È un “primo avvicinamento tra posizioni di partenza che sarebbero contrapposte, ma che potranno incontrarsi fino a proporre un contributo anche culturale al dibattito sulle professioni”, come dice il presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin. “Abbiamo un obiettivo: sancire la peculiarità giuridica delle professioni senza dimenticare la loro natura di attività imprenditoriale, ed è su questo che ci disponiamo a un confronto e a una fattiva collaborazione con l’avvocatura”, è il presupposto sancito da Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Di sicuro si tratta di un incontro dalle possibilità enormi, di cui si ha una prima verifica nel convegno promosso insieme dai due organismi e ospitato nella sede dell’Antitrust. Il titolo è una premessa di metodo: “L’ordinamento delle professioni intellettuali tra spinte liberalizzatrici ed esigenze di interesse generale: risultati raggiunti e obiettivi mancati”. E già nell’ultima espressione si dà il senso di un dogma, quello del mercato regolatore di tutto, che con le professioni non ha funzionato, certo non con quella forense. L’orizzonte dei problemi che la crisi degli ultimi anni ha posto è talmente vasto che sarebbe velleitario prenderne la soluzione da organismi pur straordinariamente qualificati come i due che si sono confrontati nella sala conferenze di piazza Verdi a Roma. Ma è vero anche che la qualità degli interventi proposti dai relatori è un buon primo passo verso quella che Mascherin immagina appunto come “una vera e propria novità culturale e non solo di approfondimento giuridico”. Una sfida alla quale il presidente dell’Antitrust Pitruzzella non si sottrae. Di quanto detto al convegno di ieri proponiamo dunque il saluto dei due massimi vertici di Agcm e Cnf e una sintesi, fatalmente inadeguata rispetto ai contenuti, degli interventi proposti dai cinque relatori. Nell’ordine, il segretario generale dell’Antitrust, Roberto Chieppa, il capo d gabinetto della stessa Authority, Filippo Arena, l’avvocato e ordinario di Diritto amministrativo Fabio Cintioli, il capo dell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia Giuseppe Santalucia e il vicepresidente della Scuola superiore dell’Avvocatura e ordinario di Diritto privato Salvatore Sica.

Pitruzzella: Coniugare natura economica e interesse pubblico “Anche secondo la giurisprudenza europea, le professioni sono attività economiche assimilabili all’impresa. Ma per quel che riguarda l’attività del Garante, è molto importante osservare come il riconoscimento della natura economica delle professioni vada coniugato con la tutela di fondamentali interessi pubblici di rango costituzionale. Il problema è come affermare tale principio, come tenere insieme il riconoscimento di attività economica con il fatto che anche lo studio legale di grandi dimensioni non è sovrapponibile a un esercizio commerciale. Dobbiamo sancire la peculiarità del diritto delle professioni senza dimenticare la loro assimilabilità all’impresa. Sono qui con il presidente Mascherin a rappresentare anche simbolicamente un confronto e una fattiva collaborazione su tali questioni”.

Mascherin: la difesa è un diritto di base come salute e istruzione “La soluzione è semplice: è nel dialogo tra diverse culture che si incrociano su queste tematiche. Un’attività professionale come quella degli avvocati garantisce un diritto fondamentale, quello alla difesa, al pari dell’istruzione e della sanità, nell’ambito di una democrazia solidale. Uno studio legale ha una struttura d’impresa, la natura di attività economica è un dato da accogliere: ma tra chi ripara auto e chi invece assicura l’esercizio dei diritti fondamentali vi è una differenza. In certi settori commerciali la concorrenza non fa danno, ma nel nostro caso noi non possiamo permetterci una concorrenza al ribasso. La corsa al ribasso dei compensi nelle attività professionali è un grandissimo rischio per il cittadino come per la pubblica amministrazione. Parliamo della necessità di evitare questo ma non nell’interesse della categoria quanto dei servizi fondamentali. È chiaro che dobbiamo accettare le regole del mercato, che però ha dimostrato di non sapere autoregolamentarsi. Si apre qui un percorso di condivisione culturale. L’avvocatura può dare un grande contributo alla attività di queste autorità, che possono essere indipendenti da tutto tranne che dai diritti fondamentali”.

Chieppa: tutelare la peculiarità delle professioni ma senza guardare al passato “Sono anch’io contento di questa occasione. Con il Cnf in quest’aula ci siamo fronteggiati su posizioni diverse nel corso di alcuni procedimenti. Dalle parole del presidente Pitruzzella emerge come l’attività dell’Authority mai abbia inteso mettere in discussione la peculiarità delle professioni, specie di quelle che operano in campi costituzionalmente protetti. Ma si deve comprendere che alcune battaglie sono di retroguardia, appartengono al passato. Una sana competizione deve riguardare la qualità del servizio. È vero che alcuni mercati hanno dimostrato di non sapersi regolare, ma la regolazione deve essere il meno invasiva possibile rispetto alla finalità che ci si pone”.

Arena: pregiudizi sulla deontologia? L'Autorità ha deciso caso per caso “Il presidente Mascherin ha parlato della concorrenza al ribasso: non entro nel tema della qualità in rapporto al ribasso, ma la Cassazione che ha detto che non è garanzia di certezza di un buon servizio quella di stabilire un minimo al di sotto del quale non si può scendere. La pubblicità? Che la tutela di questo interesse fosse individuata nel divieto alle vetrine on line, si è ritenuto non fosse proporzionato al diritto che si voleva tutelare. Poi c’è la questione del decoro, che in astratto sembra solo deontologica. Ma quando il decoro è utilizzato quale parametro per stabilire se una professione è svolta con un compenso equo, o se una pubblicità leda il decoro, allora siamo sempre lì. E che il decoro sia inidoneo a limitare la concorrenza l’ha detto il Consiglio di Stato. Tutti elementi che a me sembra testimoniano come non vi sia in alcun modo una pregiudiziale a favore del mercato rispetto alle deontologia deontologiche: sono stati i singoli casi a portare l’Autorità a individuare in quelle condotte che pregiudicavano il diritto alla concorrenza”.

Cintioli: Il no a pubblicità ingannevoli può essere il punto d'incontro “Se l’avvocatura non è stata così tempestiva nel recepire le novità che riguardavano la sua natura di associazione d’impresa, non sempre l’Autorità è stata pronta nel cogliere il disvalore delle fattispecie penali. L’impressione è che sia il tempo di guardare oltre, e di non farci sfuggire come la modernità abbia profondamente cambiato le cose. L’avvocato sarà un’impresa, ma il diritto comunitario ha uno sguardo parziale. E comunque per il conferimento degli incarichi agli avvocati si è stabilito che non è richiesta la celebrazione di una gara, perché l’elemento fiduciario, nell’affidamento dell’incarico da parte dell’amministrazione al professionista, è determinante. Tra Autorità e Cnf, un punto di congiunzione potrebbe trovarsi in materia di pratiche commerciali scorrette: se si afferma il principio che un’attività di promozione può anche essere giudicata eccessiva, mi aspetto che l’Autorità si occupi del tema della pubblicità ingannevole. E questo potrebbe aprire uno spiraglio di congiunzione di interessi.

Santalucia: Contro posizioni dominanti serve una legge sull'equo compenso Accettare che si debba stare sul mercato non vuol dire che non si debba regolare il mercato. Si pensi al caso estremo dell’esercizio abusivo della professione: l’interesse protetto in questo caso non è disponibile, fa capo allo Stato. Se pure il consumatore accetta la proposta di un abusivo, non viene meno l’offesa, diretta non a lui ma allo Stato. Il problema decisivo è stabilire se ci sono o no posizioni dominanti: prima c’era quella del professionista rispetto al consumatore, oggi la relazione si sta invertendo. Il ministro della Giustizia ha istituito un gruppo di lavoro sull’equo compenso: alcune distorsioni possono determinarsi quando il cliente appartiene all’ambito di poteri forti come assicurazioni e banche, e impone clausole vessatorie al professionista. Questo è un tema che il ministero della Giustizia ha deciso di approfondire, accettando la premessa che il professionista sia un operatore del mercato. Mercato che però può essere regolato, e per questo stiamo elaborando una legge sull’equo compenso. A questo tema si aggiunge quello delle società di capitali negli studi professionali: i soci di capitale possono essere di ausilio soprattutto per i giovani professionisti, che si misurano con un mercato ingolfatissimo. Ma serve cautela, a partire dal principio per cui la quota dei soci di capitale non devono superare quelle dei soci professionisti.

Sica: Autonomia avvocati va garantita, anche con compensi decorosi Sotto certi aspetti, questo convegno andrebbe considerato come uno dei primi risultati raggiunti in tema di rapporto tra professioni e mercato. Siamo sicuri che una certa idea filmica dell’avvocatura, rappresentata come uno squalo, corrisponda oggi alla realtà effettiva della professione? Il mondo dei law film può dare conto davvero di un 95 per cento di piccolissimi studi che devono fare i conti con grandissime difficoltà? Facciamo berne a sottolineare che l’avvocatura non è banalmente impresa, ma dobbiamo completare il percorso concettuale con l’idea che l’avvocatura partecipa alla funzione giurisdizionale, e che le va dunque garantita anche in termini di equo compenso una autonomia non certo sovrapponibile ma almeno assimilabile a quella della magistratura. Se si è costituzionalmente affermato il principio secondo cui ai magistrati non si applicano i blocchi stipendiali della pubblica amministrazione proprio per garantire la loro autonomia, va difesa anche l’idea per cui l’avvocato non può essere sottoposto ad abusi di posizione dominante da parte di grandi fornitori, con i quali è impossibile contrattare.