Gli italiani vogliono che la Costituzione resti quella che c'è. Mentre chiedono a Matteo Renzi di farsi da parte. I dati del referendum costituzionale non ammettono repliche nella loro nettezza. L'affluenza altissima per una consultazione popolare, che ha raggiunto circa il 70 per cento ha dato a questo passaggio il sapore e sopratutto lo spessore di una consultazione politica. I risultati non ammettono repliche. I No hanno stravinto, la proposta di modifica costituzionale tenacemente e testardamente perseguita dal presidente del Consiglio è stata bocciata senza appello. In aggiunta c'è il dato che riguarda il presidente del Consiglio medesimo. Se lo scarto con il No fosse stato contenuto, se insomma i Sì si fossero attestati intorno al 46-48 per cento, Renzi avrebbe potuto legittimamente rivendicarne la proprietà e, dunque, la gestione. Un tesoretto politico che lo avrebbe messo, seppur da sconfitto, al centro di ogni combinazione di governo possibile. E che gli avrebbe garantito anche agibilità e margini di manovra senza ombre all'interno del Pd. Invece i primi risultati indicano che il No è intorno al 60 per cento è che il Sì è addirittura sotto il risultato clamoroso ottenuto da Renzi alle elezioni europee. Tra poco il premier parlerà al Paese e spiegherà cosa intende fare. In ogni caso toccherà istituzionalmente al capo dello Stato indicare la strada più opportuna. Ma una cosa va sottolineata fin d'ora. Nello schieramento vincente, l'accozzaglia come l'ha definita il capo del governo, se la palma della vittoria non cadrà totalmente nelle mani dello forze antisistema, cioè Cinquestelle e Lega, è perchè in quella parte c'è Silvio Berlusconi. Più che mai l'ex Cav è al cento dei giochi. Una nemesi che dice molto sullo stato di confusione e di difficoltà in cui versa la democrazia italiana.