«Queste elezioni ci dicono una cosa: la strada per i Cinque Stelle è aperta». È questa l’interpretazione che l’ex ministro Calogero Mannino dà delle elezioni nella sua Sicilia, una competizione che oltre a consegnare la regione in mano al partito di Grillo e Casaleggio, nonostante la vittoria al centrodestra di Nello Musumeci, racconta al Dubbio, sancisce la disgregazione della sinistra, in linea con la tendenza europea.

Onorevole, cosa accadrà ora in Sicilia?

Intanto che Musumeci non ha la maggioranza, quindi o cerca un’alleanza o dovrà aprire le iscrizioni trasformistiche. Nell’uno e nell’altro caso apre la strada ai Cinque Stelle in vista delle elezioni politiche.

Si può dire quindi che la vittoria vera sia la loro?

Il M5s è di fatto il primo partito in Sicilia. Per capire come andranno le cose bisogna attendere le mosse del centrodestra, che deve chiarire la propria strategia. Ho visto che Giorgia Meloni canta vittoria per il risultato, ma le cose non sono così semplici come crede. Il centrodestra ha vinto infatti per l’apporto di due correnti democristiane e in questo gioco è vero che la Meloni è stata decisiva per indurre Berlusconi ad accettare la candidatura di Musumeci, ma questo non basta per la vittoria definitiva. Adesso dovranno passare 48 ore per smaltire la soddisfazione ma poi bisognerà capire come agire.

Il Pd come esce da queste competizioni?

La sconfitta era nell’ordine delle cose, d’altronde il partito è rimasto fermo di fronte a cinque anni di governo di- sastroso. È mancata una conduzione politica durante questa campagna elettorale, non c’è stata strategia. Avevano pensato alla candidatura del presidente del Senato Pietro Grasso che, per nobili ragioni, si è tirato indietro, e hanno ripiegato su Fabrizio Micari, che è un gentiluomo ma non è bastato. Adesso il problema per Renzi diventa molto serio.

Perché?

Perché non ha capito che la Sicilia è una regione strategica. Queste elezioni ci dicono che i Cinque Stelle ci sono, giocano, non ne escono ridimensionati. Non hanno vinto, ma hanno ottenuto un risultato importante. Non credo volessero vincere, volevano proprio questo percentuale e così è stato. Con la nuova legge elettorale, un’altra svista di Renzi da non potersi dire, il partito di Grillo prenderebbe tutti i collegi in Sicilia, a meno che il centrodestra non si presenti coalizzato.

Che interpretazione va data invece al risultato di Claudio Fava?

Nonostante Fava sia un per- sonaggio di un certo peso, lì c’è una valutazione da fare: se la proposta della sinistra si basa solo sullo slogan “legalità” i siciliani non capiranno niente. Nella gestione della giustizia, in Sicilia, ci sono molte cose che non funzionano. E poi la gente si chiede cosa può mettere in pancia: manca il lavoro. La sinistra ha giustamente un argomento privilegiato - la giustizia -, ma non può essere l’unico. Accanto alla legalità, qual è la proposta per l’occupazione?

È questo il vero problema del Pd, non sapere rispondere ai problemi dei cittadini?

È un problema che riguarda il Pd, la sua base, e spiega il contrasto con le sue componenti. Il Pd vuole essere sempre un partito che insegue la sua sinistra. E allora non tornerà alla guida del paese, che ha bisogno di una strategia diversa rispetto a quella che mette il piede sulla redistribuzione del reddito. Il problema è che il reddito va prodotto. C’è una crisi della sinistra in tutta in Europa, l’abbiamo visto in Germania e Francia. Dobbiamo sperare non si arrivi a soluzioni estremiste.

Quale sarà invece la linea del centrodestra ora in Sicilia?

Rispetto al tema dell’immigrazione, ad esempio, avrà difficoltà a tenere una linea. I siciliani sono stati molto generosi in questi anni, ma cosa preverrà? La linea Meloni-Salvini o la solidarietà? Il centrodestra ha gli stessi malesseri del Pd al suo interno.

E il M5s?

I grillini interpretano il malessere della popolazione, non hanno una linea precisa sui problemi del paese, hanno qualche slogan efficace, come ad esempio “il salario a tutti”. Se sia possibile non importa. Per ora funziona.