Qualcuno sostiene che questa lunga vicenda sia la dimostrazione della necessità di un legge per il reato di tortura, mentre dimostra il contrario. In Italia i comportamenti di tortura sono già ampiamente sanzionati dalla legge.

L’odissea Cucchi prosegue e non so se dispiacermi o essere contento della richiesta di rinvio a giudizio per i tre colleghi carabinieri, che ovviamente dovrà essere accolta dal giudice dell’udienza preliminare.

Giunti a questo punto, e viste tutte le ombre che sono state messe su questa vicenda e che rappresentano elementi ancora da dimostrare, sono convinto che il dibattimento pubblico sarà molto interessante e metterà gli imputati nelle condizioni di poter spazzare via le accuse, come è successo per i colleghi della polizia penitenziaria e i medici.

Comunque, voglio sottolineare che lo stesso parere del professor Gaetano Thiene, perito della famiglia Cucchi, e la relazione della commissione bicamerale d’inchiesta presieduta da Ignazio Marino, certificano che non vi è alcun collegamento tra la morte e le lesioni riportate, indipendentemente da chi sia stato a infliggerle.

C’è anche un altro motivo secondo me determinante a favore della difesa: nella fotografia all’ingresso in carcere l’immagine del volto di Cucchi, come anche la sua espressione, non erano quelli di un uomo sofferente e non vi era alcun tipo di lesione, mentre, quelle che si potrebbero definire ombrature nella zona sotto gli occhi, sono banali occhiaie.

Infatti, come si può verificare facendo una rapida ricerca in internet, se uno prende un pugno, si crea un gonfiore facilmente distinguibile da ciò che invece può essere una caratteristica somatica.

Qualcuno sostiene che questa lunga vicenda sia la dimostrazione della necessità di un legge per il reato di tortura, mentre dimostra semplicemente il contrario. In Italia i comportamenti di tortura sono già ampiamente sanzionati dalla legge. Quello che serve non è un nuovo strumento normativo, e ciò è dimostrato dal fatto che l’ordinamento è comunque in grado di far fronte alle circostanze e di individuare eventuali responsabilità.

Analogo errore fu commesso dalla corte di Strasburgo, che, riguardo ai fatti della Diaz del 2001, rilevò la mancanza di una fattispecie criminosa espressa per il reato di tortura sostenendo che alcuni operatori delle forze dell’ordine non avevano subito la condanna a causa di questo vuoto normativo, mentre, per contro, la mancata irrogazione della sanzione fu unicamente da imputare alla prescrizione, una norma di carattere processuale e non di diritto sostanziale.

Quindi, il reato di tortura è una sciocchezza, tutti noi vogliamo che i comportamenti di tortura vengano sanzionati duramente, ma il disegno di legge in discussione in Parlamento mira unicamente ad inibire l’azione delle forze di polizia, tentando di sanzionare le acute sofferenze psichiche, quando è impossibile confutarle, non sono rilevabili scientificamente e, comunque, possono essere lamentate soltanto dalla persona.

Addirittura nel disegno di legge vi è l’istigazione alla tortura non accolta come fattispecie delittuosa, quando neppure la pedofilia, l’omicidio o i comportamenti mafiosi o terroristici, se non accolti, sono considerati un reato penale.

Secondo noi tutto questo rappresenta senza dubbio un manifesto ideologico contro le forze dell’ordine. Solo se smettiamo di guardare attraverso lenti polarizzate ideologicamente potremo trovare la soluzione e l’adesione formale alle convenzioni internazionali contro i comportamenti di tortura che l’Italia ha sottoscritto perché sostanzialmente già accolte dall’ordinamento.

Partendo dal sequestro di persona e proseguendo con la violenza privata, le lesioni, le percosse o l’abuso in atti d’ufficio, tutti i comportamenti che concretizzano la tortura sono sanzionati, e ce n’è per due vite di galera. Quello che occorre è un recepimento formale, la richiesta di una nuova legge è totalmente inutile.

* SEGRETARIO GENERALE SAP