Più che tutelare i diritti, la nostra giustizia rischia di premiare chi sfugge alle trappole del processo: è il paradosso segnalato dal presidente del Cnf Francesco Greco in un colloquio con l’agenzia “Italpress”, che fa il punto sullo stato delle riforme e sul rapporto fra governo e professione forense. «Noi avvocati siamo pronti a sederci e a discutere della riforma vera della giustizia», è la premessa. «Non rivendichiamo posizioni di privilegio: non esiteremo a metterci in discussione, ad assicurare tutto l’impegno necessario per contribuire all’efficienza del sistema giustizia. Ma a condizione che la stella polare della politica sia davvero questa: la consapevolezza che un sistema non improntato a un principio di efficienza è destinato fatalmente all’insuccesso».

Greco assicura: «Un processo giusto è il mio sogno». Ma aggiunge: «Purtroppo il dato con cui dobbiamo fare i conti è che in Italia la giustizia non funziona come dovrebbe, e proprio per questo non è giusta. Le recenti riforme, anche quella firmata dalla ex guardasigilli Marta Cartabia, purtroppo non consentono di realizzare davvero il giusto processo. Nella nostra Costituzione abbiamo introdotto il giusto processo, nonostante il principio dovrebbe essere scontato. Paradossalmente, il cittadino perde la causa non perché abbia torto o ragione, ma in virtù di una serie di insidie nascoste nel processo, che portano a una sentenza di un certo tipo piuttosto che alla sentenza giusta. Nel nostro sistema processuale è stata introdotta, anche dalla riforma Cartabia, una quantità enorme di insidie e trabocchetti. Soprattutto nel processo civile, vincerà chi non è incappato in una di queste insidie: questa è una cosa incredibile».

Ma il presidente del Cnf riconduce i vizi del sistema giudiziario italiano a quel deficit di efficienza citato all’inizio: «In tutti i sistemi avanzati, in tutti i settori dell’economia vige il principio della responsabilità e dell’efficienza: ebbene, nella giustizia questo principio non vale. Dell’inefficienza della giustizia, non risponde nessuno. Fino a quando non si introdurranno degli indici di valutazione dell’efficienza del singolo processo, la giustizia non potrà compiere passi avanti». Greco chiarisce di non riferirsi alla responsabilità civile dei magistrati: «È giusto che chi giudica abbia la serenità di poterlo fare, l’errore in buonafede non deve essere sanzionato. Ma rispondere a un principio di efficienza è necessario».

In ogni caso, il presidente del Cnf evidenzia come vi sia una interlocuzione costante tra l’istituzione dell’avvocatura e il governo. «Ancora in queste ultime ore ho avuto un incontro a via Arenula: dialoghiamo molto spesso con il Gabinetto del ministro, c’è una costante interlocuzione. Che poi si riescano a realizzare le modifiche da noi sollecitate, è un altro discorso». Anche con il neoinsediato Csm «c’è un dialogo avviato, ho già avuto contatti con il vicepresidente Pinelli per affrontare insieme diversi temi. Abbiamo incontrato la prima presidente della Corte di Cassazione per esprimere la disponibilità a un dialogo costante. Ci siamo confrontati con il presidente della commissione Giustizia alla Camera e abbiamo chiesto il riconoscimento, nella nostra Costituzione, del ruolo degli avvocati. La Costituzione contiene un principio fondamentale per ogni democrazia: il diritto di difesa. Noi auspichiamo di veder esplicitamente sancito che ogni cittadino ha il diritto alla difesa tecnica garantita, salvo eccezioni previste per legge, da un avvocato. È un principio di civiltà giuridica».

Greco ricorda: «Dobbiamo ritornare a mettere al centro del processo il cittadino: solo così si potrà migliorare il sistema giudiziario. Un sistema che mira all’attuazione vera della democrazia non può prescindere dai diritti dei cittadini. Purtroppo la nostra società comprime, spesso, i diritti dei cittadini e questo non assicura la salute della democrazia né l’attuazione del principio di libertà. Il nostro è un Paese libero, ma i diritti non trovano sempre attuazione piena. Se vogliamo veramente realizzare un principio vero di democrazia compiuta, dobbiamo riconoscere ai cittadini la possibilità di accedere alla tutela dei diritti senza difficoltà: oggi ci sono dei costi del processo altissimi. E poi, in Italia il numero dei magistrati è assai più basso che in altri Paesi europei: se si incrementa il numero dei giovani magistrati capaci, i tempi della giustizia si ridurranno». In conclusione, Greco definisce l’«avvocato ideale»: è colui che «comprende i problemi del proprio assistito e se ne fa interprete, ma che è anche indipendente: per esserlo, deve essere economicamente sereno. I diritti non sono merce: la mercantilizzazione dei diritti non la possiamo tollerare».