Per tutta la prima metà degli anni Sessanta l'estate italiana ha coinciso con la sua colonna sonora. Un clima sospeso, gioioso, percepibile da una qualsiasi di quelle canzoni: "Per quest'anno non cambiare / stessa spiaggia stesso mare / per poterti rivedere / per tornare per restare insieme a te / e come l'anno scorso / sul mare col pattino / vedremo gli ombrelloni / lontano lontano?". Oppure: "Sapore di sale / Sapore di mare / Che hai sulla pelle / Che hai sulle labbra / Quando esci dall'acqua / E ti vieni a sdraiare / Vicino a me / Vicino a me?".Non c'erano ancora i successivi tormentoni, ma la ripetizione in spiaggia, sulle auto, in casa, al bar, di quelle canzoni era onnipervasiva.È l'atmosfera celebrata magnificamente da Il sorpasso di Dino Risi, del 1962. "Nella Roma deserta di un ferragosto qualunque", esordiva il film e in uno scenario di città deserte, code interminabili sulle strade delle vacanze e spiagge stracolme, era un continuo di brani frizzanti e leggeri come Pinne fucile ed occhiali e Guarda come dondolo di Edoardo Vianello e St. Tropez Twist di Peppino di Capri. Del resto fino al '65 tutte le estati erano segnate da quei ritmi e da quelle sonorità: Sapore di sale di Gino Paoli, Legata a un granello di sabbia di Nico Fidenco, ma anche Ritornerai di Bruno Lauzi, Stessa spiaggia, stesso mare di Piero Focaccia,  Abbronzatissima e I Watussi, sempre di Vianello, Sei diventata nera dei Los Marcellos Ferial?Ed ecco che, improvvisamente, cinquant'anni fa si verifica il giro di boa, la rottura con quelle atmosfere gaudenti, leggere e spensierate. S'annunciano tempi nuovi e cambia quindi anche la colonna sonora estiva. S'impone, anche in Italia, l'estate beat. "L'onda lunga del beat - annota Alberto Tonti nel suo Ballarono una sola estate (Rizzoli, 2007) - arriva dall'Inghilterra e porta con sé musica, moda, neologismi, visioni alternative (a volte confuse) del senso della vita. Una rivoluzione globale alla quale si somma la canzone di protesta americana che aggiunge tematiche diverse, ma anch'esse nuove di zecca".Il veicolo di trasmissione delle nuove sonorità è, senza dubbio, Bandiera gialla, la trasmissione radiofonica di Arbore e Boncompagni "severamente vietata ai maggiori di anni 18", in onda dall'anno precedente ogni sabato per 50 minuti, la quale introduce in Italia una musica che da noi non s'era mai sentita. E in quel '66, già a Sanremo, pur nella tradizione, si erano affermate tematiche nuove: Il ragazzo della via Gluck di Celentano, Nessuno mi può giudicare cantata da Caterina Caselli, Pafff... bum (l'originale era siglata The Yardbirds) interpretata da Lucio Dalla. E proprio il futuro cantautore bolognese, con il paroliere Sergio Bardotti e il critico e autore di canzoni Piero Vivarelli, stilano a sei mani il Manifesto del Beat italiano. "Oggi non basta più - scrivono - saper scrivere o interpretare una canzone: bisogna vedere come. Noi attingiamo alla tradizione ma non la rispettiamo. Una tradizione è valida solo quando si evolve, altrimenti interessa i musei. Nel 1966 il nazionalismo musicale è un nonsenso sia da un punto di vista storicistico che dello stile. Prima - concludono - che qualcun altro ce lo dica, riconosciamo subito da soli la necessità di aderire a quella tendenza che, partendo da Ray Charles, passa attraverso i Beatles e Bob Dylan".Non appena il Manifesto viene dato alle stampe e circola ottiene subito l'adesione di Caterina Caselli, Sergio Endrigo, l'Equipe 84, i Ribelli, Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. La vecchia "canzone all'italiana" va allora in archivio. Non a caso, proprio in quei giorni, l'allora giovane cantautore Francesco Guccini - ispirandosi a una celebre copertina di Time che ad aprile riportava il titolo "Is God Dead? " (oltre che ad alcuni versi di Eliot e di Ginsberg) - scrive Dio è morto, una canzone che quelli dell'Equipe 84 non se la sentono di incidere e che arriverà solo l'anno successivo cantata dai Nomadi. E se Fabrizio De André in quegli stessi giorni è intento a mandare sul mercato il suo primo album - Tutto Fabrizio De André - in cui riunisce successi degli anni precedenti come La canzone di Marinella o La guerra di Piero, il lavoro di questi due cantautori è per ora un fatto d'élite, destinato a esplodere solo qualche anno dopo.Ciò che invece diventa subito di massa (quindi di successo in radio, suonato quasi ossessivamente nei mangiadischi e nei juke-boxe) è il nuovo fenomeno delle "cover" beat di quelli che vennero chiamati i "complessi" (non si usava ancora il termine band). Al Cantagiro spopolano, infatti, l'Equipe 84, i Rokes, i New Dada, i Camaleonti, i Nomadi e i Corvi. Ricordiamoci che è l'estate in cui trionfano Michelle e The Yellow Submarine dei Beatles e in cui, proprio in Italia, i Rolling Stones partecipano al Festivalbar cantando in italiano As Tears Go By  ("Con le mie lacrime"). E in questo clima al Cantagiro è la valanga delle cover: infatti Io ho in mente te dell'Equipe 84 è la versione italiana di You Were On My Mind di Crispian St. Peters, Ma che colpa abbiamo noi dei Rokes quella di Cheryl's Going Home di Bob Lind, Come potete giudicare dei Nomadi quella di The Revolution Kind di Sonny Bono e Un ragazzo di strada dei Corvi quella di I Ain't No Miracle Worker dei Brogues. L'Equipe 84, poi, quell'estate lancia anche la cover di Bang Bang di Sonny and Cher.Sul piano del costume giovanile, quella del '66 è del resto l'estate dell'autostop come fenomeno crescente e, addirittura, degli adolescenti che scappano da casa. "Le fughe - ha annotato il compianto Gianni Borgna in Il tempo della musica (Laterza, 1983) - si erano venute moltiplicando in quell'estate del '66, la prima estate beat italiana, la prima vacanza in cui faceva furore, riservato ai giovani che avevano meno di vent'anni, il mondo variopinto e sorprendente dei capelloni, le loro musiche, i loro idoli, la loro moda vistosa e il loro proclamato edonismo. Ma si trattava ancora di una fuga da vacanza, una specie di ultima versione del viaggio in autostop fino a Capo Nord, con lo zaino in spalla?".D'altronde, in quella stessa estate, sul piano internazionale, esplode il mito californiano con un successo come California dreamin' di John Phillips, cantata da The Mama's and The Papa's. Brano che, tradotto da Mogol, diventerà in Italia un successo - un vero e proprio tormentone - dei Dik Dik: Sognando la California. E in quell'estate beat si svolge anche il terzo Festival delle Rose a Roma, una rassegna della nuova musica di protesta e dove si afferma C'era un ragazzo (che come me amava i Beatles e i Rolling Stones)  composta e cantata da Mauro Lusini. In questo caso però, come è successo spesso nella storia della musica popolare (Elvis Presley che canta Blue Suede Shoes di Carl Perkins o Bob Dylan che canta Mr. Tambourine Man dall'arrangiamento di Dave Van Ronk) sarà Gianni Morandi (che nello stesso anno trionfava con La fisarmonica) a innamorarsi della canzone, a inciderla e a portarla a un clamoroso successo. Un successo che, qualche anno dopo, farà in modo che lo stesso brano verrà cantato e inciso in italiano anche da Joan Baez?Insomma, la musica dell'estate è davvero cambiata in quel 1966. Dal disimpegno del primo boom economico sulle note di Vianello e Nico Fidenco nel '66 si passa al beat all'italiana e al Gianni Morandi contro la guerra del Vietnam. E non a "caso" l'anno che si era aperto con il "caso" La Zanzara al liceo Parini di Milano, il giornaletto studentesco che pubblicava la prima "scandalosa" inchiesta sulla sessualità giovanile, si concluderà simbolicamente con la grande mobilitazione degli studenti di tutta Italia per salvare i beni di Firenze dall'alluvione dei primi di novembre. Il giro dei boa dei Sessanta annunciava il protagonismo giovanile e la contestazione studentesca di due anni dopo.