Varrebbe la pena di applicarsi al discorso di Matteo Renzi fatto alla Leopolda per capire qualcosa di più sul referendum, e forse sul suo risultato. La cosa sorprendente del discorso di Renzi è che sembra che sia proprio il leader indiscusso del fronte del Si a pensare che ormai il No abbia vinto il referendum. Non si spiega altrimenti il discorso di Renzi, che come si sa è un leader forte.Cerchiamo di capire: il giorno prima della Leopolda (...)Renzi aveva registrato un indubbio successo della linea dell'apertura: l'adesione di Cuperlo alla proposta di modifica della legge elettorale. L'operazione-Cuperlo era rivolta al fronte interno al Partito Democratico, ma ancora di più era destinata a svolgere una opera di persuasione nei confronti del partito del Ni, degli incerti: un partito che gode del consenso di importanti opinion leader e di grandi facitori di consenso. E che dunque avrà un peso decisivo per il risultato del 4 dicembre.Isolare gli oltranzisti del No, e rivolgersi all'area incerta nel campo vasto dei moderati, sarebbe allora stato necessario per mettere a frutto il risultato ottenuto e disporsi così ad allargare il consenso e provare a vincere nello scontro sul referendum costituzionale, superando l'attuale incertezza del risultato.E invece Renzi fa la scelta opposta. Nessuna captatio benevolentiae ma al contrario un discorso teso a suscitare un forte senso di appartenenza nel proprio nucleo militante, esaltandone il tratto manicheo, del nuovo contro il vecchio, dell'innovazione contro la conservazione, dove la conservazione è il campo del "resto del mondo". Cosa ha detto Renzi ai suoi? Noi siamo la diversità storicamente necessitata a sconfiggere la palude. Contemporaneamente ha mosso un attacco frontale ai sostenitori del No a lui più vicini, e cioè quelli che fanno parte del suo medesimo partito. L'attacco di Renzi non ha di mira coloro che più facilmente potrebbero essere indicati come nemici, cioè la Lega, Fratelli d'Italia, le forze reazionarie, i volti della politica più impresentabili, ma invece proprio la minoranza del suo partito. Così il suo segretario segna uno spartiacque utile a fondare un nuovo Pd, quello post-referendario. Ma così facendo, se da un lato mette vento nelle vele del leader forte, del fondatore, dall'altro lato Renzi rinuncia a guadagnare consensi nel campo avversario, rispetto al referendum, anche in quello più incerto, più titubante.Si fa così solo quando si dà per ormai perduta una mano della partita, e tuttavia si ritiene del tutto aperto l'esito dell'intera partita. È su questa che col discorso della Leopolda Renzi sembra volere spostare la contesa. Dopo la sconfitta (se ci sarà) c'è bisogno, così sembra pensare il presidente del consiglio, di un leader forte e del suo partito. Un partito coeso e senza alcuna divisione al suo interno, capace di navigare tra i marosi in mare aperto.Sembra disegnare il passaggio dal partito della Nazione al partito del Presidente: à la guerre comme a la guerre.