Del nobile “british” ha l’aspetto: viso spigoloso, spirito arguto e dissacrante; il gusto di “vedere” il bello del brutto, il buono del cattivo ( e viceversa). A tutti gli effetti Bertrand Arthur William Russell, nobile lo è: marchese, membro della camera dei Lord. Nato a Trellech, nel Galles, il 18 maggio 1872. Muore a Penrhyndeudraeth, un villaggio vicino Gwynedd, anch’esso nel Galles; è il 2 febbraio 1970, cinquant’anni fa.

Inquadrarlo non è facile: filosofo, ma anche logico matematico; autore di quasi un centinaio di saggi sui più vari argomenti; trova il tempo per dedicarsi alla letteratura: nel 1950 gli conferiscono il premio Nobel. Lo definiscono “profeta” della vita creativa e razionale. Definizione che gli calza a pennello.

Libertario, sostiene che il miglior governo debba essere una sorta di federazione mondiale tra comunità libere. Un’utopia che insegue tenacemente; meno isolato di quanto si può pensare. A medesime conclusioni arrivano altre personalità, per tutte, Thomas Mann.

Quando scoppia la prima guerra mondiale è tra quanti si oppone a che il Regno Unito entri in guerra. Per questo perde la cattedra al Trinity College di Cambridge, e viene incarcerato, colpevole d’essere “dissidente”.

Pacifista di un relativo pacifismo ( torna a suo onore, beninteso, che i dogmatismi, quali siano, sono sempre da aborrire): scoppiata la seconda guerra mondiale, inizialmente è fautore di una politica di appeasement; perfino disponibile a un dialogo con i nazisti. I fatti lo costringono a ricredersi: nel 1940, ammette che Hitler va combattuto con determinazione e risolutezza. Continua a credere che la guerra sia un male, ma in circostanze estreme ( il caso di Hitler, appunto), è il male minore. Posizione analoga per quel che riguarda Stalin.

Il suo può essere definito un socialismo democratico e riformatore; per un periodo è aperto sostenitore del Partito Laburista, approda a sponde fabiane. Giudica il marxismo un “sistema dogmatico”: un nemico della libertà, come il capitalismo senza freni.

A partire dagli anni ’ 50 con Albert Einstein è attivista delle campagne per il disarmo nucleare. Nel 1961 nuovamente processato, è condannato a due mesi di carcere. Il giudice concede, data l'età avanzata ( 89 anni), la libertà condizionale; a patto che prometta sul suo onore di adottare, per il futuro, un ' buon comportamento'. Rifiuta, e rinuncia al privilegio, come Pari d’Inghilterra, di essere arrestato senza l’autorizzazione della Camera dei Lords.

Scrive decine di libri, non saprei dire da quale Cominciare: da “I principi della matematica”, a “Socialismo, anarchismo, sindacalismo”; da “Cosa io credo” a “Saggi scettici”; da “Matrimonio e morale” a “Storia delle idee del secolo XIX” a… fermiamoci qui: prendete uno, e cominciate.

Un inglese fluente ed elegante, “musicale”, il suo: sia quando scrive, che quando parla; nelle private conversazioni, ma anche quando megafono in mano, “dialoga” con ragazze e ragazzi che potrebbero essere suoi nipoti: lui, vestito in modo inappuntabile; loro con “divise” chiassose e stravaganti, estasiati nell’ascoltare quel canuto più giovane di tanti di loro: divertito da quella festa di cosce impudicamente esibite, per nulla turbato dai primi “spinelli” passati di bocca in bocca.

Un personaggio, Russell, che ben avrebbe figurato in quella grande “galleria” descritta da un altro spirito acre e beffardo, George Bernard Shaw; negli ultimi suoi anni, “dona” il suo nome al Tribunale Internazionale contro i crimini di guerra: un organismo indipendente non giurisdizionale che fonda assieme a Jean- Paul Sartre nel novembre 1966; l’iniziale scopo è indagare sui crimini commessi dall’esercito statunitense durante la guerra in Vietnam; i resoconti di quelle “sedute” li si possono trovare nel volume “War Crimes in Vietnam”.

Inutile chiedersi se ci sia un “erede” del patrimonio ideale di Russell. Viviamo altri tempi, che pur non troppo lontani, da un certo punto di vista sideralmente lo sono. Altre situazioni, altri “contesti”, altri “testi”. Si pensi a un personaggio anche lui ammaliato dal socialismo fabiano, figlio legittimo di pragmatici come Gaetano Salvemini ed Ernesto Rossi, socialista e liberale, dunque “melanconico” radicale: Marco Pannella. Negli anni ’ 50 e ‘ 60 erano frequenti i contatti, le collaborazioni, con i movimenti che si richiamavano a Russell, come la War Resisters’ International, rete internazionale di associazioni antimilitariste con sede a Londra. Una nonviolenza pragmatica, quella di Pannella: negli anni ’ 60 partecipa attivamente alle marce per la Pace Perugia- Assisi ideate da Aldo Capitini; impone che il simbolo del Partito Radicale sia il volto di Gandhi; al tempo stesso, la notte di Natale del 1991, nei giorni più difficili della guerra di aggressione serba, Pannella e un gruppo di radicali si recarono ad Osijek: hanno ricevuto informazioni che a seguito della caduta della città martire Vukovar, Osijek rischia lo stesso destino; indossa la divisa croata, manifesta così il sostegno ai difensori croati nella Osijek sotto attacco.

Russell e Pannella: intervistato da Paolo Franchi per il “Corriere della Sera”, il 20 febbraio 1991, il leader radicale teorizza: “Perché i giovani sappiano, i vecchi ricordino e si cessi di ingannarli: il pacifismo in questo secolo ha prodotto effetti catastrofici, convergenti con quelli del nazismo e del comunismo. Se il comunismo e il nazismo sono messi al bando, il pacifismo merita di accompagnarli. Il disarmismo, l'antimilitarismo, la nonviolenza non sono omologabili al pacifismo. La linea che da Gandhi a Russell, da Luther King a Capitini, deve organizzarsi nel mondo. Il Partito radicale questo progetta e comincia ad attuare, in Italia e nel mondo. È impresa ragionevole. Nonviolenza e democrazia politica devono vivere quasi come sinonimi“.

La memoria, il ricordo, l’anniversario della morte di Bertrand Russell, per e cerchi concentrici, ci portano lontano e vicino al tempo stesso: “stranieri” di comunità sognate e desiderate; che chissà se avremo mai la ventura di conoscere e abitare. Mondi e persone di altri tempi; speriamo futuri ( non troppo futuri).