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È molto più che una riforma. La nuova legge francese sullo stupro ha il sapore di una piccola rivoluzione, perché rovescia un paradigma culturale e penale consolidato per includere il concetto di consenso nella definizione legale di violenza sessuale.
Il primo sì al testo è arrivato il 23 ottobre: l’Assemblea nazionale, camera bassa del Parlamento francese, ha approvato a larga maggioranza la proposta di legge firmata dalle deputate Marie-Charlotte Garin (Verdi) e Véronique Riotton (Renaissance) con 155 voti a favore e 31 contrari. I no per ora si contano solo a destra, tra le fila del Rassemblement National di Marine Le Pen. E il via libera definitivo, in programma per il 29 ottobre al Senato, ormai è una pura formalità. Anche se il percorso, fin qui, non è stato esattamente lineare.
Nato nel 2023, il progetto di riforma è stato reclamato a gran voce dal mondo femminista in risposta al caso di Gisèle Pelicot, drogata e stuprata a sua insaputa per anni da decine di uomini reclutati sul web dal marito. Il processo scaturito dalla sua denuncia è diventato un affare nazionale, e di più: un catalizzatore dell’indignazione internazionale. Che ha posto in primo piano il principio del consenso e quello di “sottomissione chimica”, per la vittima che si trovi nell’impossibilità di esprimere il proprio dissenso e di opporre resistenza fisica. Per l’effetto di sostanze somministrate con l’inganno o per lo choc, che può “paralizzare” chi subisce un’aggressione sessuale per il timore di subire ulteriori violenze.
Il concetto è semplice: l’assenza di un “no” non è automaticamente un “sì”. Ma la sua applicazione, e prima ancora la sua definizione penale, pone diverse difficoltà. Tali da rendere necessaria, in Francia, la revisione del testo approvato in prima battuta lo scorso aprile attraverso il lavoro di una commissione bicamerale costituita appositamente. Due le posizioni: i deputati insistevano per includere nella definizione di consenso la nozione di “circostanze esterne” (circonstances environnantes), mentre i senatori propendevano per una formula generica di “contesto”. Alla fine, si è optato per la sola parola “circostanze”, al plurale. E la soluzione, adottata nella stesura definitiva del testo base, ha permesso al Parlamento di raggiungere un ampio accordo. Che è anche un «piccolo miracolo», sottolinea Liberation, in tempi di grandi divisioni e polarizzazioni.
«Speriamo che le vittime possano ritrovare la fiducia nel sistema giudiziario e che questa legge conduca l’intera società verso una cultura del consenso», ha esordito in aula la relatrice dei Verdi Marie-Charlotte Garin. «Quando non è no, non vuol dire che sia sì», e «quando è sì, deve essere un vero sì, (...) cedere non sarà mai più acconsentire», ha sottolineato la deputata. Mentre la parlamentare macroniana Véronique Riotton ha ricordato che oltralpe «otto vittime su dieci non denunciano, rendendo lo stupro il reato meno denunciato in Francia».
Per la ministra delle pari opportunità Aurore Bergé, con questo testo si passerà dalla «cultura dello stupro» alla «cultura del consenso». Un cambio di prospettiva che ricorda una frase pronunciata dalla stessa Gisèle Pelicot e diventato subito uno slogan internazionale: «la vergogna deve cambiare lato», aveva detto la donna alludendo al timore diffuso che una denuncia possa condurre la vittima sul banco degli imputati, sotto coltri di stereotipi e pregiudizi che serpeggiano anche nelle aule di tribunale.
Il processo sugli stupri di Mazan ha spezzato quel assioma, ma soprattutto ha aperto una riflessione sul concetto di violenza insito nella legge. Nell’ordinamento francese, come in quello italiano, la definizione di stupro si fonda infatti sulla violenza intesa come forza “invincibile” o abuso di autorità, senza mai menzionare il consenso. Nonostante la Convenzione di Istanbul, che è il primo strumento internazionale e giuridicamente vincolante in tema di violenza di genere, imponga ai Paesi che l’hanno ratificata di tipizzare una fattispecie di reato fondata proprio sul consenso. Che va inteso “quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto”.
La Spagna, la Germania e il Regno Unito, con diverse sfumature, si muovono già in questo solco. E ora tocca alla Francia, che riscrive l’articolo 222-22 del codice penale, senza stravolgerlo, ma integrandolo. Il nuovo testo, infatti, definisce come aggressione sessuale ogni atto non consensuale, ma restano valide le quattro condizioni già previste, in caso di «violenza, coercizione, minaccia o sorpresa». Il consenso deve essere «libero e informato, specifico, preventivo e revocabile», deve essere valutato in base alle circostanze, come si è detto, e «non può essere dedotto unicamente dal silenzio o dalla mancanza di reazione della vittima».
Con il rischio, secondo i più critici, di burocratizzare le dinamiche sessuali, che saranno ridotte a un mero contratto scritto. «Una deriva morale e giuridica senza precedenti», tuona il Rassemblement National, per il quale «gli avvocati dovranno ormai dissezionare non più la violenza del colpevole, ma i gesti, le parole, il silenzio della persona che si dichiara vittima».


