Novant’anni. Guido Ceronetti li festeggia nella sua Cetona, circondato dall’affetto di tanti che gli vogliono bene; per lui, che ha tanto amato il teatro, e quello delle marionette in particolare, amici ed estimatori allestiscono una serie di eventi teatrali nella piazza di questo bel paese in provincia di Siena che lui, torinese ha da tempo immemorabile ha eletto come suo “buen retiro”.

Ceronetti: quanti Ceronetti ci sono? C’è un Ceronetti raffinato elzevirista; un Ceronetti saggista (“Rosa Vercesi”, “Un viaggio in Italia”, “Pensieri del tè”, “Ti saluto secolo crudele”, per citarne solo i primi che vengono in mente); un Ceronetti traduttore per palati fini ( Marziale, Catullo, Kavafis; ma anche “I Salmi”, “Qohelet”, “Il Canto dei cantici”; “Il libro del profeta Isaia”); un Ceronetti poeta; un Ceronetti attore, regista, autore di teatro… Uno e mille Ceronetti insieme.

Non ho particolari titoli per una valutazione sulle sue opere. Posso però dare un contributo sul Ceronetti “politico”. Sì, perché c’è anche un Ceronetti “politico”. Un Ceronetti che ho cominciato a conoscere anni fa, non solo attraverso i suoi scritti, ma anche nello scambio di lettere, di telefonate, di incontri nel suo “nido” di Cetona. Immagino che ora qualcuno obietterà: non esiste un Ceronetti “politico”; ed è obiezione di qualche fondatezza. È proprio per questo, che insisto: Ceronetti “politico”; per una serie di episodi, situazioni che forse possono aiutare a una comprensione, al farsi una opinione che vada al di là delle “opinioni”.

Ceronetti è persona mitissima, non solo d’aspetto: d’animo; e non so fino a che punto creda davvero che tutto sia dominato e preda di un pessimismo senza scampo: “Dio”, mi ha detto un paio di giorni fa, “se c’è, non può che essere cattivo, altro che padre”. Nessuna speranza?, chiedo. “Vedi come va il mondo: c’è un dittatore coreano, c’è Trump…”; tu scrivi, lo scrivere non è già un credere in qualcosa? La risposta è un sorriso. Ecco il Ceronetti “politico” che non fa nulla per esserlo, che semplicemente “è”. Valga un suo scritto per un fascicolo monografico dedicato dal mensile “Azione Nonviolenta” ad Aldo Capitini. Non è un testo lungo, ma è significativo, chiarisce molto bene quello che Ceronetti è al di là dello stereotipo.

“Devo ad Aldo Capitini di essere diventato vegetariano. Niente altro, ma non è poco. Mi sembra di averne parlato con lui una sola volta, e per lettera. Sapendolo vegetariano, mi attirò il suo esempio: “Che cos’è questo vegetarismo? Perché Capitini non mangia carne? ”- Cominciai ad astenermi per prova, gradualmente, riflettendoci, contento della novità. Se si cessa per un certo periodo di mangiare carne, quando c’è l’abitudine, pensando un poco a quel che è il Mattatoio, luogo di esecuzione permanente, ininterrottamente in attività, in tutte le città, in tutti i luoghi abitati, e a carnivorismo, onnivorismo, servitù e torture del mondo animale, igiene, dieta, compassione, liberazione interiore, il saldo è fatto: eccoci fuori senza troppo sforzo dalla gabbia comune, dove si mangia carne obbligatoriamente e passivamente, dove si è tutti uguali nella necrofagia. Capitini mi ha fatto pensare a queste cose, indicandomele appena. Non ho neppure memoria di suoi scritti sull’argomento che mi abbiano persuaso. Adesso anche mia moglie è vegetariana e nessun ospite in casa nostra è mai apparso scontento di non trovarci un piatto di carne ( può darsi che qualcuno lo sia stato, ma con quanta bravura avrà dissimulato la sua insoddisfazione!). Sono grato a Capitini di questo insegnamento. Educando al vegetarianismo ha, paradossalmente per lui, ugualitarista e ultademocratico, fatto spuntare qua e là del raro e dell’insolito, per la nostra società carnivorissima. Perché il vegetarianismo separa dal volgare e s’innesta su modi aristocratici di pensiero, o li suggerisce. “Grazie a Dio non sono carnivoro come quelli là”. Tra la pasta e fagioli e il broccolo bollito ecco alzare la testa dell’eresia capitiniana, la cultura di élite”.

Anni fa, a sorpresa, Ceronetti si affaccia a un congresso radicale a Chianciano. Cammina incerto, aggrappato a un bastone e a un paziente amico che lo sorregge, curvo, piccolo, fragile; pochi lo riconoscono, e chissà quanti ne hanno letto qualcosa… Marco Pannella, un grizzly al suo confronto, lo ghermisce nell’abbraccio; il leader radicale è un grande estimatore di Ceronetti. Lo legge con attenzione, spesso lo cita, ama le belle edizioni che realizza per l’editore Tallone. E Ceronetti ricambia amicizia e stima. Fa anche lui parte di quella pattuglia di artisti e intellettuali ( Elio Vittorini, Ignazio Silone, Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia…), che capiscono Pannella, quello che dice, quello che fa… Insieme si arrampicano sul palco, un intervento improvvisato, per fortuna parla lentamente, posso trascrivere con comodo le sue parole… “Parlare ad un Congresso politico credo proprio che sia la prima volta. Le parole non vengono… I miei rapporti con il Partito Radicale datano da tanti, tanti anni fa. Era l’epoca delle battaglie per il divorzio e per l’aborto, e in un certo senso mi sono fermato lì come appassionamento… ma la “Radio Radicale” l’ho sempre ascoltata; e anche adesso. Quando si parla di economia la chiudo, è perfettamente inutile che stia ad ascoltare. Sono un “resistente” in questo senso: resisto all’asservimento all’economia, e un modo di non servirla e di non ascoltarla. Sono parole non solo vuote, ma anche pericolose… Ho creduto, e rimango ancora dell’avviso che il Rapporto del ’ 70 dell’Istituto del Massachusetts che parlava di “sviluppo zero” avesse perfettamente ragione; dopo è una guerra dell’uomo a tutto. Il tutto, poi, è più forte dell’uomo e l’uomo finirà di essere; ma neanche questo ha molto peso. A parte che a questa età c’è l’astronave che mi aspetta con lo sportellone aperto, è lì… dimenticherò proprio tutto di questo brutto mondo, perché… non pareggia; non è che ci sia il bene e il male. C’è il Male. E certo è difficile per un movimento politico avere questa stella polare. Ma è stato bello vivere le battaglie radicali, sono state appassionanti. Fra le cose che rimpiango, per quanto riguarda la Radio Radicale sono i processi. Ve ne sono in tutti i momenti, ma sono veramente noiosi, diciamo che i processi, anche se la cosa è importante, ma non c’è niente di più noioso di un processo di mafia. Vengono fuori delle parole di avvocati, di magistrati… L’assassinio è scomparso da tutte le radio. Si assassina molto, però nel giudizio diventa un evento “omicidiario”. Mi ricordo la risposta di uno che doveva averne uccisi almeno cinquanta e il Pm gli chiede lei cosa faceva in quel periodo? E lui: facevo eventi omicidiari. Aveva imparato la lezione… Bene, non vi faccio perdere altro tempo… Ecco parlavo dei processi. L’ultimo interessante è stato quello di Marta Russo. Perché era appassionante, c’era la ricerca di un colpevole, di un appiglio. Quello lo ascoltavo sempre. Ma se c’è un processo di mafia o giù di lì, non ce la faccio proprio. Bene, io vi auguro di trarre il maggior profitto. Non faccio messaggi ai giovani, perché non ci credo nel futuro dei giovani. Tutt’al più se in tutto questo parlare di lavoro, lavoro, sempre lavoro, e di ricerca di lavoro, invece di imparare a maneggiare dei computer, si rivolgessero alla terra, la terra dà ancora qualcosa. E quindi, il mio consiglio, la mia raccomandazione… Qui però può nascere, anzi è già nata l’attenzione all’ambiente. E quindi più c’è politica ambientalista questa è totalmente scomparsa dall’orizzonte dei governi italiani, ebbene rivendicatela, innalzatela questa bandiera. E con tutti i miei auguri vi saluto…”.

Grazie Guido. Per quello che hai scritto e continui a scrivere; per i tuoi editoriali settimanali su “Radio Radicale”. Grazie per esserci, qui con noi, tra di noi.