La notizia è da salutare positivamente ma anche da capire e scomporre per meglio comprendere cosa realmente sta avvenendo nel nostro Meridione:traino della crescita è l’ agricoltura con un più 7%. Crescono anche se molto meno il turismo, il commercio e l’edilizia. Sostanzialmente fermi l’industria, la ricerca ed i servizi.A<+tondo_giust> questo punto c’è da aspettare la relazione Svimez di fine luglio per capire meglio il senso delle cifre.Il Sud ha perso rispetto al 2007, anno di inizio crisi, ben 13 punti di Pil. Il dato Istat segna una timida inversione di tendenza ma a tale ritmo di sviluppo le regioni meridionali dovrebbero aspettare il 2028 per ritornare ai livelli del 2007.Inoltre, con questi dati pur positivi, si potrebbe raggiungere la media di pil nazionale intorno al 2300 mentre per agganciare il Nord Est dovremmo aspettare il 2400.Comunque, resterebbe sempre da superare il grave problema dei servizi, dalla sanità ai trasporti, settori in cui il gap resta serio e grave.Infine i dati ci dicono in maniera cruda che il Sud cresce meno alle aeree sottosviluppate di Spagna e Portogallo e mentre alcuni Paesi dell’Est Europeo, come la Polonia, registrano una crescita intorno al 5%!Detto questo il risultato Istat è decisamente incoraggiante.Perché cresce l’agricoltura?Sicuramente l’abbattimento dei tassi di interesse sui piccoli risparmi hanno spinto molti minuscoli risparmiatori ad investire in aziende agricole di modestissima entità. Quasi una garanzia contro la miseria estrema.Inoltre i giovani che non intendono emigrare trovano, quasi come unico sfogo, la via degli antichi poderi.Entrambi questi fatti sono altamente positivi e smentiscono ancora una volta la bugiarda leggenda dei meridionali infingardi ed oziosi.L’unico elemento negativo e che, nonostante le esperienze positive diffuse in altre parti di Italia, nel Sud la formazione delle grandi aziende cooperative resta un traguardo da raggiungere.Perfettamente spiegabile invece l’incremento, pur modesto, del turismo dal momento che quasi tutti i paesi del Mediterraneo sono diventati off limits.Restano aperte alcune questioni come la mancanza di infrastrutture e una politica di valorizzazione dell’immenso patrimonio artistico e culturale diffuso in ogni regione meridionale.Il ministro Poletti ha ascritto il lieve aumento di produzione al Sud alle “riforme” (quali) del governo Renzi. Legittima rivendicazione ma da leggere come mera propaganda. Infatti appare arduo immaginare che l’ aumento della produttività nell’agricoltura sia attribuibile al Job Act, anche perché la media delle aziende agricole meridionali è inferiore ai dieci ettari e quindi sostanzialmente estranee alle “riforme” del governo. Inoltre, come è noto, l’agricoltura impiega largamente occupazione precaria e stagionale.Fa notare il professor Vittorio Daniele che la produzione agricola è soggetta a fluttuazioni annuali e che bisognerà vedere se l’aumento tenderà a stabilizzarsi.Per quanto riguarda l’offerta turistica è noto che le strutture ricettive al Sud sono caratterizzate da una diffusa rete di piccoli operatori ed, onestamente, non vedo alcun nesso tra costoro e le riforme del governo.Infine il cosiddetto master plan annunciato dal Renzi durante l’estate scorsa finora s’è rivelato poco più d’una trovata pubblicitaria.Il caso evidente è Gioia Tauro dove, dopo tanti annunci di rilancio, si parla di mettere in cassa integrazione di ben 490 lavoratori.Il Sud molto prima che di soldi avrebbe bisogno di essere parte di una strategia nazionale di sviluppo anche perché il sottosviluppo non è stata una calamità bensì il frutto di precise scelte dei governi nazionali che si sono succeduti dal dopoguerra ad oggi.Le nostre regioni meridionali possono rappresentare la naturale grande piattaforma per sviluppare l’interscambio con il Nord Africa e verso il Medio Oriente ma il Sud non attira investimenti né interni né internazionali. Questo spiega perché, salvo qualche isola felice, l’industria non decolla, la ricerca inesistente, ed il sano sviluppo di cui il Meridione avrebbe bisogno è ancora lontano.