Gli inviati con la voce triste sono in loco. Una volta data la notizia hanno poco da dire, ma sanno che dovranno andare avanti molte ore per cui snocciolano ossessivamente gli stessi dati, aggiornano continuamente l'elenco dei morti e danno consigli alle popolazioni limitrofe: non andate nei luoghi del disastro perché bisogna lasciare libere le vie d'accesso. Dallo studio li lasciano parlare oltre ogni limite e prima che restituiscano la linea li pregano di avvertire nel caso ci fossero ulteriori novità. A metà mattinata il primo salvataggio in diretta. Le telecamere sono tenute lontane e non si vede niente fino al momento in cui il salvato non viene portato via e l'operatore seguirà la barella quasi volesse entrare nell'ambulanza. Arriva il primo politico che si tiene a distanza dalle tv per coordinare i soccorsi.Poi il dispaccio del presidente del consiglio che assicura che si faranno tutti gli sforzi possibili.Viene istituito un numero a cui mandare gli sms per aiutare la popolazioni coinvolte. Poi inizia tutto il teatrino sul popolo italiano che nel momento delle difficoltà fa quadrato ed è capace di stringersi intorno al valore della solidarietà. Che poi io vorrei capire in che nazione, di fronte ad una tragedia di questa portata, il "popolo" se ne sbatte riccamente. Poi è il turno dell'intervista al geologo: "no, non è possibile prevedere un terremoto", "bisogna investire sulla prevenzione", "in altri paesi un sisma del genere non avrebbe fatto centinaia di morti".Qualche altra vittima verrà salvata in diretta e poi c'è la costruzione delle tendopoli e le interviste alle vittime: "abbiamo perso tutto". Non ho mai capito il perché di queste interviste (peggio mi viene in mente solo quando ai parenti di una vittima di un efferato delitto chiedono se sono disposti a perdonare), forse bisogna tenere incollati gli spettatori al video per vendere prodotti reclamizzati dagli inserzionisti e poi qualche servizio sugli sciacalli, pochi per la verità.Un'intervistatrice chiede, dandogli del tu, a Mohammed (un richiedente asilo che si è offerto come volontario) se è disposto a cedere il suo posto in albergo a qualche vittima ed andare in tenda.Continuerà così ancora per qualche giorno, diciamo fino ai funerali tenuti dal vescovo, poi necessariamente le dirette h24 inizieranno ad occuparsi anche di altro e la notizia a scivolerà indietro nei Tg.Mi ha sempre colpito il meccanismo per il quale queste tragedie perdano d'importanza mediatica.Il caso più eclatante che ricordi fu lo Tsunami nel pacifico del 2004. Un numero di morti incalcolabile. Avvenne il 26 dicembre e da principio le immagini erano solo quelle dei grandi network internazionali, poi arrivarono gli inviati dall'Italia. Una volta chiarita la sorte dei nostri connazionali, la notizia aveva perso "appeal", eppure vista l'enormità della tragedia e complici anche le ferie natalizie in cui la politica reduce della fatiche del varo della legge di stabilità (o era ancora la finanziaria?) non se ne usciva più. A "salvare" le redazioni avvenne il "provvidenziale" disastro ferroviario di Crevalcore si poteva dare in pasto al pubblico le immagini del treno interregionale che dopo lo scontro con un treno merci era ridotto ad un cumulo di macerie da cui si ergeva ciò che restava della carrozza centrale conficcata nel terreno in verticale.Perché vi racconto tutto questo? Perché in realtà io di tutto ciò non ho visto niente. Sono stato un cultore della televisione dal '90, poi nel 2001 mi persi quello che Karl Heinz Stockhausen definì «la più grande opera d'arte d'arte possibile dell'intero cosmo»: l'undici settembre. Ero nella giungla in Thailandia seppi della notizia solo dodici ore dopo e così maturai la convinzione che avendo perso quell'evento, non avrebbe più avuto senso seguire maniacalmente il mondo delle news. Restava solo una cosa che non avevo visto: l'elezione del Papa. L'ultima volta che era successo avevo cinque anni e la comunicazione di Paolo Frajese della fumata bianca apparteneva ad una paleo televisione che non esisteva più.Cosi dal due al diciannove aprile 2005 sono rimasto incollato il più possibile alla TV, cercando di vedere Vespa e tutti i suoi affini, le schede dei papabili, i pronostici e quant'altro. E' stato meglio di come avessi immaginato in tutti i miei migliori sogni. Poi sono scivolato nel conformismo e ho deciso che non avrebbe più avuto senso continuare a possedere una TV e me ne sono disfatto. Ho scelto la "disinformazione felice", e se le cose anche in questa tragedia sono andate come ho raccontato forse ho fatto la scelta giusta.