Psicodramma sulla giustizia. Come se fosse la prima volta. E come fosse la prima volta che capita con il ddl penale: nel corso dei rimpalli tra Camera e Senato si possono contare quattro o cinque “crisi” solo sulla prescrizione. Ma certo il no di Renzi alla fiducia apre un problema serio. Anche perché il segretario pd ci torna su con un post su facebook in cui scandisce: «Sulle intercettazioni il Pd non chiede di cambiare la legge ma chiede che tutti rispettino la legge che già c’è». Sembra il de profundis per una riforma che invece in materia di ascolti contiene un’ampia a dettagliata delega. Ma oltre al disappunto del guardasigilli Andrea Orlando ne deriva anche un’enorme incognita su quanto accadrà nell’aula di Montecitorio da lunedì prossimo, quando il maxi- ddl dovrà affrontare l’esame finale. Senza la blindatura del testo, si chiede il ministro della Giustizia con i deputati a lui più vicini, «come potremo evitare che un pur piccolo incidente diventi fatale? Ci saranno centinaia di emendamenti in votazione: basta che uno solo di questi passi», ragiona Orlando, per essere costretti a rimandare il ddl al Senato, dove sarebbe seppellito definitivamente». Ma come farà il Pd a spiegare agli elettori che una riforma messa in pista subito dopo l’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi si suicida tre anni dopo proprio sotto lo striscione dell’ultimo chilometro?

Certo Orlando insiste nel chiedere la fiducia: lo farà anche nel Consiglio dei ministri di oggi. Non gli bastano le rassicurazioni arrivate ieri dal capogruppo dem a Montecitorio, Ettore Rosato: «La fiducia alla Camera non serve: non è che non la mettiamo perché non crediamo più nel provvedimento, ma perché alla Camera sia i numeri che l’iter sono diversi: in un giorno e mezzo l’approviamo». Servirebbe una condotta militare del gruppo democratico: la minima distrazione produrrebbe l’effetto paventato dal guardasigilli. Ma qualche ora dopo arriva il post di Renzi. Che è sicuramente una risposta agli attacchi su Consip, vicenda in cui «noi», scrive il segretario pd, «abbiamo rispettato la legge, noi. Noi non abbiamo fabbricato prove false, noi. Noi non abbiamo pubblicato arbitrariamente atti di procedimenti penali, noi. Noi non abbiamo inventato ad arte un coinvolgimento dei servizi segreti, noi». Poi chiude su quel concetto: «Noi non vogliamo mettere il bavaglio agli articoli di giornale: ci basta che siano rispettati gli articoli del codice penale».

Ora, è vero che la riforma di Orlando non pone limiti agli ascolti come strumento d’indagine, ma Renzi lascia di nuovo intendere quanto attrbuitogli ieri da Repubblica: «Non voglio adesso una legge sulle intercettazioni che faccia dire ‘ eccolo qui, vuole il bavaglio’». Situazione paradossale. Perché davvero le misure della riforma, in materia, impongono semplicemente ai pm di non consentire alla polizia giudiziaria la trascrizione di conversazioni tra «persone occasionalmente coinvolte» e di comunicazioni «comunque non rilevanti ai fini di giustizia penale». Vallo però a spiegare ai cinquestelle, che hanno già allestito un “flash mob” durante i lavori in commissione Giustizia. In Aula ripeterebbero la performance moltiplicata per dieci.

LA NORMA SUGLI AVVOCATI

Nella delega, il primo precetto è di «garantire la riservatezza delle comunicazioni, in particolare dei difensori nei colloqui con l’assistito». Proprio il muro abbattuto ieri dal Fatto quotidiano, che ha pubblicato un colloquio di Tiziano Renzi con il suo legale. Vero è che, come fece notare Giuseppe Pignatone in un incontro al Cnf del mese scorso, «neppure queste norme ci garantirebbero dalle fughe di notizie». Non a caso il presidente del Cnf Andrea Mascherin spiega come «sia inutile, e forse anche sbagliato, continuare ad affrontare il nodo delle intercettazioni e della loro pubblicazione illecita solo in termini di codice e norme eventualmente più rigide». E osserva che l’unica soluzione sta nel «recupero dei troppi valori dismessi in nome di un mercato senza regole», persino sugli atti giudiziari. Ma resta quel problema grande quanto il timore degli anatemi a cinquestelle: come spiegare agli elettori che dopo 3 anni la riforma va a farsi benedire.