«Attenzione alle buche». Non sarà più la tipica raccomandazione da fare ad ogni automobilista che sfidi le strade di Roma e di molte arterie italiane, ma anche a chi quelle buche avrebbe dovuto coprirle. Stando ad una circolare del Ministero dell’Interno, infatti la responsabilità per il reato di omicidio stradale, nella sua forma non aggravata, ricade anche su chi si occupa «della manutenzione e costruzione delle strade e dei veicoli». In altre parole, l’Anas, i sindaci, i presidenti di Provincie e Regioni e anche le case produttrici di auto.Se i problemi tecnici delle singole vetture dovute a errori delle case produttrici sono un fenomeno più circoscritto, altrettanto non si può dire delle condizioni delle nostre strade. Guard rail montati male, segnaletica illeggibile o assente ma soprattutto asfalto rovinato e buche: tutte queste carenze strutturali possono far scattare l’incriminazione per omicidio stradale in capo ai vertici degli enti che dovevano occuparsi della manutenzione. A stabilirlo è una circolare interna diramata dal dipartimento della sicurezza pubblica del Viminale e destinata a Prefetture, Questure, Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza pochi giorni dopo l’approvazione del reato di omicidio stradale. Certo, si tratta di un atto ministeriale e dunque senza alcun valore normativo, tuttavia il documento ha piena efficacia sul piano interno dell’amministrazione ed è vincolante per tutti gli uffici subordinati al ministero. Dunque, nel caso di indagini per omicidio stradale, l’attenzione degli inquirenti sarà focalizzata non solo sul pirata della strada, ma anche sulle condizioni dell’asfalto e della segnaletica, per individuare se abbiano o meno giocato un ruolo nell’incidente.La circolare«Il reato può essere commesso da chiunque viola le norme che disciplinano la circolazione stradale. In virtù di tale previsione, il reato ricorre in tutti i casi di omicidio che si sono consumati sulle strade, anche se il responsabile non è il conducente del veicolo. Infatti, le norme del Codice della Strada disciplinano anche comportamenti posti a tutela della sicurezza stradale relativi alla manutenzione e costruzione delle strade e dei veicoli», recita la circolare, con riferimento alla fattispecie prevista dal secondo comma dell’articolo 589 del codice penale, che disciplina l’omicidio colposo stradale.Non si tratta di una rivoluzione vera e propria. La Cassazione, infatti, si è già espressa sulla responsabilità penale dell’ente proprietario della strada, anche prima della riforma chi ha introdotto l’omicidio stradale. In particolare, nel 2012, ha confermato la condanna per omicidio colposo nei confronti di un amministratore provinciale, per omesso controllo sulle arterie stradali di competenza, in particolare sulla pulizia dei fossi adiacenti le carreggiate. L’acqua piovana accumulata, infatti, aveva provocato lo sbandamento e la morte di un automobilista che percorreva la strada provinciale. Eppure, dopo la circolare l’auspicio è che amministratori pubblici e Anas siano spinti a correre ai ripari, almeno nei casi più eclatanti di dissesto. Anche perchè la pena per il reato è esemplare: da due a sette anni di reclusione.L’omicidio stradaleLa nuova fattispecie, prevista dall’articolo 589 bis del codice penale, è stata approvata nel marzo di quest’anno e ha introdotto nell’ordinamento una figura autonoma di reato. La norma prevede pene detentive più severe (fino a 12 anni di reclusione, che diventano 18 nel caso di più vittime) rispetto all’omicidio colposo, che aumentano nel caso in cui il guidatore abbia causato l’incidente perché sotto effetto di alcool o droga, se guidava oltre i limiti di velocità consentiti o se ha compiuto manovre azzardate. Inoltre, è previsto il raddoppio dei termini di prescrizione e l’arresto obbligatorio in flagranza, nei casi più gravi.La norma ha sollevato le proteste dell’Unione Camere penali, che l’ha definita un «arretramento verso forme di imbarbarimento del diritto penale». Secondo i penalisti, infatti, l’omicidio stradale era già previsto come reato e pene così elevate sono assolutamente inconcepibili «per un fatto qualificato come colposo». Inoltre, la nuova previsione sembra istituire una sorta di «presunzione di colpa» in capo al guidatore, eliminando la verifica caso per caso se le droghe o l’alcool siano effettivamente in rapporto di causalità con l’evento del reato.