La carriera del più grande velocista del mondo finisce con un urlo di dolore, il volto coperto dalle mani e il corpo disteso lungo la pista di atletica. Il superman, dunque, è ridiventato uomo. Per sempre. Impegnato nella staffetta 4x100 dei mondiali di Londra, Usain Bolt è caduto a terra dopo pochissime falcate. I suoi compagni lo hanno sorretto, consolato, rassicurato. Ma  l'addio dell'atleta degli 8 ori olimpici, degli 11 mondiali e dei record del mondo sbriciolati uno dopo l'altro, non poteva essere più malinconico. Bolt  sognava l'ultimo oro, l'ultimo giro di pista, l'ultimo saluto ai tifosi. E invece ha passato la notte in infermeria a cercare di farsi curare i muscoli che lo hanno tradito. Insomma, la storia del campione giamaicano che ha cambiato i connotati della velocità a suon di record del mondo è finita sabato sera. Ma negli annali sportivi le sue imprese sono già leggenda. A cominciare da quelle delle olimpiadi di Pechino. Fu lì, a Pechino, che Bolt, guascone fenomenale, si mostrò al mondo. Prima vincendo i 100 metri e stabilendo il nuovo record del mondo: un 9"69 arrotondato per eccesso e dopo aver corso metà gara con un scarpa slacciata; poi dominando i 200 metri con un impensabile 19"30, corso con vento contrario di quasi un metro al secondo. Fu allora che Bolt divenne superman, registrando la massima velocità media con partenza da fermo mai raggiunta da un uomo (36,923 km/h, limite poi superato il 16 agosto 2009 nella finale dei 100 metri piani ai mondiali di Berlino con la media di 37,578 km/h). L'ultimo squillo di Pechino arrivò con la staffetta 4x100. La Giamaica guidata da Bolt, neanche a dirlo, vinse e stabilì il nuovo primato del mondo: 37"10. Poi replicò i trionfi di Pechino alle olimpiadi di Londra e Rio. Ora saluta i tifosi e il tartan delle piste. Ma la storia dell'atletica è segnata. Per sempre. davì