Una consulenza tecnica che «non sta né in cielo e né in terra» e alcune intercettazioni telefoniche trascritte in maniera “erronea” hanno portato il mese scorso alle dimissioni dell’intero Consiglio comunale di Seregno e alla nomina di un commissario prefettizio. Secondo il teorema accusatorio della Direzione distrettuale antimafia di Milano, il sindaco della città brianzola Edoardo Mazza ( FI) e il consigliere comunale Stefano Gatti sarebbero stati corrotti da Antonio Lugarà, un imprenditore di origini calabresi che in cambio del via libera alla realizzazione di un centro commerciale avrebbe garantito ai due un appoggio alle elezioni amministrative del 2015.

Oltre a loro, erano state arrestate dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano 24 persone ritenute a vario titolo responsabili di reati che andavano dallo spaccio di sostanze stupefacenti, alla detenzione abusiva di armi, all’estorsione, il tutto con l’aggravante dell’associazione mafiosa. Lugarà fin dal giorno del suo arresto aveva però sostenuto la regolarità dell’iter amministrativo del progetto edilizio e la mancanza del corrispettivo della corruzione contestato nell’appoggio politico al sindaco Mazza.

Gli avvocati Luca Ricci e Bruno Brucoli, difensori di Lugarà, sono riusciti a dimostrare la correttezza da parte del loro assistito, che è stato scarcerato senza l’applicazione di alcuna misura la scorsa settimana, in quanto a suo carico, secondo il Tribunale del riesame, non «sussistono i gravi indizi di colpevolezza».

Come dichiarato al Dubbio dall’avvocato Ricci, «l’intera indagine si basa su una consulenza tecnica di un architetto nominato dalla Procura e sul massiccio ricorso alle intercettazioni telefoniche». Grazie ad un «corretto» ascolto delle intercettazioni telefoniche, durate anni, ed una «diversa» lettura del materiale raccolto dal consulente della procura, gli avvocati di Lugarà hanno fatto crollare il castello accusatorio. «Non esistendo intercettazioni fra Lugarà, il sindaco Mazza e i funzionari comunali in cui emergano atti contrari ai doveri d’ufficio finalizzati all’ottenimento delle autorizzazioni – afferma Ricci – gli investigatori sono ricorsi ad una intercettazione fra due assessori» .

Per il gip di Monza Pierangela Renda che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare richiesta dal pm Ilda Boccassini è la pistola fumante in quanto evidenzia «l’assoluta e condivisa consapevolezza della contrarietà degli atti relativi alla vicenda ( del permesso per costruire richiesto da Lugarà, ndr)».

«In realtà - prosegue Ricci - i due assessori discutono di un piano urbanistico in una zona diversa, denominato “Pac1” che i carabinieri, invece di trascrivere correttamente, riportano con un omissis, e cioè solo “Pa”. Sigla questa che corrisponde effettivamente alla zona interessata dall’intervento edilizio da parte di Lugarà».

L’appoggio elettorale di Lugarà al sindaco, definito dagli inquirenti «un vero e proprio “porta a porta” grazie alla sua fitta rete di conoscenze», si esaurisce, sempre secondo l’avvocato Ricci, «in due telefonate». In questa vicenda è stato tirato in ballo anche il consigliere regionale ed ex vice presidente di Regione Lombardia Mario Mantovani che si era recato a Seregno per sostenere la candidatura del sindaco Mazza. Secondo gli inquirenti, Mantovani sarebbe stato il «referente» di Lugarà.

«Dalla lettura dei risultati elettorali del 2015 – aggiunge Ricci - i due candidati che Lugarà avrebbe appoggiato, in un comune di 45.000 abitanti, hanno preso complessivamente 100 voti». In particolare, nel seggio dove per residenza votavano Antonino Lugarà ed i suoi famigliari, «i voti riportati da entrambi sono stati 6, vale a dire esattamente i componenti della sua famiglia».

«Il peso elettorale di Lugarà, dunque, tenuto conto che qualche amico e parente che li abbia votati i candidati lo avranno pur avuto, è di poco più di una decina di voti», conclude Ricci. Il mese prossimo le motivazioni complete da parte del Tribunale del riesame.

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