È finita con uno scarto minimo: la nomina di Antonio Rosa a coordinatore dell’Organismo congressuale forense è arrivata con appena due voti di scarto: su 50 preferenze ( Rosa è l’unico a non aver partecipato allo scrutinio) 26 sono andate all’avvocato del foro di Verona e 24 a Sergio Paparo, presidente dell’Ordine di Firenze. «Un voto liberamente espresso, come quello di lunedì, rappresenta sempre una vittoria della democrazia: unico neo», osserva Paparo, «credo sia nella completa esclusione dall’ufficio di coordinamento della parte che ha sostenuto la mia candidatura. Nulla da obiettare sul fatto che segretario e tesoriere fossero individuati tra colleghi di strettissima fiducia del coordinatore, ma sarebbe stato giusto attribuire gli altri due ruoli ad avvocati dell’altra componente formatasi in assemblea attorno al mio nome, anche considerato lo scarto minimo del risultato».

Avvocato Paparo, Rosa propone di fissare un Congresso forense straordinario già per gennaio. Ho letto quanto Antonio ha detto nell’intervista al Dubbio, ho immediatamente scritto a lui e a gli altri 49 componenti dell’Organismo per esprimere il mio punto di vista.

Qual è? Credo sarebbe giusto convocare non un Congresso nazionale straordinario, considerato che a Rimini abbiamo stabilito di considerare questa nuova fase come un congresso permanente, ma singole ulteriori sessioni su quegli argomenti per i quali riteniamo di non avere alle spalle uno specifico deliberato congressuale. Mi pare l’approccio in linea con le norme istitutive dell’Ocf: noi siamo chiamati a elaborare tutti i contenuti già espressi dal Congresso nazionale, dobbiamo discutere ed esercitare il nostro ruolo.

Quali sono gli obiettivi prioritari, per l’Ocf? Credo si debba partire dal dato più importante: la situazione reddituale dell’avvocatura. È un problema che riguarda i giovani ma anche i tanti colleghi che avevano un’attività professionale già avviata e poi sono stati duramente colpiti dalla crisi. Ebbene, mi pare che sulla questione della consulenza e dell’assistenza stragiudiziale, la legge sulla concorrenza rimetta tutto in discussione: non è certo nell’interesse dei cittadini che tali funzioni possano essere esercitate anche da chi non è abilitato a svolgerle con competenza.

Non è ancora chiaro l’orizzonte del governo e della legislatura. È così. Ma c’è anche una certezza: la giurisdizione non può essere più sacrificata rispetto ad altri settori. Va riconosciuto l’intervento sul personale appena compiuto dal ministro della Giustizia, ma siamo ancora lontani dal colmare i vuoti di organico. Va avviata una trattativa molto chiara: ordini forensi e singoli avvocati hanno investito moltissimo sul Processo telematico, si sono risparmiati 40 milioni di euro che ora devono essere reinvestiti nella giustizia.

Troverete l’Anm schierata nella stessa trincea. In proposito, un altro nodo è la costituzionalizzazione del ruolo dell’avvocatura: non si tratta di una rivendicazione nei confronti dei magistrati, ma di parità di ruolo. Al momento non è affatto sancito il principio secondo cui sono gli avvocati a dover garantire il diritto di difesa.

Tornerà il dialogo tra politica e corpi intermedi, avvocatura compresa? Renzi ha fatto il possibile perché si producesse uno scollamento. L’avvocatura può svolgere un ruolo politico di rappresentanza sociale dell’intero ceto medio professionale, a condizione che nel frattempo la cosiddetta proletarizzazione non espella noi stessi dal ceto medio.

Quale sarà il suo rapporto con l’avvocato Rosa? I rapporti tra noi sono sempre stati ottimi e continueranno a esserlo: si tratta di un collega stimabilissimo, spesso abbiamo lavorato insieme. Apprezzo il suo richiamo al’unità dell’avvocatura: l’importante è costruirla, con un paziente lavoro di sintesi tra posizioni che in partenza potranno anche sembrare inconciliabili e che dovremo far incontrare su una strada comune.