Arrivi a Via Nazionale, nell’ufficio di Luca Barbareschi e vieni investito dai libri, dalle cinque chitarre ( due Stratocaster), da quel teatro Eliseo che stava crollando su se stesso e ora trabocca di vita. Lo vediamo investire con nuove idee i suoi, a tavola, e poi mettere la testa su L’anatra all’arancia, spettacolo delizioso ( in scena fino all’ 8 gennaio) in cui peraltro è attore, regista e persino traduttore. E ti stupisce l’ambizione dell’ultimo spettacolo, fin dalle scenografie, con Anna Foglietta, La pazza della porta accanto, bellissimo, e del suo, che ha nel cast ( ci sono due assi come Noschese e Mahieux, ma anche un grande professionista come Gobbi e la bella scoperta Margherita Laterza) la sua forza. Va visto, Barbareschi e l’Eliseo. Ma pure letto.

Barbareschi, siamo alla sua ennesima seconda giovinezza?

E’ una nuova giovinezza per tante ragioni, che nascono dal fatto che ho due figli piccoli. Mi ero iscritto al Conservatorio per composizione e direzione d’orchestra, avendo fatto tante cose, in prossimità dei miei 60 anni avevo voglia di ricominciare a studiare, vengo dall’ermeneutica e dalla filosofia ebraica, la mia tradizione, e mi sembrava un approdo naturale. Però ritornare padre, ma anche lo stimolo delle paternità precedenti, mi ha fatto venir voglia di creare un tempio di accoglienza laico e provocatorio, di costruire qualcosa di importante. Per loro e per me. E ci morirò, visto che qui ci sono tutte le mie risorse! Ma non smetto di fare altro, sempre a modo mio: Brutti e cattivi, ad esempio, film sugli handicappati con Santamaria e D’Amore, molto profondo ma anche molto “cattivo”, un film su una start- up, The Start Up, sulla meritocrazia. E poi la fiction su Rocco Chinnici e In punta di piedi, un modo di rivedere il mondo di Gomorra a modo nostro.

E quest’avventura se la sta giocando di tasca sua

L’ultimo ad aver messo soldi privati in un teatro è stato Rossini, e avendolo interpretato mi ha ispirato: lui aveva il San Carlo e anche il ristorante e il casinò al suo interno. Qui ci ho messo 10 milioni di euro ( 5 solo per restaurare i due teatri, Piccolo Eliseo compreso), facendo tornare l’Eliseo il primo teatro di prosa italiano per qualità e numeri, forse alla pari con il Piccolo: il punto però è che loro prendono 14 milioni dallo stato, noi 400.000 euro. Che vogliamo fare? Il sistema americano da 600 dollari a biglietto, quello inglese in cui non ti costano i biglietti meno di 80 sterline? Sappiamo che qui non è possibile.

Chi glielo fa fare? E soprattutto come fa?

Ovvio che perdo soldi: prendo un ventesimo del Teatro Argentina, un quarantesimo del Piccolo. E così sono a rischio di postergazione, reato poco conosciuto: quando usi i profitti di una società, la mia, il gruppo multimediale, per un’impresa altra palesemente a debito, vai in galera. Renzi, Franceschini, Calenda, Gentiloni, Giannini, in tanti hanno promesso che lo Stato interverrà, com’è giusto. La politica non regge il nostro passo, ma spero che prima della fine dell’anno gli impegni vengano onorati. Io non posso andare avanti da solo. E non basta stanziare: i pagamenti di comune, Regione e Stato non possono arrivare due anni dopo.

A Montecitorio l’ascoltano dunque, in Campidoglio meno?

Beh, se parliamo di Luca Bergamo, l’assessore allo sviluppo culturale e mentale di noi tutti, ora pure vicesindaco, che mi ha messo addirittura per iscritto che non gli interessa nulla dell’Eliseo, direi di sì. Si riempiono la bocca delle periferie, ma gli spettacoli a Tor Bella Monaca li porto io. Ci ha tolto i soldi assegnatici da Tronca! A me della politica non frega nulla, ma quando è demagogica e arrogante, quando è fuori dalla realtà è insopportabile. Agli Stati Generali della cultura ho sentito dire che Finmeccanica siccome è nell’industria delle armi non era etico come sponsor. Poi le stesse persone dicevano «dipende dall’investimento». Insomma, puoi e vuoi fare la mignotta a seconda del prezzo? Non capiscono che è sbagliato l’assunto ideologico e di principio: io non dovrei accettare come sponsor un grande produttore di carni per non urtare il pubblico vegano? Ma questi signori si ricordano chi erano i mecenati del passato? Non avremmo patrimonio artistico, fosse stato per loro.

Insomma, il Movimento 5 Stelle è un disastro anche per l’arte?

Bergamo sta boicottando la cultura romana. E non perché è un grillino, ma perché come molti colleghi non interpreta il suo ruolo nell’unico modo possibile, come civil servant.

Qual è il segreto di Luca Barbareschi?

Leggerezza e entusiasmo. Nascono dall’infanzia tra Tor Bella Monaca e il Gallaratese, senza soldi ma con tanti stimoli, non sono nato ricco materialmente, ma con l’eredità di un papà capo partigiano che entrò a Milano scalzo, il 25 aprile, di un bisnonno marocchino camiciaio, di un nonno che ha fondato il Parlamento italiano morendo con la sua pensione. Non hanno lasciato soldi, ma testa, cuore e visione.

E poi coltivo l’imperfezione, la claudicanza, la capacità di rialzarsi dopo essere caduto, alla faccia della parte del paese che vuole sempre la pappa pronta, che non è disposta a cambiare. Qui io faccio fatica a trovare due amministrativi perché gli viene difficile la zona. Lo dicono a me che a New York facevo un’ora a piedi ad andare e una a tornare perché l’affitto del mio appartamento costava 140 dollari e l’abbonamento ai mezzi 60! Quello è il paese che teme il cambiamento. Non sanno quanto è bello. Anche, per cambiare, pagarsi, camminando, metà della pigione. E sorrido, nel mio cuoricino, al pensiero di quelle notti fredde che affrontavo con gioia. Soffro di un Sud pieno di talenti e idee soffocate da uno Stato che privilegia solo gli amici dei politici, i raccomandati e da una mala che dà le opportunità economiche che altri non danno, perché il capitalismo lì è predatorio. Mentre io sono un olivettiano, che non è mai fallito e che ha sempre dato da lavorare.

Lei gode nell’essere disprezzato, dica la verità...

Non godo a non piacere. Sono molto sensibile, soffro molto dei giudizi e dei pregiudizi degli altri. Vorrei essere capito. La verità è che per la mia formazione, per il mio forte legame con la cultura ebraica, cerco sempre una terza via, la non semplificazione del pensiero: e la gente chiede il contrario, il populismo che rifiuta le soluzioni articolate in favore delle balle, che sono però risposte univoche. Se ti alzi e dici “ponte di Messina” o “domani ci saranno solo sensi unici” ti ascoltano e ti votano. Ma non si può ragionare con un range d’attenzione di 15 minuti e una prospettiva di due mesi, ma con una visione secolare. Io sono l’unico che a Berlusconi l’ha contestato, e mi è simpatico. Voleva fare la rivoluzione liberale, ma non crearne le basi culturali, non mostrare quella visione. E allora?

Qual è il problema? Il radicalchicchismo?

E la sua egemonia culturale. Pensa al Valle. E’ un teatro che l’assessore al rinascimento culturale e mentale del romano medio Luca Bergamo prevede di rimettere in sesto in sei anni - peraltro, ma chi gli ha fatto il preventivo? Il mio architetto glielo rimette a posto in pochi mesi e a un decimo dei soldi che spenderà -, devastato materialmente e artisticamente. Grazie alla casta autoreferenziale dei radical chic, a chi ha il culo caldo perché a casa ha soldi e spalle coperte dai genitori, a chi prende mezzo milione di euro a film e può fare le battaglie velleitarie che vuole. Mi hanno fatto passare per il nemico del Valle, ma io guardo i fatti: in 4 mesi io ho restaurato due teatri, loro in anni hanno demolito una grande realtà. Lì chi ci ha creduto, uno sparuto gruppo di ragazzi, ha scontato il tradimento dagli Elio Germano di turno e degli Asor Rosa che ne celebravano la Resistenza. Cosa hanno prodotto? Nulla.

Si sente un Don Chisciotte di destra?

E’ un’etichetta stupida, una cazzata, ma subisco il fascino di Don Chisciotte, perché vivo di sogni e slanci. E per questo a volte mi accusano di troppo ottimismo o mi danno del pazzo. Io sono un attore, un artista, non un diplomatico: posso essere libero, e non è poco. Certo, non sono mai andato in una giuria in un festival. Come mai? Forse perché non lecco il culo ai Barbera, a chi mi esclude perché non sono suo amico e me lo scrive e protocolla pure? Questa libertà è un bene enorme: l’intervista a Malcom Pagani ( stupenda - ndr) mi ha fatto chiamare da nomi enormi che mi hanno confessato che avrebbero volentieri detto anche peggio, ma non potevano. Anche se al ragazzo devo tirar le orecchie: c’erano alcune esagerazioni, come quella su Naomi Campbell.

I suoi figli l’hanno perdonata per averli diseredati?

Sarei ingiusto se dicessi di sì. Hanno capito ma per il modo in cui la cosa è uscita li ha colpiti emotivamente. Però sanno meglio di tutti le opportunità di crescita che hanno avuto, dalle tre nazionalità e tre mercati possibili per i loro talenti, alla migliore formazione possibile. Sono ragazzi eccezionali e ho visto imperi economici spazzati via in un attimo, mentre quello che hanno loro resiste a tutto. Poi se continuo a buttarmi in imprese così, non troverebbero molto comunque, eh

Di cosa ha paura Luca Barbareschi?

Di nulla. Se domani mi svegliassi senza niente, semplicemente ricomincerei da capo. L’ho fatto tante volte. La vita è una sfida continua e pazzesca. E anche se ho un buco nero dentro frutto di tante ferite interiori, o forse grazie a quello, ogni mattina entro dall’entrata artisti, rivedo il curriculum e penso cosa fare ancora. Quello che vedo non è abbastanza, ma mi ha arricchito. Sono cresciuto. E me ne fotto della rabbia e dell’odio, voglio sempre andare avanti.