibilità carceraria o meno di alcuni detenuti, visto che diverse patologie non possono essere curate in carcere. Non di rado i detenuti muoiono per cause naturali che possono essere evitate. Giuseppe Ferraro è morto fuori dal carcere, ma se avessero eseguito subito gli accertamenti necessari quando era detenuto e soffriva di lancinanti dolori, sarebbe stato scarcerato e curato adeguatamente.