LA PROPOSTA DEL DEPUTATO DEM ARRIVA A MONTECITORIO

Oggi arriverà nell’Aula di Montecitorio la legge Fiano sulla propaganda fascista. Sarà approvata in giornata, con l’opposizione di centrodestra e M5S, o al più tardi domani. Al Senato il percorso sarà poi più accidentato ma la legge che aggiunge al Codice penale l’art. 293bis dovrebbe farcela comunque.

Il voto arriva in un momento che inevitabilmente esalta al massimo il contenuto della legge, che punisce con pene da 6 mesi a 2 anni di reclusione «chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità». Pene aumentate però di un terzo «se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici».

A farlo apposta non si sarebbe riusciti a buttare giù una legge che, in appena una decina di righette, prende di petto tutti i temi incandescenti di questa estate segnata da venti di intolleranza, xenofobia e razzismo senza precedenti in epoca recente. Parlare di offensiva di un fascismo risorto è merce comune non solo negli avamposti della sinistra radicale ma anche nelle testate moderate. Paventare l’influsso oltre misura pernicioso della rete e dei social è ormai più luogo comune universalmente condiviso che ipotesi azzardata. È vero che qui si parla di solo di nostalgie littorie dilagate in rete e non esplicitamente di razzismo o di Hate Speech, il linguaggio d’odio che a volte sembra diventato l’esperanto del web ma in questo caso una cosa rimanda all’altra: fascismo, razzismo e propaganda d’odio sono intesi spesso, a torto o a ragione, come sinonimi.

La legge firmata da Emanuele Fiano interpreta una delle strategie possibili per affrontare il problema: quella della proibizione secca e tassativa. È una strada non priva però di ombre e pericoli, sia sul piano delle libertà fondamentali che su quello dell’efficacia. La disposizione transitoria della Costituzione sul divieto di ricostituire il partito fascista in questo caso è evidentemente inappropriata. Uno slogan, fosse pure il più abietto, e un saluto romano non ' ricostituiscono' in tutta evidenza nessun Pnf. Casomai si tratterebbe qui di apologia di fascismo, ma anche in questo caso c’è già, da oltre sessant’anni, la legge Scelba, che potrebbe essere applicata a quasi tutte le voci enumerate da Fiano. Doppiare quella legge, insistendo sulla ' gestualità' equivale di fatto a una richiesta di stringere le maglie mettendo fuori legge e punendo severamente anche gesti che, per quanto apologetici, nessuno o quasi si era sin qui sognato di sanzionare, come appunto il saluto romano. Neppure nel clima rovente del dopoguerra.

Di fatto l’obiettivo principale della nuova legge è contenuto nelle righe finali: la crociata mira a colpire il fascismo, ma anche il razzismo e il linguaggio d’odio, in rete. Solo che il controllo della rete è assai complicato: in caso contrario avrebbero già provveduto le industrie messe in ginocchio dallo sharing, come quella dei cd e dei dvd. In linea di principio, poi, non è facile, ed è anzi quasi impossibile tracciare il confine tra punizione della propaganda fascista o dell’incitazione all’odio e negazione della libertà di pensiero ed espressione. Altrettanto discutibile è l’efficacia di una legge punitiva che, mentre da un lato risulterà molto difficilmente applicabile, dall’altro rischia di regalare un’aura di ribellione ' contro il sistema' proprio a quelle aree che vorrebbe debellare, offrendo loro una preziosa opportunità di propaganda. Ma la colpa non è di questa legge o di come Fiano la ha scritta: è il tema in sé, troppo delicato per poter essere affrontato sbrigativamente.

Il prossimo 14 settembre avvocati, esperti del diritto e politici provenienti dai paesi del G7 si confronteranno a Roma precisamente su questi nodi che sono in realtà tra i più intricati. Si può sperare che da quelle assise inizi ad emergere un tracciato capace di coniugare una necessità di intervenire che è innegabile con una difesa delle libertà fondamentali che è altrettanto e forse persino più essenziale.