Iniziano le consultazioni, durante le quali il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella riceve a colloquio tutti i gruppi parlamentari, per sondare le possibilità sul tavolo, dopo le dimissioni di Matteo Renzi. Ogni formula, tra quelle di cui più si discute in queste ore per il 'dopo Renzi', si porta dietro un  identikit diverso per il premier che potrebbe essere chiamato a interpretarla. È per questo che, nel giorno del via alle consultazioni, il 'totopremier' continua a impazzare. Il reincarico L'ipotesi più semplice da costruire sarebbe quella del reincarico: Matteo Renzi torna a palazzo Chigi e guida un 'Renzi II' fino a fine legislatura o di durata più breve, oppure riprende in mano il 'Renzi I' per gli affari correnti. Intanto, si risolve il rebus legge elettorale. In questi casi, l'unica novità potrebbe essere qualche rimaneggiamento, un piccolo 'lifting' in qualche dicastero (Riforme? Pa? Scuola? Lavoro?) che riaprirebbe piuttosto il totoministri. Renzi, però, sarebbe contrario a questa ipotesi: "Se torno perdo la faccia". Il governo istituzionale Il puzzle del governo istituzionale è invece molto più difficile da comporre. In primis per le radici del nuovo esecutivo, che dovrebbero affondare in buona parte dell'arco costituzionale. In questo caso, il totonomi deve rispondere a criteri precisi e dovrebbe pescare tra le 'riservè dello Stato. Quindi, Pietro Grasso o Laura Boldrini, anche se le polemiche con alcuni gruppi parlamentari in cui, suo malgrado, è rimasta invischiata in questi mesi la presidente della Camera non sono un buon viatico per lei. Grasso è nel totonomi dal primo giorno, pur nella consapevolezza che in un Senato sempre alle prese con equilibri politici complicatissimi sarebbe difficile trovare il suo erede. Così si fanno spazio altri nomi nel 'totopremier', come quello di Pier Ferdinando Casini o di Luciano Violante. Decisamente meno appeal ha il 'modello Ciampi': pescare cioè da Bankitalia, pur se il governatore Ignazio Visco gode di riconosciuta stima. Il governo di responsabilità Infine, il governo di responsabilità che confina molto con quello istituzionale per caratteristiche, ma che finisce per 'sconfinare' nell'ipotesi di un governo ancora a guida Pd magari con una base parlamentare un po' più ampia. In questi casi il primo nome che emerge è quello di Pier Carlo Padoan. Il ministro del Tesoro è un tecnico con una spruzzata di politico (dopo gli ultimi mille giorni passati a via XX settembre) e con il pedigree giusto a livello internazionale. A contendergli i consensi del totopremier è Paolo Gentiloni, che potrebbe vantare un buon feeling con Renzi, una ampia stima in Parlamento e nelle varie Cancellerie. Restano sempre in pista, poi, i nomi di Dario Franceschini e Graziano Delrio, che mettono sul piatto una naturale vicinanza con il Quirinale. Il lodo "Foglio" Estendere il Consultellum alla Camera e votare subito senza dover fare un nuovo governo. Il Foglio ha lanciato oggi un lodo per le consultazioni per "mettere da parte il partito della graticola" e ridare la parola agli elettori. Un "modo semplice: utilizzare subito una legge elettorale sulla quale la Corte costituzionale ha già messo il suo bollino il 13 gennaio del 2014 e non aspettare la sentenza della Consulta del 24 gennaio che si esprimerà sulla Costituzionalità dell'Italicum". La Lega, per bocca del deputato Gianluca Pini, ha mostrato interesse: "La Lega è disponibile a votare il Consultellum alla Camera per poi andare a votare senza fare un governo". Sulla stessa linea anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia: "Il Consultellum è un proporzionale puro, secondo me non il migliore dei metodi. Fermo restando che preferisco questo al quarto governo di fila imposto. Io ho fatto una proposta di modifica dell'Italicum, prevedendo eventuali vizi di incostituzionalità, che mi sembra molto più efficace". FOCUS: ecco come funzionano le consultazioni Liturgia laica la più tradizionale che regge immarcescibile dall'alba della Prima Repubblica, le consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo non sono nemmeno previste dalla Costituzione. Nel suo scarno stile, la Costituzione regola la materia in due articoli di poche righe, il 92 ed il 93. Vi si legge: "il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri". Di seguito: "l Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica". Questa la descrizione della prassi seguita, non sempre alla lettera perchè per l'appunto non codificata, in casi come quello che si è aperto ieri alle 19, ultima ora del governo Renzi 1. Quando il Presidente del Consiglio rimette l'incarico, il Capo dello Stato lo accetta con riserva. Come a dire: puoi sempre ripensarci, ed io posso sempre rimandarti alle Camere a vedere se sei davvero privo della loro fiducia. Quindi avvia gli incontri per capire chi e come mettere insieme, tra le forze parlamentari, per dar vita ad una maggioranza che sostenga il nuovo esecutivo. Si inizia sempre dai presidenti emeriti della Repubblica, regola di bon ton personale e istituzionale. Seguono i presidenti dei due rami del Parlamento, l'uno la seconda carica della Repubblica, l'altro più informalmente la terza. Poi si passa alle forze politiche. Il che non vuol dire i gruppi parlamentari, cosa che sarebbe costituzionalmente più corretta. Dipende dalle esigenze del momento: il Presidente della Repubblica può infatti sentire gli esponenti dei singoli partiti, costretti talvolta da mancanza di rappresentanza sufficiente alla Camera e al Senato a confluire nei gruppi misti. In ogni caso, si inizia dal più piccino e si va a salire. Una cura particolare viene dedicata ai rappresentanti delle minoranze linguistiche. È l'unico momento in cui al Quirinale viene allestita una sala stampa, organizzata per l'occasione tra il corridoio alla Vetrata e la sala dei Precordi. I colloqui invece avvengono nello Studio alla Vetrata, lo studio ufficiale del Capo dello Stato (la maggior parte del lavoro corrente viene svolto nello Studio alla Palazzina, dall'altra parte dell'edificio). Esaurito il giro il Presidente può deciderne un secondo, addirittura un terzo se ancora non emerge una soluzione (al quarto non si è mai arrivati a memoria d'uomo, e si è passati allo scioglimento delle Camere). Se pare invece che si avvicini il momento delle scelte, al Quirinale si prendono una pausa di riflessione che dura normalmente 24 ore. Quando le cose sono praticamente sicure, ed il nome è stato scelto, un comunicato della Presidenza della Repubblica annuncia l'imminente riapertura della sala stampa: è il segnale che si è arrivati alla svolta. Mentre i giornalisti attendono accalcati, il prescelto viene convocato, ha un ultimo colloquio e quindi esce davanti alle telecamere il segretario generale della Presidenza.