«Questo è il sogno di Gianroberto Casaleggio» dice entusiasta Luigi Di Maio presentando a Roma la piattaforma Rousseau, il dispositivo telematico che dovrebbe garantire nel movimento Cinque stelle la democrazia diretta e prefigurare il futuro sistema di governo del paese. Qualche giorno prima Beppe Grillo, il garante del movimento, sempre restando in tema di procedure decisionali telematiche aveva parlato, a proposito del caso Pizzarotti, il sindaco di Parma sospeso dal partito perché raggiunto da un avviso di garanzia, di un algoritmo per le espulsioni. «Leggete in questi giorni che noi ogni tanto mandiamo via qualcuno ecco, noi vorremmo fare esattamente il contrario: se eleggiamo qualcuno nei Cinquestelle lo mandiamo via subito, poi man mano che segue il programma lo ammettiamo nel Movimento». “Una battuta” hanno chiarito poi dal direttorio, chissà…Rousseau comunque segue la stessa logica ingegneristica dell’algoritmo che ha in mente il garante del movimento, ma è il poliziotto buono del grillismo: non serve per espellere ma per includere, crea partecipazione democratica. C’è una funzione nel sistema ideato da Casaleggio che si chiama Lex iscritti che consente a tutti gli iscritti al sito del movimento di proporre leggi che saranno valutate dai parlamentari cinquestelle. Le proposte di legge giudicate coerenti e non in contrasto con le politiche dei pentastellati, oltre che non anticostituzionali, verranno poi messe in votazione tutte assieme: le due che prenderanno più voti avranno la possibilità di arrivare in Parlamento.Alcune proposte di legge verranno messe in votazione: la prima e la seconda più votata andranno avanti nell’iter che prevede l’affidamento a un tutor, ovvero un eletto 5 stelle che accompagnerà il cittadino ad articolare una proposta di legge. «È la nostra idea di governo del paese, di democrazia partecipativa» dice il Direttorio.Casaleggio era un grande ammiratore di Rousseau, ma Rousseau non era un grande ammiratore della democrazia liberale. Gaetano Salvemini nel suo saggio sulla Rivoluzione Francese aveva parlato di «infiltrazioni totalitarie» nella teoria politica del filosofo di Ginevra: lo insospettivano quelle tirate sulla società perfetta e l’unanimità infallibile. Una vera democrazia, polemizzava Salvemini, si ha nel caso che «la maggioranza abbia il diritto di governare ma abbia il dovere di rispettare nella minoranza il diritto di critica e quello di diventare alla sua volta maggioranza». Invece per Rousseau le minoranze hanno solo il diritto di essere illuminate dalle ragioni della maggioranza, anzi dalla Ragione della maggioranza. Il popolo è solo «una moltitudine cieca, la quale spesso non sa ciò che vuole, perché raramente conosce quel che è bene per lei».Ma se la massa popolare è schiava dei particolarismi come potrà mai farsi largo la Volontà generale di cui parla Rossueau? Servono due condizioni, spiega paziente il filosofo: la prima è che non devono esistere partiti o associazioni ad alterare il giudizio dei singoli con la loro propaganda e con il loro servire interessi particolari; la seconda, ancora più esiziale, è che deve esistere una guida, il famoso “legislatore”, un novello Licurgo, che sappia educare, o meglio rieducare gli uomini, alle virtù. Una guida capace di modificare la natura degli uomini, che sappia raddrizzare il legno storto del vizio e dell’ignoranza, in grado di condurre le singole volontà alla Volontà generale illuminata dalla Pura Ragione. La quale naturalmente è quella del legislatore stesso e del suo padre teorico, ossia dello stesso Roussuau. Dopo adeguata profilassi e pedagogia, i cittadini saranno dunque in grado di esprimere la Volontà generale espressione della Verità, rinvenuta dalla Pura Ragione.Tuttavia il sistema di Rousseau pone un problema logico, un’aporia si direbbe nel gergo filosofico: se esiste una Volontà generale deve esistere anche una volontà particolare a cui quella, per definirsi, deve contrapporsi. Ora questa volontà particolare, espressa dai residui della società ancora non guadagnati alla Verità della volontà generale, possono dissentire dalla maggioranza? Possono esprimere cioè la loro verità particolare? In altri termini la Verità generale potrà avere contraltari e oppositori legittimi dotati di diritto di critica? La risposta di Rousseau a tutte queste domande è semplice: ed è un rotondo, definitivo “No”. No, perché chi disgraziatamente dovesse vagare ancora nel regno umbratile delle false opinioni rispetto alla luce della Verità generale non dovrà reificare il suo errore presumendolo da una verità personale piuttosto dovrà ammettere d’essersi sbagliato, riconoscendo la Verità vera – quella generale -e rinnegando la Verità falsa – quella particolare. Falsa perché particolare.Dissentire dalla maggioranza insomma proprio non è possibile. E’ un errore e l’errore, nell’idea di società matematizzata che ha in mente lo svizzero Rousseau, non ha diritto di farsi largo attraverso l’arma della persuasione, magari per volgere la minoranza in maggioranza e modificare le leggi dello Stato. E questo perché le leggi sono già perfette, e sono perfette perché sostenute dalla volontà generale alla cui coscienza il legislatore ha guidato le masse ispirandosi alla Ragione Pura. «Perché dunque questo patto sociale non sia una formula vana – spiega Rousseau rispondendo esaurientemente alle nostre domande - esso implica tacitamente questa obbligazione, che sola può dare forza a tutte le altre: che chiunque rifiuterà di obbedire alla volontà generale, vi sarà costretto da tutto il corpo».Ma si tratta di una costrizione a fin di bene – avverte Rousseau - che dovrebbe essere accettata di buon grado da chi versa nella necessità di essere rieducato: «Ciò non significa altro se non che lo si costringerà ad essere libero; poiché questa è la condizione che, dando ogni cittadino alla patria, lo garantisce da ogni dipendenza personale; condizione che costituisce il meccanismo e il giuoco della macchina politica, e che sola rende legittime le obbligazioni civili, le quali senza di ciò sarebbero assurde, tiranniche e soggette ai peggiori abusi». Rousseau era insomma animato dalle più nobili intenzioni tuttavia è noto come il viatico per l’inferno sia lastricato proprio da questi pii impulsi: «Da Robespierre a Babeuf, da Buonarroti a Saint-Simon, da Fourier a Marx, da Mussolini a Hitler, da Lenin a Stalin – chiosava Luigi Einaudi in una delle sue prediche inutili dedicata al pensiero di Rousseau e alla critica del totalitarismo - si sono succedute le guide a insegnare ai popoli inconsapevoli quale era la verità, quale era la volontà generale, che essi ignoravano: ma che una volta insegnata e riconosciuta, i popoli non potevano rifiutarsi di attuare».Anche perché la Volontà generale è sempre retta: «e tende sempre alla pubblica utilità – ci dice ancora Rousseau nel suo manifesto ideologico, Il Contratto sociale - ma da ciò non consegue che le deliberazioni del popolo abbiano sempre la stessa rettitudine. Si vuole sempre il proprio bene, ma non sempre lo si vede». Sarà dunque la volontà generale a rischiarare l’orizzonte di chi è moralmente miope. Ne consegue che per l’interesse privato e individuale nella società di Rousseau non c’è nessuno spazio: non c’è motivo che la convinta adesione alla Volontà generale di un singolo individuo possa essere messa a rischio da idee errate, che lo confonderebbero.A questo fine nobile Rousseau immagina l’abolizione delle associazioni di cittadini: «Quando sorgono delle consorterie, delle associazioni parziali a spese della grande associazione, la volontà di ognuna di queste associazioni diventa generale nei confronti dei suoi membri e particolare nei confronti dello Stato. Si può dire allora che non vi sono piú tanti votanti quanti sono gli uomini, ma soltanto quante sono le associazioni. Le differenze divengono meno numerose e danno un risultato meno generale. Infine, quando una di queste associazioni è così grande da superare tutte le altre, non si ha più come risultato una somma di piccole differenze, ma una differenza unica; non vi è più allora una volontà generale, e l’opinione che ha il sopravvento non è che una opinione particolare. Occorre quindi, per avere l’espressione vera della volontà generale, che non vi sia nello Stato alcuna società parziale».La prescrizione per cui i votanti devono essere quanti sono gli uomini elimina la possibilità che gli individui possano associarsi in corpi intermedi e implica il principio per cui l’individuo è libero solo nella misura in cui aderisce alla volontà generale espressa dalla maggioranza guidata dal Legislatore, colui che conosce la Verità. Sta infatti al Legislatore «togliere all’uomo le sue risorse e dargliene invece delle nuove a lui estranee e tali da non potere essere sfruttate senza l’aiuto di altri uomini. Quanto più queste risorse naturali sono annientate, tanto più grandi e più durature sono quelle che l’uomo acquista, e più stabili e perfette sono le nuove istituzioni, cosi che se ogni cittadino non è niente e non può fare niente senza gli altri, e le risorse acquisite dal complesso sono uguali o superiori al totale delle risorse di tutti gli individui, si può dire che la legislazione è al più alto grado possibile di perfezione». L’uomo nuovo di Rousseau è una creatura puramente, totalmente politica e procedurale: non ha, non può né deve avere fedeltà private, interessi parziali.Volendo dunque riassumere i capisaldi del pensiero politico di Rousseau dunque si può dire che esiste una specie di volontà generale oggettiva, che un Legislatore illuminato rispetto alle masse cieche intuisce ed elabora; ma perché questa Verità sia socializzata e si trasformi in realtà essa deve essere voluta da quelle stesse masse che non la conoscono. Dunque deve essere loro spiegata e se non la capiscono deve essere loro imposta, non per volontà di sopraffazione ma perché la volontà generale è latente nella stessa volontà del popolo che ancora non è giunta alla sua autocoscienza. Per maturare questa autocoscienza i singoli individui devono sottrarsi alle opinioni fallaci indotte da interessi parziali o fedeltà a gruppi intermedi della società: famiglia, associazione, aggregazione. Elementi di disturbo che vanno semplicemente eliminati dalla società, come Platone pensava di fare nella sua Repubblica con poeti e retori. Attraverso questo processo di semplificazione e unificazione si viene creando sempre maggiore armonia sociale e unanimità – il vero obiettivo di Rousseau – e per successive e progressive tappe il popolo unanime sarà il legislatore di se stesso, avendo raggiunto nell’unità la luce della Pura Ragione incarnata dalla Volontà generale. Ma chi stabilisce che cosa è la Volontà generale? Rousseau parla del legislatore e del popolo. Ma sono termini astratti, perché chiunque abbia una considerazione sufficientemente forte della verità delle proprie idee – come lo stesso Rousseau - potrebbe presumere di essere il legislatore destinato. E in effetti così avverrà storicamente Jacob Telmon nel suo fondamentale: Le origini della democrazia totalitaria faceva agevolmente notare: “Così Sieyès affermava che soltanto il Terzo Stato costituiva la nazione. I Giacobini restringevano il termine ancora di più, ai sans-culottes. Per Babeuf soltanto il proletariato costituiva la nazione e per Buonarroti solo quelli che erano stati formalmente ammessi alla comunità nazionale». Più tardi, come noterà Einaudi, vennero i Lenin, gli Stalin, gli Hitler e i Mussolini a presumere di incarnare la Volontà generale e la Pura Ragione e a volerla imporre all’interno corpo sociale. E’ la storia del sanguinario Novecento dei totalitarismi che si piccavano di essere le vere democrazie ma il fondamentalismo del pensiero unico non è cessato con la fine del millennio.Che altro è il pensiero unico economicista – il “turbo capitalismo” l’ha chiamato anni fa Edward Luttwak, non un pericoloso socialista – se non la cannibalizzazione del liberalismo politico da parte di un suo figlio degenere? Ma qui stiamo divagando. Il problema era Rousseau e la sua idea di società perfetta. Eravamo partiti dalla piattaforma lasciata in eredità da Gianroberto Casaleggio al movimento intitolata proprio al nome del filosofo ginevrino, di cui l’imprenditore milanese era avido ed entusiasta lettore. Non c’è motivo di dubitare delle nobili intenzioni di Casaleggio di voler trasformare l’imperfetta e corrotta democrazia italiana in un sistema di partecipazione diretta semplificato e aperto, anche se posto sotto il controllo di una filiera gerarchica di garanti, direttòri e supervisori (legislatori?) in possesso di una Verità superiore, oltre che della chiave d’accensione e della proprietà del sistema. Tuttavia, come abbiamo visto seguendo l’esito destinale del pensiero di Rousseau, certe idee, come dire, possono risultare un tantino pericolose. Anche se si è in buona fede. Anzi soprattutto quando si è in buona fede.