Tra revisioni ritardate e aggiornamenti al Documento di economia e finanza, il prodotto tricolore in questi giorni non è stato fermo un attimo. Prima l'Istat ha corretto il Pil del 2014, più alto di ben 4 decimi. Poi ha tagliato quello del 2015 di un decimale. Mentre ora il governo si appresta a ridimensionare le previsioni di crescita per il 2016 (+1% anziché +1,2%). Ma secondo i previsori internazionali, tra cui il Fondo monetario internazionale, andrà anche peggio di così: per l'Fmi la crescita sarà dello 0,9%. In questo contesto, la vittoria del sì al referendum diventa ancora più determinante per le sorti di un esecutivo la cui credibilità dipende proprio dalle riforme. La credibilità rappresenta anche la moneta di scambio grazie a cui l'esecutivo conta di trovare in accordo con la Commissione europea necessari margini di bilancio per varare una Stabilità davvero in grado di dare una scossa al Prodotto interno lordo. La nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza dovrebbe indicare per quest'anno un deficit leggermente più alto del previsto (2,5%). Nel Def di aprile l'Italia si era impegnata invece a raggiungere nel 2016 un deficit del 2,3% e dell'1,8% l'anno prossimo. Facendo però ricorso alle circostanze eccezionali legate al rallentamento della crescita, al terremoto e alla spesa aggiuntiva per i migranti, il governo punta a ottenere da Bruxelles gli spazi per alzare il deficit rispetto agli obiettivi e portare a casa una manovra anti-austerity.