A poche ore dal voto del parlamento ateniese sulle nuove misure draconiane di tagli e tasse chieste dalla troika, la Grecia di nuovo in piazza. Due giorni di sciopero generale con scene che non si vedevano, in piazza Syntagma, da anni. Lacrimogeni e lanci di pietre, molotov e tanta rabbia per un tunnel di cui non si vede la fine. Tutte le sigle sindacali hanno manifestato assieme ad Atene contro il quarto memorandum che taglia per la quarta volta le pensioni ( in media del 9%) e aumenta l’imposizione fiscale. Uno scenario a cui fa da sfondo la recessione, con i numeri del primo trimestre del 2017 ( riduzione dello 0,5% su base annua dell’economia ellenica) che non fanno sperare nulla di buono.

Pame, Adedy e Gsee hanno chiamato a raccolta tutte le categorie professionali elleniche, anche quelle che un tempo stavano benone, i medici, e che invece oggi affollano la lista dei sottopagati.

Hanno risposto in 10mila, con due cortei contemporanei da piazza Klafthmonos e da Patissia, che confluiscono sotto il Parlamento. «Giù le mani da salari, pensioni e assicurazioni, se volete tagliate Syriza», recitava uno striscione a dimostrare la fine della luna di miele con il partito di Alexis Tsipras, reo secondo i manifestanti di non essere riuscito a contrattare al rialzo con la troika, e facendo quindi peggio dei suoi predecessori.

Le contraddizioni dei conti pubblici greci sono lì come un totem immobile: nonostante cinque anni di austerità e tre tagli a pensioni, stipendi e indennità il debito pubblico aumenta, scende il potere di acquisto, aumentano i nuovi poveri e i greci che vivono con meno di 500 euro al mese. Di contro la partita delle privatizzazioni fa registrare segnali contraddittori. Nella lista del Taiped, l’ente di Stato che deve cedere le utilities, non figurano solo asset come l’energia elettrica, gli aeroporti ( privatizzati in 14 dalla tedesca Fraport) o i porti ( Pireo ai Cinesi di Cosco e Salonicco ai francesi di Cma) ma luoghi culturalmente “sacri” come le Termopili, nelle cui acque sulfuree Leonida e i 300 spartiati si immersero prima di scontrarsi nell’eroica battaglia contro Serse e i persiani. Un po’come se l’Italia cedesse la Reggia di Caserta.

Altro j’accuse che i manifestanti muovono a Syriza è che le previsioni della troika e del governo non coincidono con i numeri reali di un Paese che sembra avvitarsi ogni giorno di più. Nikos aveva con suo fratello due camion e un’azienda di trasporti: con il calo delle commesse ne ha venduto uno e, a 50 anni, dalla scrivania si è rimesso in viaggio a bordo di quello che gli è rimasto: “Sono in piazza perché non credo che con queste misure avremo un futuro migliore: i tagli già ci sono stati e non è cambiato nulla. Ci vogliono far morire di fame? “. Katerina gestisce un chiosco di quotidiani e sigarette, dice che lo Stato le chiede anche le tasse per l’anno prossimo. “Non riesco a pagare quelle dell’anno in corso, figuratevi se posso pagare quelle future. La verità è che agli evasori della Lista Lagarde Tsipras non ha torto un capello”.

Sempre più studenti greci abbandonano le università, al pari di chi, tra i professionisti, sceglie la nuova “emigrazione” trasferendosi con figli a carico in Svezia o in Australia. Altro punto interrogativo è relativo ai nuovi investimenti: gli analisti non sembrano convinti che ci sia abbastanza interesse da parte degli investitori sui titoli che il governo punta a rimettere sul mercato.

I rappresentanti del governo greco, con l’aiuto di Rothschild che è incaricato della gestione della ristrutturazione del debito greco, hanno condotto una serie di incontri con gli investitori da inizio dell’anno, per cui solo se il recente accordo tra Atene e gli istituti di credito sulle misure 2019- 2020 sarà accompagnato da un significativo passo in avanti sugli impegni di riduzione del debito da parte dei creditori europei ( soprattutto dalla Germania) allora qualche segnale positivo in più di sarà. Ma fino ad allora mancano tre anni e della riduzione del debito greco, che era un prerequisito per la partecipazione al programma del FMI, se n’è parlato solo nei dopocena.