Nella sua recente sentenza n. 264/2022, pubblicata il 18 maggio 2023, il Consiglio nazionale forense ha affermato che l'emissione di assegni senza provvista ha rilevanza disciplinare, anche in assenza di una previsione esplicita nel codice deontologico.

I fatti

Nel caso preso in esame, due avvocati sono stati coinvolti in un procedimento penale. Nello specifico gli avvocati, in concorso e previo concerto tra loro, si sono appropriati indebitamente di somme di denaro destinate al pagamento delle forniture di carburante per la sua attività imprenditoriale ed hanno emesso assegni a vuoto.

Anche se il procedimento penale si è concluso con un'assoluzione, tuttavia l'emissione di assegni senza fondi è comunque riconosciuta come un illecito disciplinare. Secondo l'articolo 653 del codice di procedura penale, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha valore di giudicato nel procedimento disciplinare dinanzi alle autorità pubbliche per quanto riguarda la constatazione che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l'imputato non l'ha commesso.

Pertanto, nel procedimento disciplinare, considerando che le accuse riguardano esclusivamente l'emissione degli assegni che sono rimasti impagati e successivamente protestati, le valutazioni sul comportamento possono e devono riguardare solo l'emissione di tali assegni. Alla luce delle prove raccolte sia nel procedimento penale che in quello disciplinare, non vi è alcun dubbio sulla veridicità dell'emissione dei titoli. Di conseguenza, la responsabilità disciplinare dell'avvocato può solo essere confermata.

I motivi

Nonostante l'inadempimento causato dall'emissione di assegni senza fondi costituisce un comportamento illecito comune, va comunque fatto rientrare nel quadro disciplinare, anche in assenza di una specifica sanzione prevista. Ciò è dovuto al fatto che, secondo il principio della tipicità tendenziale degli illeciti deontologici, tale comportamento è comunque idoneo, per la sua modalità e gravità, a compromettere il rapporto di fiducia con il difensore a causa della stretta connessione con l'adempimento dei suoi doveri professionali.

Il Cnf ha dunque confermato la responsabilità disciplinare dell’avvocato, sospeso dalla professione per tre mesi a seguito della denuncia disciplinare presentata al Consiglio Distrettuale di Disciplina di Bologna. Tuttavia, considerando la carriera forense e il contributo sociale fornito dallo stesso durante la sua vita professionale, il Consiglio ha deciso di ridurre la sanzione inflitta, trasformandola in una censura.