L’artista che ha venduto più Cd in questo 2016, per la musica funesto, è Wolfgang Amadeus Mozart. Il compositore austriaco ha superato artisti più avvezzi a dominare le classifiche, star del calibro di Drake e Beyonce. E giù dotte analisi e considerazioni tese a dimostrare quanto il messaggio del genio salisburghese sia immortale ( ma questo è fuor di dubbio) e di come possa essere colto con facilità anche dalle nuove generazioni.

Ma è andata davvero così?

Innanzi tutto un dato tecnico: si tratta di un mastodontico cofanetto di duecento Cd pubblicato dalla Universal, che a sua volta è la proprietaria della Decca e di Deutsche Grammophon, ovvero le due maggiori case di produzione di musica ( pensata per essere tramandata a mezzo di scrittura) impropriamente chiamata classica ( anche se invero la definizione di “classico” calza a pennello per Mozart), che non temono confronti in quanto a ricchezza del catalogo e qualità degli interpreti, per un peso complessivo intorno ai dieci chilogrammi, un costo che oscilla tra i trecento e i quattrocento euro, nonché un’edizione limitata che supera i cinquecento, che ripropone in modo encomiabile la totalità del catalogo conosciuto di Mozart, più una ventina di CD sugli arrangiamenti e sui pezzi di dubbia attribuzione, rispolverando in molti casi vecchie incisioni comunque di altissimo pregio e quindi, ciò va specificato a loro merito, senza costi aggiuntivi per gli la produzione dell’opera. L’inghippo sta che ogni singolo CD del cofanetto è stato scorporato e quindi considerato come un CD venduto, per cui sono bastate seimila persone per farlo arrivare in vetta alla chart di Bilboard, con il sorprendente dato di un milione e duecentocinquantamila.

Premesso che chi scrive ama Mozart quasi più della sua stessa vita e non può che rallegrarsi e nutrire una speranza per il genere umano sul dato che molte persone abbiano deciso di spendere i loro soldi e in maggior misura il loro tempo (perché poi sarei curioso di sapere quanti di costoro si ascolteranno veramente L’oca del Cairo o l’integrale delle cantate comprese quelle sconce tra cui Leck mich im arsh letteralmente: « Baciami il culo » ), è presumibile che si tratti di un pubblico iper specializzato comunque poco incline ad ascoltare giustamente questo tipo di musica con le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Un uditorio che ama avere un ascolto organico di un concerto, una sonata, una sinfonia o un opera, non tollerando l’assioma che da Reader’s Digest in poi prevede la compilation di brani noti, passando per le cassette che ci facevamo da ragazzi, fino ad arrivare alle odierne playlist che, per un serio amante della musica classica equivarrebbe a guardare un film, ma solo una parte. Per esempio, mi guardo Salvate il soldato Ryan, ma solo la scena iniziale dello sbarco in Normandia. Sempre e solo quello. Oppure Love story, ma solo da quando Jennifer scopre di essere malata.

Il risultato raggiunto da questo pubblico iper colto non può essere considerato come un significativo dato statistico, ma più una nicchia facoltosa che sposta poco rispetto al mercato discografico che, ricordiamolo, oramai funge solo in termini di vetrina per altre forme di introito. Mi spiego: dalla metà degli anni ‘ 60 i concerti avevano lo scopo di far conoscere un artista a un determinato pubblico che poi avrebbe comprato il disco. Il pubblico andava a sentire un concerto per “ conoscere” l’opera d’arte. Poi con i video la tendenza è cambiata: gli artisti, si facevano conoscere tramite la tv.

Infine con l’avvento delle nuove tecnologie il download, prima illegale, poi legale dei brani ha radicalmente cambiato la funzione del mercato discografico facendo crollare le vendite. Nel 2005 i Radiohead, da sempre un gruppo molto attento alle possibilità offerte da internet, pubblicano In Rainbows con la formula del pay what you want ( paghi quanto vuoi) e da allora questa la nuova tendenza, basti pensare agli U2 che regalano il loro disco a chiunque compri determinati prodotti Apple. Per anni si diceva che il download illegale danneggiasse gli artisti.

In realtà quelli più scaltri hanno capito da subito che era parte di un processo irreversibile e che non solo il danno procurato era di esclusiva pertinenza delle case discografiche, ma anzi che per loro si apriva una nuova era in cui la casa discografica si occupa delle spese, della distribuzione e soprattutto della promozione di uno, massimo due brani, è rarissimo che da un LP siano tratti tre singoli. Dopodiché i concerti, in cui il pubblico viene a “ ri- conoscere” l’opera d’arte, a celebrare il culto della personalità di chi si esibisce e che tendenzialmente deve riproporre in maniera pedissequa la proposta nota al pubblico, costituiranno la maggior parte del loro introito. Infatti i prezzi di un qualunque evento live negli ultimi dieci anni sono cresciuti in maniera esponenziale.

In tutto questo non possiamo che rallegrarci se una pur minima, iper colta nicchia di persone hanno voglia di “ ri- conoscere” Mozart.

 

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