A distanza di circa un anno dall’apertura della pratica, il Consiglio superiore della magistratura non ha ancora deciso se il procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale dovrà essere trasferito per incompatibilità ambientale o meno.

La vicenda, come si ricorderà, riguardava sia i verbali delle dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara che il mancato depositato di prove favorevoli agli imputati del processo sulla maxi tangente Eni- Nigeria. Imputati che erano poi stati tutti assolti.

L’accaduto determinò uno scontro tutto interno alla Procura che coinvolse anche l'allora numero uno, Francesco Greco. Per tale motivo il Csm aveva anche deciso di inviare a Milano una propria delegazione con il compito di procedere alle audizioni dei magistrati coinvolti.

Il primo ad essere sentito era stato il pm Paolo Storari. Il magistrato aveva “accusato” De Pasquale ed il collega Sergio Spadaro, ora alla Procura europea antifrodi, di aver di fatto frenato le indagini sulle dichiarazioni di Amara, l'ex avvocato esterno dell'Eni. Amara aveva descritto l'esistenza di una associazione paramassonica, la loggia Ungheria, che avrebbe avuto lo scopo di pilotare le nomine dei magistrati al Csm e di aggiustare i processi a carico dei propri sodali. «Questo fascicolo dobbiamo tenerlo chiuso nel cassetto per due anni», sarebbero state le parole di De Pasquale, capo del dipartimento che si occupa di corruzione internazionale, a Storari.

Amara era stato interrogato diverse volte alla fine del mese di dicembre del 2019 da Storari e dalla vice di Greco, Laura Pedio. L'avvocato siciliano, attualmente fra i testi d'accusa contro Luca Palamara a Perugia, aveva fatto decine di nomi di magistrati, generali, professionisti, avvocati, che sarebbero stati iscritti a tale loggia super segreta.

Terminati gli interrogatori, Storari aveva quindi chiesto ai suoi capi di poter effettuare le prime iscrizioni nel registro degli indagati e l'acquisizione dei tabulati telefonici. A queste richieste investigative sarebbe seguito un netto rifiuto perché, sempre secondo Storari, in quel periodo vi era una precisa linea da parte dei vertici della Procura di Milano che prevedeva di ' salvaguardare' Amara da possibili indagini per calunnia, dal momento che costui poteva tornare utile come testimone in altri processi.

Oltre ad Amara, vi erano poi le prove raccolte su un ex manager dell’Eni, Vincenzo Armanna, tra cui chat falsificate e molto altro, finite nel fascicolo sul cosiddetto "falso complotto Eni".

Elementi che non vennero prese in considerazione da Greco, De Pasquale, Pedio e Spadaro, e di conseguenza non furono depositate nel processo per corruzione a carico dell'ad di Eni Claudio Descalzi, poi assolto con formula piena. Come per Amara, anche Armanna, "grande accusatore" dei vertici dell’Eni, non poteva correre il rischio di essere "screditato". De Pasquale e Spadaro vennero iscritti nel registro degli indagati per rifiuto di atti d'ufficio a Brescia, competente per i reati dei magistrati milanesi E, secondo fonti qualificate, sarebbe proprio questo il motivo per il quale il procedimento per incompatibilità ambientale carico di De Pasquale procede a rilento.

Il procedimento penale, titolari del fascicolo il procuratore di Brescia Francesco Prete ed il pm Donato Greco, si trova ora davanti al giudice dell’udienza preliminare Cristian Colombo. La prossima udienza il 2 novembre. Sempre in questa vicenda era stata indagata anche l'aggiunto Pedio, titolare del fascicolo “falso complotto”, a cui veniva contestata la gestione di Armanna. In attesa di conoscere come finirà il procedimento penale, sta continuando la riorganizzazione dell'ufficio da parte del procuratore Marcello Viola. Il magistrato ha deciso di ufficializzare la nomina, come facevano i suoi predecessori, del suo vicario.

Seguendo il criterio dell’anzianità, tale incarico dovrebbe essere assegnato proprio a De Pasquale. Una decisione che, è innegabile, scatenerebbe polemiche a non finire. E, visti i precedenti, nessuno ha intenzione di ripetere.