Poteva avere un lieto fine il contenzioso politico e legale tra la candidata al Campidoglio Virginia Raggi (M5s) e i tre attivisti romani pentastellati espulsi poco prima delle Comunarie per “infedeltà”. E invece la battaglia rischia di inasprirsi ulteriormente. Perché nonostante il Tribunale di Roma abbia accolto il ricorso dei militanti sbattuti fuori, disponendo almeno il reintegro nel “partito”, «ancora nessuno ha eseguito l’ordine del giudice, il Movimento non ci ha ancora restituito le credenziali», dice l’avvocato Paolo Palleschi, uno dei tre ex grillini allontanati perché considerato vicino alla Lega Nord. «In questi anni mi hanno accusato di essere dell’Opus Dei, del Pd, della Lega, di Casapound e non ricordo più di che altro. Eppure mi criticarono molto quando pubblicamente mi schierai a favore dell’abolizione del reato di clandestinità. Come fanno dirmi ora che sono vicino alla Lega? ». Polemiche a parte, Palleschi adesso pretende di essere subito riammesso al portale come disposto dal Tribunale: «Se dovesse perdurare questa inerzia, saremo costretti a procedere con un’esecuzione forzata con le modalità previste dal codice civile», spiega. «Ma mi auguro che non si arrivi a questo, anche perché sarebbe un paradosso: una forza politica che parla di legalità e non esegue l’ordine di un giudice».A gettare benzina sul fuoco ci pensa Beppe Grillo in persona che il 21 aprile durante uno dei suoi spettacoli romani ha definito «gente sporca dentro» i candidati esclusi dalle Comunarie. Prendendo di mira un espulso in particolare: il professore universitario accusato di negazionismo Antonio Caracciolo. «Per lui l’olocausto era un bed and breakfast», ha detto il leader 5 stelle nel corso della kermesse. «Non sta a me difendere il professor Caracciolo», ribatte Paolo Palleschi, «io posso parlare per me, e sentirmi definire “sporco dentro” lo trovo vergognoso. Sto valutando seriamente l’ipotesi di sporgere querela a breve». Del resto Beppe Grillo, durante i suoi show, spesso si lascia scappare parole di fuoco. Solo due giorni fa, da Catania, ha accusato pesantemente i giornalisti che avevano dato addosso a Casaleggio: «Tutti quelli che gli hanno fatto gli editoriali dopo la morte, lui li aveva querelati. Gianroberto è morto per colpa di quegli articoli», sono le dichiarazioni del comico riportate dai quotidiani Repubblica e La Sicilia. «Io capisco che determinate frasi, pronunciate nel corso di uno spettacolo, possano avere poco valore, ma qui siamo oltre il diritto di satira», dice l’espulso Palleschi riferendosi agli insulti caduti sulla sua persona. E annuncia la possibilità di procedere legalmente anche per chiedere la ripetizione delle Comunarie. Lasciando aperto però spiraglio al dialogo: «Qualora, per ragioni politiche, questo non fosse possibile, chiederei almeno il minimo sindacale: un pubblico riconoscimento dell’errore commesso». Il rischio è un nuovo polverone in piena campagna elettorale.