«La riduzione delle partenze dalle coste libiche è stata celebrata come un successo  nel prevenire le morti in mare e combattere le reti di trafficanti. Ma sappiamo bene quello che sta accadendo in Libia. Ecco perché questa celebrazione è nella migliore delle ipotesi pura ipocrisia o, nella peggiore, cinica complicità con il business criminale che riduce gli esseri umani a mercanzia nelle mani dei trafficanti».  Un atto d’accusa netto, inequivocabile, contenuto in una lettera aperta che l’organizzazione umanitaria Medici senza Frontiere ha inviato agli Stati membri e alle Istituzioni dell’Unione Europea. A leggere l’intero testo sembra quasi che MSF sia passata all’attacco dopo i mesi di accuse alle quali sono state sottoposte le Ong, le polemiche sul codice di condotta del ministro dell’Interno Marco Minniti, il ritiro dalle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo. Gli sbarchi sono diminuiti dell’80% ma ora, forse troppo tardi, si susseguono le inchieste e le testimonianze raccolte circa le condizioni che circa un milione di migranti, intrappolati in Libia, si trovano a vivere. Ieri poi la direttrice internazionale di MSF Joanne Liu ha tenuto a Bruxelles una conferenza stampa a seguito del suo viaggio in Libia dove ha avuto accesso a un centro di detenzione ufficiale di Tripoli. La sua è stata una testimonianza sconvolgente che non fa altro che gettare ombre inquietanti sui “successi” sbandierati dalla Ue e dal governo italiano tanto lodato proprio dalle istituzioni europee. Nel centro visitato dalla Liu vengono portate le persone recuperate in mare dalla guardia costiera libica, quella addestrata e finanziata dall’Europa. La conferenza è stata una sfilza ininterrotta di violenze da galleria degli orrori. «Ammassati in stanze buie e sudice, prive di ventilazione, costretti a vivere una sopra l'altro. Gli uomini costretti a correre nudi nel cortile finché collassano esausti. Le donne violentate e poi obbligate a chiamare le proprie famiglie e chiedere soldi per essere liberate. Tutte le persone che abbiamo incontrato avevano le lacrime agli occhi»ha raccontato la direttrice internazionale dell’organizzazione umanitaria. Liu ha riferito come «le donne incinta sono oggetto di violenza sistematica». Sono stati citati altri casi concreti riferito a persone talmente malridotte da essere costrette al ricovero in ospedale, ma appena ristabilite vengono di nuovo ricondotte nei campi di detenzione dove ricominciano a soffrire la fame. Eppure nonostante le evidenze di questa situazione la Commissione europea non sembra discostarsi da quelle che ormai sono le sue politiche conclamate in fatto di immigrazione: sostanzialmente l’esternalizzazione completa del controllo delle frontiere. La prova sta nelle parole della portavoce della Commissione stessa, Catherine Ray: «siamo coscienti delle condizioni inaccettabili, scandalose e inumane di alcuni migranti in Libia, ma l'Unione Europea lavora per aiutare le organizzazioni internazionali a proteggere i migranti». «Vogliamo cambiare la situazione. L'Ue ha stanziato 142 milioni di euro per assistere organizzazioni internazionali come l'Alto Commissariato per i Rifugiati e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni in Libia. Inoltre, la Commissione sta creando un meccanismo di valutazione per monitorare l'uso dei fondi europei per addestrare la Guardia costiera libica» ha detto Ray. Ma nonostante le dichiarazioni la situazione non sta avendo nessuna modifica. Su tutto pesano le convenienze, elettorali in primis, di ciascun paese membro della Ue. Così se da un lato si sanzionano i paesi dell’est che non accettano la “relocation” dei migranti arrivati in Italia e Grecia, dall’altro è piu politicamente redditizio impedire nuovi sbarchi anche se questo comporta sofferenze atroci. Un punto colto molto chiaramente dalla lettera di MSF quando dice che “la Libia è solo l’esempio più recente ed estremo di politiche migratorie europee che da diversi anni hanno come principale obiettivo quello di allontanare le persone dalla nostra vista. L’accordo UE-Turchia del 2016 e tutte le atrocità che abbiamo visto in Grecia, Francia, nei Balcani e altrove ancora indicano una prospettiva sempre più definita, fatta di frontiere chiuse e respingimenti. Tutto questo toglie qualunque alternativa alle persone che cercano modi sicuri e legali di raggiungere l’Europa e le spinge sempre più in quelle reti di trafficanti che i leader europei dichiarano insistentemente di voler smantellare”.