«Da una parte c’è Riace, dall’altra lo Sprar. Sono due cose diverse. Con tutte le sue difformità, con tutte le sue incoerenze con le linee guida, alcune delle quali non sono accettabili. Il concetto di legalità è un concetto relativo, per me è più importante la giustizia che la legalità. A volte significa restare immobili». Domenico Lucano spiega così, mentre la folla si accomoda nell’anfiteatro arcobaleno nel cuore di Riace, la sua filosofia. Una distinzione che ritiene fondamentale ora che è indagato per abuso d’ufficio, concussione e truffa per la gestione dei progetti d’accoglienza che hanno reso il sindaco e il paesino dei bronzi famosi in tutto il mondo. Venerdì scorso sono stati in tanti a riunirsi pacificamente nel borgo calabrese per manifestare la propria vicinanza a Lucano, che martedì verrà interrogato dai magistrati della Procura di Locri. Una manifestazione «non contro la magistratura», spiegano all’unisono tutti presenti, «ma a sostegno di un sogno», un’idea d’accoglienza ostaggio della burocrazia. Lucano appare commosso, ma deciso a ribadire la sua buona fede di fronte ad accuse che, ora, rischiano di bloccare i progetti, con un nuovo stop ai fondi. Dopo anni difficili e rapporti burrascosi, d’amore e odio, con il servizio centrale dello Sprar e la Prefettura, che dopo aver lodato i bonus, le borse lavoro e chiesto posti durante l’emergenza sbarchi lo hanno criticato, con relazioni che hanno dato il via alle indagini della Procura. «Mille volte abbiamo gestito interi sbarchi senza poter presentare una fattura, ma io ho sempre pensato di doverlo fare anche se non avremmo preso un euro», ha spiegato il primo cittadino, che preferisce salvaguardare i migranti e non le carte bollate. Ma per Lucano è importante anche che non ci siano ombre, come forma di rispetto nei confronti di tutti coloro che sostengono la sua stessa idea di solidarietà. «L’accoglienza alla fine è prevista dalla Costituzione – ha concluso -. Io ho dilatato i confini ma mi è piaciuto anche sottolineare che la Calabria è una terra che alcune volte fa parlare in maniera negativa e altre è straordinaria. Quello che è fatto non può essere disfatto. Ormai è andata così».

Tanti ieri i presenti a Riace: sindaci, associazioni, sindacati e semplici cittadini e, sopprattutto, migranti. Tutti pronti a dare sostegno ad un sistema, un metodo di accoglienza «che probabilmente non trova il giusto incasellamento dal punto di vista amministrativo – ha commentato Giuseppe Sgabellone, legale del foro di Locri -. Mimmo è un sognatore. Spero non ci sia un disegno contro di lui, io sono qui per accreditare il suo metodo». Per qualcun altro la coincidenza tra le indagini e le imminenti elezioni non è casuale. «Si tratta di una metodica più unica che rara e per questo soggetta ad attacchi in vista di elezioni e spostamenti programmatici del governo – sostiene uno dei manifestanti -. Ma siamo in tanti ad affiancarlo in questa lotta». “Noi siamo con Domenico Lucano”, recitano i cartelli in piazza, inondata dalle note di “El pueblo unido”. «C’è chi vorrebbe correggere l’anomalia di Riace invece di abbracciarla – ha evidenziato Nuccio Barillà, di Legambiente – Ma non è con la burocrazia esasperata che si risolvono i problemi».