È successo. «Non era nostro desiderio ma nessun governo può accettare che la legge venga violata». Con queste parole Mariano Rajoy ha annunciato, alla presenza di tutti i ministri del suo governo, la decisione di applicare l’ormai  “famigerato” articolo 155 della Costituzione nei confronti della Catalogna. Un commissariamento che era rimasto in bilico dal giorno del referendum, lo scorso 1° ottobre. Non si tratta di una decisione automatica: dovrà essere chiesta e votata dal Senato, secondo una percorso che prevede diversi passaggi, tutti riferiti alla procedura straordinaria prevista dalla Carta fondamentale spagnola per consentire al governo centrale di riprendere il controllo della regione autonoma. «Una situazione dovuta alla scelta da parte della Catalogna di cercare lo scontro», ha detto il premier spagnolo, «avviando un processo unilaterale e illegale. Hanno obbligato così il governo ad accettare un referendum indipendentista che non era possibile accettare». Rajoy assumerà dunque le competenze del presidente catalano Carles Puigdemont, e convocherà nuove elezioni entro 6 mesi. Dopo la scontata ratifica del Senato, il governo iberico revocherà l’autonomia. Anche se il premier presenta la decisione con queste parole: «Non si sospende l’autonomia, né l’autogoverno della Catalogna, ma si sospendono le persone che hanno messo la Catalogna fuori dalla legge». E scandisce: «Intendiamo richiedere al Senato, come previsto dall’articolo 155, che autorizzi il governo ad adottare le seguenti decisioni: procedere alla rimozione del capo della Generalitat, dei consiglieri e dei vicepresidenti che formano il governo della Catalogna». Quindi «il Parlamento della Catalogna eserciterà la sua funzione rappresentativa», ma «per garantire che tutto avvenga nella legalità, non può proporre nessun candidato alla Generalitat». Immediata la reazione catalana, in attesa del discorso che Puigdemont pronuncerà stasera alle 21. Di «colpo di Stato» e «nuovi decreti di Nueva Planta» (le misure repressive contro i catalani adottate a inizio ’700 dal re Felipe V, ndr) ha parlato il Pdecat, il partito indipendentista di Puigdemont e del suo predecessore Artur Mas. Ma anche una forza politica contraria all’indipendenza come Podemos si è detta sconvolta per la «sospensione della democrazia non solo in Catalogna ma anche in Spagna». È «un colpo di Stato contro il popolo della Catalogna», ha denunciato il numero due del partito ‘viola’ Pablo Echenique.