Doveva essere una circolare interna per chiarire una volta per tutte i diritti e i doveri dei detenuti al 41 bis, è diventata terreno di scontro. Il “decalogo” emanato dal Dap, che punta a uniformare il trattamento dei condannati al regime di carcere duro ( fino ad oggi rimesso ai singoli istituti di pena) è finito sotto il fuoco di fila delle associazioni dei familiari delle vittime e, soprattutto, sotto la lente d’ingrandimento della commissione Antimafia.

«La commissione valuti attentamente il contenuto della circolare del Ministero della Giustizia sull’applicazione del 41 bis», ha chiesto il senatore Giuseppe Lumia, capogruppo del Pd in Commissione giustizia e componente della Commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi. «È giusto dettare principi per rendere omogenea la sua applicazione in tutti gli istituti di pena italiani. Tuttavia è necessario valutare la coerenza di questi criteri con la legge, che è molto rigorosa perché ha l’obiettivo di impedire che all’interno delle carceri i boss possano comunicare con l’esterno, continuando a svolgere il loro ruolo di capi dell’ organizzazione» spiega il senatore dopo la seduta della Commissione. Per Lumia, dunque, è necessario verificare che la circolare sia coerente con la legge e non allarghi le maglie del carcere duro, regalando ai boss indebiti alleggerimenti di pena.

A stretto giro è arrivato il commento del Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, che ha allontanato qualsiasi illazione: «Nella nuova circolare del Dap non c’è alcun annacquamento del 41 bis», ha scandito durante la conferenza stampa sugli arresti del clan Rinzivillo a Gela. Nessun dubbio sul contenuto della circolare, dunque: «la Procura nazionale ha espresso parere favorevole e le previsioni contenute sono perfettamente conformi ai principi del diritto interno, internazionale e al diritto della persona», ha sottolineato Roberti, il quale ha liquidato la polemica con un «bisogna leggere il testo, non c’è alcuna alterazione del 41bis».

Un giudizio, quello del Procuratore nazionale antimafia, condiviso anche dalla maggior parte della Commissione parlamentare antimafia. «Si è discusso solo incidentalmente della circolare, la seduta si occupava di altri temi. Torneremo sull’argomento, qualora ce ne fosse la necessità», ha chiarito Marco Di Lello, deputato membro della commissione sempre in quota Pd, il quale ha condiviso le considerazioni di Roberti.

«Mi trovo in piena sintonia con il Procurato- re nazionale antimafia: la circolare ha il pregio di portare omogeneità sul territorio nazionale nell’applicazione del 41bis e non provoca alcun abbassamento di tensione ad un regime carcerario che, comunque, deve essere considerato una misura eccezionale», ha spiegato Di Lello. La richiesta di Lumia, però, è chiara: l’Antimafia si occupi della circolare, verificandone la conformità. «Non la considero una richiesta eclatante, anche perché rientra nelle competenze della commissione. Anche se succedesse, sono tranquillo sulla correttezza del contenuto e non vedo alcun pericolo di contrasti», ha minimizzato il deputato.

Anche il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha difeso il decalogo, sottolineandone soprattutto gli obiettivi: «Il 41bis deve evitare che chi è in carcere abbia contatti con l’esterno ma, quando non ci sono elementi in conflitto con questa ratio, non bisogna avere condizioni di disumanità», ha detto, rispondendo indirettamente all’Associazione familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.

Nei giorni scorsi, infatti, la presidente Giovanna Maggiani Chelli aveva sostenuto che, dopo la circolare, «in un modo o nell’altro il 41 bis si ammorbidisce proprio come voleva la mafia la notte del 27 Maggio 1993 in via dei Georgofili a Firenze. Giornali, libri, TV di ogni genere, il nuovo pacchetto benefici per ingannare lo scorrere delle ore, quel tempo che ai nostri figli hanno levato definitivamente sotto due metri di terra». Parole dure, quelle di Chelli, che si riferiscono direttamente ai contenuti della circolare nell’elencazione dei diritti dei detenuti al 41bis.

Nelle 52 pagine, infatti, c’è tutta la vita dei detenuti: dalle dimensioni delle pentole al numero delle foto da tenere in cella, dai colloqui con i familiari alla corrispondenza e ai libri che è possibile ricevere. Il provvedimento specifica per la prima volta le regole del carcere duro, con l’obiettivo di impedire che le seppur minime diversità da carcere a carcere possano essere vissuti dai detenuti come riconoscimento di un potere. Un provvedimento «che dà omogeneità al 41bis, evitandone ogni forma di arbitrio e di misure impropriamente afflittive», ha chiarito il ministro Orlando, il quale ha ricordato che «le restrizioni inflitte dal 41 bis non sono una pena aggiuntiva». Del resto la circolare - atto interno all’amministrazione penitenziaria indirizzato ai direttori degli istituti, ai provveditori dell’amministrazione e al direttore del Gruppo Operativo Mobile - non ha ovviamente alcun potere dispositivo di nuove norme ma solo finalità organizzative.