PHOTO
Un proverbio libanese recita così: «Se vuoi un raccolto per un anno, pianta il grano; se vuoi un raccolto di dieci anni, pianta alberi; se vuoi un raccolto per cento anni, educa un popolo». Queste parole sembrano essere state adottate in pieno dall’esercito israeliano, impegnato in queste ore a smantellare la rete di Hezbollah in Libano. Sono più di 1.600 gli obiettivi colpiti a Beirut, nel Sud e nella valle della Bekaa, considerati una minaccia da Israele in quanto depositi di armamenti di vario genere. Inoltre, uno ad uno i vertici del Partito di Dio vengono eliminati. Ieri è stata la volta del comandante dell’unità missilistica, Ibrahim Qubaisi, che sarebbe stato ucciso in un raid sulla capitale libanese. Gli attacchi israeliani – sono state sganciate circa 2 mila bombe -, nonostante siano mirati, stanno provocando anche la morte di centinaia di civili, anziani e bambini compresi. La stima aggiornata sfiora le 600 vittime. Tra loro due membri dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati.
Ogni giorno che passa è un cerchio che si stringe sempre di più attorno al leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah. La sicumera che ostentava durante i suoi prolissi discorsi, alla presenza di centinaia di migliaia di militanti e simpatizzanti, potrebbe essere un ricordo, così come il tono minaccioso verso i nemici giurati, con in testa lo Stato d’Israele. Nasrallah è un uomo solo ormai, può contare sulla solidarietà a distanza dell’Iran ed è costretto a restare rinchiuso in qualche rifugio sotterraneo alla periferia Sud di Beirut.
Le infrastrutture militari della milizia sciita, secondo quanto riferito dal ministero della Difesa israeliano, sono state rese quasi del tutto inoffensive. L’arsenale costruito in vent’anni è stato distrutto e la Forza Radwan (l’esercito di Hezbollah) potrebbe essere stata ridotta a poche unità. Per dare la dimensione della presenza capillare sul territorio, compresi luoghi insospettabili, dei depositi di armi di Hezbollah le forze di difesa israeliane hanno pubblicato le foto di un missile a lungo raggio montato su un lanciatore idraulico e posizionato nella soffitta della casa di una famiglia libanese. Postazioni di questo tipo, secondo l’Idf, sono migliaia, soprattutto nel Sud del Libano e nella valle della Bekaa. «Questa - ha affermato Daniel Hagari, portavoce dell’Idf è un’ulteriore prova che Hezbollah ha trasformato il Libano meridionale in una zona di guerra». Tra le armi conservate nelle case ci sono, come ha spiegato sempre Hagari, «missili da crociera che possono raggiungere centinaia di chilometri, razzi pesanti con una testata da 1.000 chilogrammi, razzi a medio raggio che raggiungono una gittata fino a 200 chilometri, razzi a corto raggio e veicoli aerei senza pilota armati».
Anche ieri decine di migliaia di residenti nel Libano meridionale hanno abbandonato le proprie case. L’operazione militare di Israele si concentra soprattutto in questa parte del Paese dei cedri; troppo rischioso per gli abitanti continuare a vivere nell’imminenza di una offensiva terrestre. Tra l’altro, l’esercito israeliano, già a partire da lunedì, ha invitato i libanesi a trasferirsi altrove, inviando migliaia di messaggi sui telefonini. Inoltre, le scuole e le università resteranno chiuse per una settimana.
Le notizie che provengono dal Medio Oriente stanno catalizzando l’attenzione della 79esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, in corso a New York. Le maggiori preoccupazioni sono state espresse dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. «Il popolo del Libano, il popolo di Israele e il popolo del mondo – ha commentato Guterres - non possono permettersi che il Libano diventi un’altra Gaza. La comunità internazionale deve mobilitarsi per un cessate il fuoco immediato, il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi e l’inizio di un processo irreversibile verso una soluzione a due Stati». Parole durissime sono state pronunciate davanti all’Assemblea Onu dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, nei confronti di Israele in merito al conflitto a Gaza, strettamente correlato alle tensioni in Libano: «Come vi fu un’alleanza per fermare Hitler ora è necessario formare un’alleanza per fermare Netanyahu. Devono essere applicate misure di prevenzione, quanto prima. Israele si permette di compiere massacri perché sostenuto da un pugno di Paesi. Guardate le immagini di questi giorni, la fuga da Gaza, la gente che abbandona le proprie case e confrontatele con quelle degli ebrei che scappavano dai nazisti. Non c’è alcuna differenza».