Ieri, nel blog di Grillo, Matteo Renzi è stato definito una scrofa ferita. Cioè un porco. C'è un passo indietro rispetto alla definizione del giorno prima, che peraltro non riguardava solo Renzi ma tutti i sostenitori del Si: «serial killer», aveva detto Grillo in persona.Il premier risponde come può. Cerca di ricorrere anche lui allo stesso armamentario lessicale, ma resta abbastanza al di sotto del livello del linguaggio grillista.Renzi ha definito i suoi avversari un'accozzaglia, che è una parola spregiativa e sicuramente infondata, in questo caso, ma che non pareggia scrofa e killer.Il centrodestra (Salvini a parte) è meno aggressivo. Si è trovato (a sua insaputa, forse) in compagnia di Grillo e non si trova benissimo. Però finisce per prendere a prestito almeno una parte del suo gergo. L'altro giorno Brunetta ha usato più volte la parola «schiforma», che è un marchio di fabbrica di Marco TravaglioCosa c'è di politico nel liquidare una riforma costituzionale con la parola "schifo", o nel dare del maiale al premier e del killer a chi lo vota? Niente. E' un linguaggio che si limita a sostituire una evidente debolezza di argomenti (o forse persino di dissensi) con la riproposizione del bullismo giovanile. Lo stesso bullismo, appena un po' più garbato, del premier che definisce i suoi avversari "accozzaglia", o che insolentisce il giornalista che lo intervista (Oscar Giannino).Prevale un sentimento di aggressività e di machismo, che probabilmente non è nuovissimo (una ventina d'anni fa Umberto Bossi, da molti considerato uno statista, giurava di "avercelo duro"). Non è nuovissimo ma sta assumendo una caratteristica di "esclusività". La politica cioè viene ridotta a una tecnica dell'insulto. E dentro questo schema tutti accettano di giocare, ciascuno con le sue qualità e le sue debolezze. Travaglio usa l'ironia, e condisce l'insulto con un'ironia in genere greve, che ricorda un po' quella degli anni venti e trenta. Renzi usa l'aggressività caustica toscana, o forse fiorentina, e la adopera come strumento principale della sua comunicazione. Grillo - che dovrebbe essere quello più scherzoso, visto il suo vecchio mestiere - non riesce mai invece ad essere ironico, e si limita a rovesciare insulti indicibili, cercando sempre di stupire usando un tono un po' più gridato della voce a un tasso un po' più insolente nel linguaggio.Per un signore abbastanza anziano, come chi scrive, non c'è niente da scandalizzarsi, né da condannare. Io ricordo la politica degli anni settanta e ottanta, quando i toni della polemica spesso erano molto moderati, o addirittura cifrati (penso a Moro, a Rumor, a Forlani, ma anche alla complicatissima diplomazia polemica comunista), però il tasso della violenza politica era altissimo. Nei partiti e fuori. C'era la lotta armata, che lasciava sul terreno più o meno una vittima a settimana. C'erano le manifestazioni di strada, violentissime. La polizia picchiava selvaggiamente e spesso sparava. C'erano le stragi con le bombe. C'era l'omicidio politico, molto frequente, e che fece tante vittime illustrissime anche nel Palazzo, dallo stesso Moro, a Enrico Mattei, a Mattarella, a La Torre, a Lima, a Guido Rossa, a Vittorio Bachelet, a Lando Conti, Ezio Tarantelli, Roberto Ruffilli, Peppino Impastato, Michele Reina, Giuseppe Insalaco, a Mauro Rostagno... Se poi dovessi allungare la lista ai magistrati e ai giornalisti e agli studenti,  (per non parlare nemmeno dei poliziotti) non mi basterebbe tutta questa pagina di giornale.Sicuramente l'insulto è molto meglio della revolverata e della dinamite. Non è un problema morale, che pongo. Né di buongusto, né di eleganza. Il problema che vedo è di "povertà politica". Ho l'impressione che questa continua escalation del linguaggio, questo bullismo un po' odioso, non serva tanto a rimpiazzare una violenza "fisica" che per fortuna non c'è più. Ma invece a colmare l'assenza, o l'estrema debolezza, del pensiero e della convinzione politica. Lo scontro è diventato puramente di appartenenza e avviene unicamente sul piano (e con gli strumenti) della tecnica polemica. La scissione tra politica e intellettualità (e dunque tra politica e pensiero, tra politica praticata e cultura politica) è completamente consumata.Quale è il risultato? La difficoltà, se non l'impossibilità, di elaborare dei progetti, e di pensare una società più moderna. Oggi tra chi è lo scontro? Tra una fazione che immagina che si possa governare meglio, e più democraticamente, senza Senato, e un'altra fazione che pensa che tenere il Senato garantisca dalle avventure politiche. Tutto qui. C'è una grande distanza tra le due fazioni? Sì, la prima chiaramente pensa che sia bene fare delle riforme, e quindi che bisogna rendere le istituzioni compatibili con le riforme. La seconda fazione teme le riforme, pensa che possano ridurre i diritti (o qualcuno pensa che possano ridurre i privilegi). Benissimo: posizioni legittime. Ma voi avete una piccola idea di come gli uni o gli altri pensino di poter risolvere i problemi fondamentali che abbiamo davanti: ridurre o cancellare la povertà, attenuare le diseguaglianze (come dice Obama nel discorso che pubblichiamo oggi), aumentare la produttività, migliorare la scuola e la sanità, accogliere civilmente gli immigrati, riformare la giustizia, sanare la pubblica amministrazione. No, nessuno ha idea dei programmi politici su questi temi. E allora dicono scrofa.