Negli uffici del Giudice di Pace di Tivoli si vive una situazione ormai gravissima ed insopportabile. A denunciarlo è il presidente del Coa della città laziale, David Bacecci. I numeri non sono dalla parte della giustizia e dei cittadini, se si pensa che l’organico attuale del personale amministrativo è formato da quattro unità, mentre i Giudici di Pace sono soltanto tre a fronte di un circondario che conta 75 Comuni e 650mila abitanti. Le cause civili pendenti sono circa 3.200 e le sopravvenienze annue superano quota tremila. Nel penale i procedimenti pendenti sono circa mille con quattrocento sopravvenienze annue. Sulla carta, l’organico prevede dieci unità amministrative e cinque magistrati onorari. Non a caso, dunque, gli avvocati di Tivoli lamentano il sottodimensionamento di tutto il personale, giunto al punto di non poter smaltire il carico di lavoro, tenendo sempre conto del considerevole bacino di utenza. Il culmine dei disagi si è verificato qualche giorno fa, il 7 aprile scorso, quando le cancellerie sono state chiuse al pubblico. Impossibile portare avanti le attività con le esigue risorse umane a disposizione. Una scelta che ha provocato malumori tra i cittadini e, soprattutto, tra gli avvocati. «L’ufficio del Giudice di Pace – dice sconsolato David Bacecci - è assolutamente trascurato in tutta Italia e a Tivoli ci troviamo, probabilmente, nella situazione più grave. L’incuranza e l’indifferenza da parte del ministero della Giustizia verso gli uffici del Giudice di Pace mostra una scarsa sensibilità e una scarsa attenzione verso quelle questioni che, a mio parere maldestramente, vengono definite bagattellari, ma che incidono, invece, significativamente sulla vita delle persone e sulla fiducia che le stesse ripongono verso la giustizia. Basti pensare alle questioni che riguardano le liti tra vicini e tra condomini». Il presidente del Coa di Tivoli fa alcuni passi indietro, un tuffo nel passato, quando esistevano ancora le Preture. Non sono pochi gli addetti ai lavori a rimpiangerle: erano un presidio di giustizia autorevole a partire dalla competenza di chi le reggeva. «Ricordiamo tutti - commenta Bacecci - l’autorevolezza del Pretore, soprattutto nei piccoli centri, che rappresentava veramente la cosiddetta giustizia di prossimità e che trasmetteva ai cittadini grande affidabilità, fiducia e rispetto verso le istituzioni. In tutte le sedi si parla della necessità che il cittadino torni ad avere fiducia nelle istituzioni e nella giustizia. Per ottenere tale risultato è necessario ripartire dalle fondamenta e dalle basi, facendo funzionare il primo ufficio giudiziario, che, gerarchicamente, si incontra dal basso. Mi riferisco appunto all’ufficio del Giudice di Pace, che non è, per importanza ed impatto sociale, l’ultimo». Il timore, secondo il presidente degli avvocati di Tivoli, è che si vada incontro ad una classificazione della giustizia con diverse scale di considerazione. «Tutti gli uffici giudiziari - aggiunge - devono avere la stessa importanza e devono funzionare, affinché si recuperi fiducia nella giustizia. Incredibilmente, ma conferma l’indifferenza delle istituzioni, non è stata prevista la possibilità che gli addetti all’ufficio del processo possano essere applicati allo stesso Giudice di Pace anche in quegli uffici in cui l’arretrato è notevole e si deve rispondere ai parametri europei». Bacecci si sofferma sulle scelte fatte alcuni decenni fa. «Gli Uffici di Palombara–Palestrina e Castelnuovo di Porto – conclude - sono stati accorpati a quello di Tivoli, mentre è rimasto aperto quello di Subiaco, dato che il Comune ha deciso di farsi carico delle spese. Gli organici amministrativi dei singoli uffici del GdP non sono confluiti in quello di Tivoli, che ha dovuto far fronte, sostanzialmente, all’enorme mole di lavoro con gli organici amministrativi originari. Da tre anni ho informato il ministero della Giustizia, la presidenza della Corte di Appello e il Csm. Il nostro Coa da tempo ha indetto uno stato di agitazione. Non sappiamo cosa fare di più, oltre a denunciare la situazione che siamo costretti a vivere ogni giorno».