L'Europa è appesa a uno zerovirgola. Nella lettera di richiamo sulla manovra che la Commissione europea ha appena spedito a Roma si chiede al governo di portare il deficit dal 2,3 al 2,2 per cento. In quello 0,1 per cento è racchiuso il futuro dell'Unione Europea nell'era post Brexit.È quanto ha fatto trapelare in maniera chiara il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan nella dura intervista rilasciata a La Repubblica, nel corso della quale si è scagliato contro i vertici europei sollevando più di una perplessità sul futuro dell'Ue. Lo ha ribadito il presidente del Consiglio, che ha già fatto sapere a Bruxelles che la manovra non si tocca e che le misure verranno confermate a prescindere dai dubbi dell'esecutivo comunitario. Inizia così un braccio di ferro cruciale per le sorti dell'Europa dei 27.Già perché quel decimale di differenza vale appena 1,6 miliardi di euro (in realtà lo sforzo che l'Europa chiede all'Italia è piuttosto modesto) ma a livello simbolico rappresenta uno spartiacque decisivo per l'Unione. Lo sanno bene anche a Bruxelles. Tant'è che a Palazzo Berlaymont hanno tentennato non poco prima d'inviare a Roma la lettera di richiamo, consapevoli del fatto che la missiva avrebbe aperto una partita che apparentemente riguarda solo l'Italia ma che a ben vedere ha una dimensione più internazionale. In gioco non c'è solo lo zerovirgola tricolore relativo al rapporto deficit/pil, ma tutti gli zerovirgola che il Patto di Stabilità contempla e per i quali i governi in difficoltà chiedono (o pretendono) sconti.Proprio per questo l'Unione non vuole arrivare a uno scontro frontale con Roma, tantomeno prima del 4 dicembre, giorno in cui si voterà il referendum costituzionale, ed essere così costretta a giocarsi ai rigori un match tanto importante. La missiva prevista dall'articolo 7 del regolamento che disciplina l'applicazione del Patto di Stabilità, in cui l'Ue non si limita a chiedere all'Italia di limare il deficit ma vuole anche chiarimenti sulle entrate una tantum, non pregiudica il giudizio finale sulla manovra. Giudizio che se negativo prevede l'apertura di una procedura di infrazione e che come stabilito dal regolamento potrebbe essere espresso già il 31 ottobre, ma che verosimilmente verrà scoccato solo dopo Natale. Proprio per non mettere in difficoltà il governo a ridosso di un referendum che in caso di vittoria del «no» rischia di spianare la strada ai cinquestelle.Dalla sua, Roma punta a mettere sotto scacco una volta per tutte la politica del rigore di stampo comunitario sfruttando a proprio vantaggio il momento di debolezza dell'Ue. Che da un lato avverte l'esigenza di far rispettare le regole per non deludere le aspettative dei Paesi più scrupolosi, ma dall'altro ha un disperato bisogno di trovare un compromesso con il governo Renzi ora che la sopravvivenza dell'Unione è tutt'altro che scontata e che in Italia persino gli europeisti più convinti incominciano a manifestare segnali di scontento nei confronti di Bruxelles.La strada del dialogo insomma rimane aperta e un accordo è ancora possibile. Purché quel miliardo e mezzo che l'Italia punta a strappare con un deficit al 2,3 per cento non faccia franare anche gli altri paletti comunitari sui conti pubblici.