«Sabato il mio assistito Bruno Contrada ha ricevuto un’ulteriore visita da parte della polizia giudiziaria, stavolta alle 8 di mattina. Solo dopo 5 ore, quando mi sono precipitato a casa sua, ho potuto accertare che il mandato non esisteva. Contro questo abuso presenteremo un esposto alla Procura di Palermo, al Csm e ai ministri competenti». Lo dice al Dubbio l’avvocato Stefano Giordano, difensore dell’ex numero 2 del Sisde, dopo l’incredibile nuova irruzione degli agenti.

Intanto Contrada ha incontrato i dirigenti radicali, che si sono presentati a loro volta a Palermo per una “perquisizione” dimostrativa, al termine della quale l’ex 007 si è iscritto al partito e ha tenuto una conferenza stampa con Rita Bernardini, Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti.

Le perquisizioni sono addirittura tre. Una alle 4 di mattina del 26 luglio, mercoledì. Un’altra sabato, in orario appena meno teatrale, le 8 antimeridiane. Ma nell’intervista al Dubbio di sabato scorso, Bruno Contrada ha rivelato che un’ulteriore irruzione della polizia si era verificata sempre mercoledì 26 nell’abitazione napoletana in cui l’ex numero due del Sisde conserva la residenza anagrafica. Ha aperto suo fratello 80enne, sempre alle 8 del mattino. Di tutta la sconcertante vicenda si è occupato ieri anche il Corriere della Sera, con Pierluigi Battista che le ha dedicato la sua rubrica “Particelle elementari”. Di tutti, l’aspetto più grave è che la seconda visita fatta dagli agenti nella casa palermitana di Contrada non fosse accompagnata da formale autorizzazione. «Una irruzione senza titolo di perquisizione né delega», ha spiegato il difensore dell’ex 007, l’avvocato Stefano Giordano, «la polizia giudiziaria è stata fatta allontanare dal sottoscritto».

Non è il primo caso recente di sfacciata disinvoltura delle forze dell’ordine che, in base all’articolo 109 della Costituzione, dovrebbero essere assoggettate all pubblico ministero. A parte la discutibile ipotesi, avanzata dalla Procura di Reggio Calabria, secondo cui Contrada potrebbe custodire informazioni illuminanti su “Faccia di mostro” Giovanni Aiello, e consentire così di scoprire se quest’ultimo fosse tra i mandanti dell’omicidio di due carabinieri avvenuto trentacinque anni fa, il dato allarmante è appunto la ( tentata) irruzione illegittima di sabato scorso. Un arbitrio a cui il legale di Contrada è riuscito a porre fine solo quando ha composto il 112 per chiedere ai carabinieri di imporre la legge ai tre poliziotti.

E che ora, come spiega il difensore, «sarà oggetto di un esposto che invieremo a Procura di Palermo, Csm, ministro della Giustizia e ministro dell’Interno, affinché siano valutati tutti i possibili profili penali e disciplinari». La Procura di Reggio Calabria non ha comunicato nulla sui fatti di sabato. Il questore Raffaele Grassi invece ha dichiarato che «non sono stati eseguiti perquisizioni o inerrogatori». Affermazione che Giordano smentisce: «Sono in possesso di prove che è stato compilato un verbale di sommaria informazione».

Sabato mattina i tre uomini della Polizia di Stato hanno indotto Contrada a consentire la copia di file e documenti dai suoi archivi in nome della “colleganza”. Cinque ore dopo, quando finalmente ha saputo di quanto avveniva a casa del suo assistito e si è precipitato sul posto, il difensore ha ottenuto che le copie digitali fossero cancellate. Nell’esposto si chiederà di valutare anche se «sussistessero i requisiti di urgenza per effettuare in orario notturno la perquisizione del 26 luglio». La legge prevede che debba appunto esserci una giustificazione per derogare agli orari ordinari.

Il caso segnala ancora una volta un dato generale gravissimo: la polizia giudiziaria sembra muoversi sempre più spesso in un quadro di assurda autonomia dal- la stessa magistratura inquirente. Sempre nelle ultime ore, domenica scorsa, Matteo Renzi è tornato sulle «manomissioni» compiute, anche ai danni di suo padre, nel corso dell’indagine Consip. Anche in quella vicenda sono affiorati segni di probabile arbitrio da parte dei militari impiegati nell’attività investigativa.

Indizi di un’azione sollecitata non solo dalle mere disposizioni della magistratura ma anche da tensioni e contrasti tutti interni ai carabinieri. Così come nel caso di Contrada è difficile tenere lontano il sospetto che antiche ruggini interne alla Polizia di Stato abbiano quanto meno favorito i modi spicci con cui è stata condotta la pseudo- perquisizione di sabato. L’interrogativo è se in Italia esista un problema di controllo delle forze dell’ordine impiegate nelle indagini penali. E se non sia opportuno rafforzare in tutte le maniere possibili l’assoggettamento di queste ultime alla magistratura.