"Marco Pannella, il Partito Radicale, la nonviolenza" è il titolo di un nuovo libro a cura di Laura Arconti e Maurizio Turco, edito da Reality Book, che ripropone sia gli atti del convegno ' I Radicali e la nonviolenza: un metodo, una speranza', tenutosi a Roma nel lontano 1988 e organizzato dall’allora associazione radicale Gruppo Satyagraha, sia alcuni contributi del leader radicale dal ‘ 68 al ‘ 93, che secondo i curatori sono ' connessi al concepimento, allo sviluppo e alla crescita dell’identità nonviolenta, transnazionale e transpartita del Partito radicale'.

Maurizio Turco oggi è membro della Presidenza del Partito Radicale mentre Laura Arconti, con i suoi 92 anni, e la seria disabilità motoria che la costringe su una sedia a rotelle, rappresenta ancora l’esempio di militante doc: usa Facebook come una nativa digitale per diffondere notizie radicali, si impegna in lunghi fili diretti su Radio Radicale per chiedere iscrizioni al Partito, ti bacchetta se non fai abbastanza per le battaglie di Pannella e compagni.

Su Marco Pannella sono stati scritti moltissimi libri, nel tentativo di ricomporre una personalità così ingombrante per la politica e la storia italiana del dopoguerra, che probabilmente non sarà mai rappresentata neanche in tomi enciclopedici. Forse è per questo, Laura Arconti, che avete deciso di lasciar “parlare” gli atti e Pannella stesso, invece di raccontarlo in prima persona?

La personalità di Marco ed i suoi pensieri sono così ricchi, che le interpretazioni sono varie e numerose: ciascuno ne ha capito e ritenuto - solo una parte. Lasciar parlare lui - invece di “parlare di lui” - è garanzia di imparzialità, di verità.

Cosa direbbe a un giovane ancora acerbo di politica per convincerlo a leggere un libro che ripropone atti di quasi 30 anni fa?

Negli Atti di quel convegno c’è la trascrizione fedele di ciò che dissero, allora, tanti Radicali che ora sono in altre compagini politiche, spesso avversarie del Partito Radicale. “Ti divertirebbe confrontare ciò che dicevano trent’anni fa con ciò che dicono oggi? ”

E cosa direbbe invece ad un adulto forse stanco della politica?

Ricordi Adele Faccio e la lotta contro l’aborto clandestino, Adelaide Aglietta che ebbe il coraggio di essere giudice popolare nel processo alle Brigate Rosse, Bruno Tescari e la battaglia per la protezione dei disabili? Non sono più su questa terra, e anche Marco Pannella non è più qui: in questo libro li ritrovi tutti.

Il termine nonviolenza risulta quasi “cacofonico” se accostato a quanto accade nel mondo penso in primis al problema dell’immigrazione - e sul web che è divenuto amplificatore virtuale d’odio. Innanzitutto perché è sbagliato scrivere ' non violenza' e come si declina nella storia radicale e nella contemporaneità?

Il web è solo uno strumento, non è violento in sé: tutto dipende da come lo si utilizza. Per esempio una menzogna costituisce una violenza intollerabile. L’espressione “non- violenza” indica il rifiuto di gesti offensivi, l’obiezione alle armi. La nonviolenza gandhiana è invece un metodo di lotta politica che ha molti aspetti: la disobbedienza a leggi ingiuste, il rifiuto di imposizioni, il digiuno, lo sciopero… non è possibile chiarirlo con poche battute di risposta. Ma nel libro c’è tutto.

Può raccontarci il suo primo incontro con Marco Pannella?

Leggevo il Mondo di Pannunzio e frequentavo i convegni degli Amici del Mondo, ma ero molto impegnata con la professione.

Poi venne un lungo digiuno di fame e sete, che Marco conduceva per il diritto all’informazione, di cui parlò un telegiornale. Telefonai all’hotel Minerva e chiesi che mi passassero “qualcuno dell’entourage di Pannella. Lui era lì da solo, e me lo passarono. Balbettai il desiderio di rendermi utile, e Marco mi disse: “vai al Partito, i compagni ti diranno che cosa fare”. Misi in una busta tutto il denaro che mi riuscì di mettere assieme, e la portai al Minerva con una rosa rossa. Marco ricordava spesso quella “prima rosa rossa nella mia vita”, ne parlava e sorrideva. L’indomani, al Partito, in via Torre Argentina 18, nella vecchia sede, cominciò il mio mezzo secolo di militanza.

Chi è stato per Lei Marco Pannella?

Compagno, Amico, Fratello, Maestro. Un sodalizio fatto di reciproca fiducia, e di affetto sincero. Mi affidò la sua corrispondenza politica, che ho curato per anni, di notte, nei giorni festivi, nelle poche ore libere dal lavoro. Nei momenti difficili ci parlavamo in silenzio, con gli occhi inchiodati nello sguardo l’uno dell’altra.

Lei ha votato per la prima volta il Partito nel 1958. Che cosa ha rappresentato per lei il Partito e cosa rappresenta ora?

Votare quel simbolo della Marianna, mutuato dalla rivoluzione francese ( che nel ’ 58 era abbinato all’edera del Pri) mi dette una immensa gioia. Ogni volta che ho trovato sulla scheda uno dei simboli elettorali delle nostre varie lotte politiche in corso, ho “sentito” che quel voto contava veramente. Oggi il Partito Radicale rappresenta per me un dovere di continuità: ed è un dovere verso Marco, verso il nostro sventurato Paese, e non solo. C’è ancora bisogno del Partito Radicale, io ne sono profondamente convinta: conviene a tutti salvare il Partito Radicale, aiutandoci a raggiungere i tremila iscritti richiesti dalla Mozione di Rebibbia.