Se le prime due “puntate” della maxi requisitoria ai 46 imputati del “mondo di mezzo” erano serviti ai pm per ricostruire in aula l’indagine rispetto alla presunta associazione mafiosa, ieri nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, la procura ha puntato l’attenzione sul vortice di corruzione che legherebbe gli affari di Carminati e Buzzi con buona parte del mondo politico capitolino: un vortice fatto di prove che, sottolinea l’aggiunto Paolo Ielo, rappresentano «un karaoke della corruzione». In attesa dell’udienza di oggi in cui la procura avanzerà al presidente Iannello le proprie richieste, i magistrati hanno ripreso il filo dei tanti episodi corruttivi scoperti nel corso dell’indagine del ros di Roma, evidenziando la completa connessione tra accordo corruttivo e prestazione.

«In dibattimento abbiamo dimostrato – ha detto in aula il pm – come le somme di denaro si ripartissero in rapporto alla quota di partecipazione all’affare e si pagasse solo dopo l’affidamento. Il nesso corruttivo è eloquente e indiscutibile e si vede nelle intercettazioni ma anche nella tempistica e nella modalità dei flussi finanziari».

Durante la lunga ricostruzione effettuata in aula, Massimo Carminati e Salvatore Buzzi ascoltano in silenzio, seduti ai banchetti nelle aule di video conferenza dei penitenziari dove sono reclusi. E se il “Cecato” era stato il centro della prima parte di requisitoria, le accuse ieri erano tutte ( o quasi) per il presunto braccio finanziario di “mafia capitale”, che in più occasioni aveva parlato con i magistrati, senza peraltro essere mai ritenuto attendibile.

«Se vinceva Alemanno li avevamo comprati tutti» ricorda il pm citando Buzzi in un’intercettazione successiva alle elezioni. In quella intercettazione finita nel fascicolo del procedimento, «Buzzi fa l’elenco di tutti i “comprati” compreso Alemanno. Questa è una confessione stragiudiziale. Perché Salvatore Buzzi, che si professa uomo di sinistra, doveva pagare Gianni Alemanno? – si domanda un po’ retoricamente il magistrato - Su questo aspetto il silenzio assordante di Buzzi racconta tutto, e ancora una volta ne dimostra l’inattendibilità». Il riferimento di Ielo va alle presunte dazioni di denaro all’ex sindaco della capitale che, dopo l’archiviazione dell’ipotesi mafiosa, è attualmente sotto processo per corruzione e finanziamento illecito.

Ielo poi è tornato su quei soggetti accusati da Buzzi durante i suoi interrogatori: «Perché altri che sono stati pagati non sono in questo processo? Per un motivo molto semplice: il rigore che si è seguito nel lavoro probatorio.

I processi si fanno con le prove, quelle vere, non si fanno con le suggestioni». Esaminando alcune delle singole posizioni infine, la Procura ha sottolineano il ruolo di due imputati eccellenti: Giovanni Fiscon e Franco Panzironi. «Le sembra normale che in Ama si sposti il termine finale di una gara perché i partecipanti non avevano raggiunto un accordo – si chiede il pm – Questo è accaduto signor Presidente in un ufficio della pubblica amministrazione con la benedizione di Fiscon».

Parole dure anche per Panzironi per cui «siamo oltre ogni prova. “L’ho messo a stipendio” dice Buzzi e questo significa che è a libro paga come questa procura ha di fatto accertato. Tangenti e dazioni continue che finivano alla Fondazione Nuova Italia di Alemanno di cui lo stesso Panzironi è factotum». Entro il pomeriggio di domani, la requisitoria della Procura dovrebbe chiudersi con le richieste per i 46 imputati, poi sarà il turno delle parti civili ammesse, a cui la Corte ha destinato le udienze di 2 e 3 maggio. Infine sarà la volta, a tappe quasi forzate, degli imputati.

Al ritmo di 12 posizioni a settimana ( si inizierà con le accuse meno gravi), il processo dovrebbe arrivare entro giugno a chiudersi con le arringhe dell’avvocato Alessandro Diddi, difensore di Salvatore Buzzi e di Ippolita e Bruno Naso, legali di Massimo Carminati, prima di arrivare a una probabile sentenza entro luglio. Proprio come era stato stabilito dal tribunale.