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In tutto il mondo il 24 gennaio si celebra la giornata dell’avvocato in pericolo. Una data che intende ricordare il massacro di Atocha, avvenuto a Madrid del 1977. Il 24 gennaio di quell’anno vennero uccisi nella capitale spagnola cinque avvocati esperti di diritto del lavoro. Era il periodo della transizione dalla dittatura franchista alla democrazia. Oggi si intende continuare ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle minacce, sulle violenze, e in molti casi, purtroppo, sugli omicidi di avvocati in diverse parti del mondo e nei cinque continenti. Avvocati considerati “colpevoli” per il solo fatto di aver esercitato in maniera indipendente e autonoma la professione forense. Donne e uomini in toga che si battono per la difesa dei loro assistiti nel quadro del rispetto dei diritti fondamentali e del giusto processo, così come previsto dalle convenzioni internazionali.
«È fondamentale – evidenzia Vittorio Minervini, consigliere Cnf e vicepresidente della Fondazione dell’avvocatura italiana - dare massimo risalto alla giornata internazionale dell’avvocato in pericolo. Il nostro impegno parte da lontano. C’è un filo rosso che lega diverse iniziative dell’avvocatura istituzionale, organizzate già lo scorso anno. Penso alla giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nel 2024 la giornata dell’avvocato in pericolo è dedicata all’Iran per porre ulteriormente all’attenzione dell’opinione pubblica le condizioni in cui versa questo Paese anche in tema di rispetto delle donne nella società. Le donne avvocate, come Nasrin Soutoudeh, sono l’emblema dell’affermazione dei diritti in determinate realtà».
Avvocato Minervini, il ruolo di chi indossa la toga è rilevante non solo nelle aule di tribunale. Colpire un avvocato significa anche indebolire la democrazia?
Partirei da una premessa. Noi viviamo in una parte del mondo con democrazie fondate sulla libertà, sull’uguaglianza e sulla libera espressione del pensiero. Abbiamo una codificazione, delle leggi e abbiamo, soprattutto, un processo. È il processo che regola l’attività giudiziaria con i giudici che sono, salvo eccezioni, effettivamente indipendenti. Quello del processo è il tema più interessante per quanto riguarda l’avvocato, soggetto che si contrappone alla potestà punitiva dello Stato e che difende i diritti. La prima esigenza, dunque, è quella di avere un giusto processo. Da qui ci colleghiamo all’importante giornata del 24 gennaio. Le violazioni della libertà nei Paesi dispotici sono sempre caratterizzate dalla negazione di un giusto processo. In Iran assistiamo ad una presenza invasiva del regime nella giustizia, con una magistratura asservita al potere centrale. La teocrazia iraniana, inoltre, mal sopporta che le giovani generazioni abbiano sollevato la testa. L’avvocato è l’effettivo testimone della possibilità dell’evoluzione dei sistemi giuridici.
La giornata vede impegnata l’avvocatura su scala internazionale. Un esempio molto confortante di coesione con obiettivi comuni. Cosa ne pensa?
L’avvocato, ricollegandomi a quanto detto prima, rappresenta il primo baluardo della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali nell’ambito di un determinato ordinamento. L’avvocato è il protagonista del primo momento della tutela del diritto in un giusto processo non, badiamo bene, in un semplice procedimento che arriva alla sua definizione. L’Oiad, l’osservatorio internazionale degli avvocati in pericolo, con sede a Parigi, costituito anche su impulso del Consiglio nazionale forense, ha inteso dare voce e supporto agli avvocati che non riescono a svolgere, in alcune parti del mondo, il loro lavoro in condizioni di sicurezza e ad esercitare il diritto di difesa. Si tratta della sublimazione dell’attività professionale. Sostenere un soggetto che sta esercitando il diritto di difesa rappresenta l’esaltazione dell’attività dell’avvocato. Mi faccia fare a questo punto un’ulteriore riflessione di carattere storico.
Prego, dica pure…
Abbiamo ritenuto, dopo il crollo del muro di Berlino nel 1989, che ci sarebbe stata la possibilità di esportare ovunque la democrazia. In verità, si volevano esportare il libero scambio e il mercato occidentale in altre parti del mondo. Tutto ciò, a mio avviso, ha rappresentato un fallimento, perché abbiamo voluto trasferire dei sistemi, che sono fondati su secoli di storia, in Paesi molto lontani da alcune esperienze epocali come la Rivoluzione francese e l’Illuminismo. Il fatto che non ci sia stata una condivisione dei principii fondamentali della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità ha determinato la mancanza di un passaggio decisivo. È mancata dunque la possibilità in alcuni Paesi di una autentica e libera interpretazione dell’attività dell’avvocato.
Non solo Iran. Grandi difficoltà vengono affrontate pure dagli avvocati di due Paesi in guerra dal 2022: Ucraina e Russia. Il 24 gennaio è l’occasione per riflettere su quanto accade nel “cuore dell’Europa”?
Certamente. Le storie di alcuni avvocati ucraini, che hanno deciso di difendere il loro Paese dall’aggressore russo, mi fanno venire in mente quanto accadde qui da noi con la Liberazione, durante la Seconda guerra. Nella mia città, Brescia, ci sono stati esempi molto commoventi di avvocati che hanno contribuito alla liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista. In Russia, con il sistema autocratico, in cui si vuole imporre una sola verità, l’attività dei difensori degli oppositori politici è molto complicata e pericolosa. Chi si contrappone all’applicazione di leggi ingiuste viene punito, perché non gradito ad un certo sistema di governo.