La strategia italiana in Libia è cambiata. All’inizio di settembre si è svolto a Bengasi l’incontro tra il ministro degli Interni Marco Minniti e l’uomo forte che controlla la parte orientale del paese, il Generale Khalifa Haftar. In quell’occasione sono state gettate le basi per il passo successivo compiuto ieri. Il comandante dell’esercito nazionale libico (LNA) è infatti giunto a Roma, su invito italiano, lunedì, viaggiando a bordo di un aereo del 31 Stormo dell'Aeronautica militare. Scopo della visita, una serie di incontri quasi ai massimi livelli. Haftar, accolto dagli onori militari, ieri ha avuto un lungo colloquio con il capo di Stato Maggiore Claudio Graziano e poi con il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Le indiscrezioni riportano anche un probabile faccia a faccia con Minniti stesso. Sul contenuto vero delle consultazioni vige un notevole riserbo. Quello che è trapelato riguarda principalmente la questione dei migranti in partenza dalla Libia e la situazione interna del paese. Soprattutto ci si sarebbe soffermati sulla sicurezza dell'area e sulle operazioni italiane in corso, che vedono i militari italiani impegnati ad addestrare la guardia costiera libica. E sul mantenimento in funzione di un ospedale da campo a Misurata.Sotto traccia ci sarebbe anche un’altra questione, anche se non confermata. Roma vorrebbe che Haftar e l'LNA fornissero protezione all'impianto petrolifero e di estrazione di gas situato a Mellitah. Una stazione di pompaggio dell’Eni a 100 chilometri ad ovest di Tripoli. Sono in molti a voler mettere le mani sull’impianto, dalle bande criminali che controllano il contrabbando di greggio alle milizie islamiche che,s ebbene siano in netta difficoltà, operano ancora nella regione. In questo senso sembra però che la richiesta italiana non abbia molte possibilità di essere esaudita. La presenza del LNA nella zona è considerata infatti inadeguata per il compito e probabilmente Haftar vuole trattare per ottenere qualche vantaggio consistente.La mossa italiana può essere sintetizzata in quel “parlare con tutti” che ha caratterizzato la linea del governo a partire da agosto. Da quando cioè è stata varata paradossalmente la missione navale in acque libiche, pesantemente avversata proprio da Haftar.  Il quale veniva contemporaneamente convocato a Parigi, insieme al suo avversario Fajez Serraj da Emanuel Macron. La correzione di rotta italiana ha però provocato più di un malumore da parte del consiglio di presidenza di Tripoli, fino ad allora partner unico riconosciuto da Roma e dall’Onu. La visita di Haftar ha indotto Serraj a chiedere immediate spiegazioni all’ambasciatore Giuseppe Perrone. Per bilanciare le sue mosse il governo italiano ha invitato un alto funzionario del governo di Tripoli come il generale Abdulrahman Al-Tawil. Inoltre Haftar non ha incontrato ne il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ne il ministro degli Esteri Angelino Alfano. A ben vedere l’Italia può contare su una sostanziale assonanza con il lavoro svolto dal rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamé. Quest’ultimo aveva subito reso evidente che per stabilizzare la situazione in Libia non si potesse prescindere dal ruolo di Haftar. Una logica improntata al realismo sulla quale hanno concordato Francia, Germania, Italia, Spagna e l’Alto Rappresentante Ue Federica Mogherini durante la riunione del 28 agosto a Parigi e poi nel corso dell’incontro tra i ministri degli Esteri europei il 14 settembre scorso. Conscio della sua imprescindibilità, Haftar si sta dunque accreditando presso le cancellerie europee anche per scacciare delle ombre che potrebbero allungarsi sul suo potere. Ryan Goodman, un ex consigliere speciale presso Consiglio Generale del Pentagono e Alex Whiting, un ex procuratore penale internazionale presso la ICC (Corte Penale Internazionale), hanno dipinto infatti un quadro inquietante del generale. I due esperti  affermano che Haftar sia complice di crimini durante l’assedio alla città di Derna, roccaforte dei gruppi jhiadisti, nell’agosto di quest’anno. La valutazione riportata dal quotidiano inglese Guardian, pubblicata sul blog Just Security, segue il recente mandato di arresto da parte della ICC nei confronti di Mahmoud Mustafa Busayf al-Werfalli, membro dell'Esercito nazionale libico. Werfalli è accusato di aver di aver ordinato 33 esecuzioni illegali dal giugno 2016 al luglio 2017. Anche Amnesty International e Human Rights Watch hanno evidenziato e condannato i crimini di guerra dell'LNA guidata da Haftar. Sarà comunque difficile che Haftar rimanga impigliato nella rete della giustizia internazionale, basta ricordare che il generale è un cittadino libico-statunitense, un tempo fedele a Muammar Gheddafi  si rivoltò contro il dittatore. È stato un uomo della CIA fin dal 1990, ha in seguito ottenuto la cittadinanza statunitense. Ha vissuto in Virginia per due decenni, dove ha riferito di essere addestrato in previsione di un colpo di stato contro Gheddafi. Un curriculum che non lascia troppe speranze ad una sua possibile incriminazione.