Quando gli aerei si schiantarono contro le Torri gemelle, l 11 settembre del 2001 in molti pensarono al manuale che due colonnelli cinesi, Qiao Liang e Wang Xiangsui, avevano scritto nel 1999 e che in Italia era arrivato giusto in quel gennaio: Guerra senza limiti. L'arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione. Qiao Liang e Wang Xiangsui erano vice direttore dellUfficio produzione del Dipartimento politico dellaeronautica militare, luno, e colonnello nellUnità politica dellaviazione militare della regione di Guangzhou, laltro insomma, non proprio strateghi di prima linea ma dentro una lunga tradizione di riflessione sullarte della guerra. In quel libro, Qiao Liang e Wang Xiangsui definiscono le guerre che abbiamo conosciuto sinora di tipo simmetrico e lineare, in corrispondenza allapproccio razionale tipico dellOccidente e che lOccidente ha sempre imposto nei suoi confronti armati, anche con lOriente. La rivoluzione copernicana dellarte della guerra si concentrerebbe nella parola chiave tecnologia. Che entra nella guerra e ne cambia silenziosamente lessenza, dilatandone i confini. Il nuovo modello di conflitto non sarà più puramente militare, ma utilizzerà ogni forma di attacco finanziario, telematico o di tipo terroristico, privando la guerra delle sue caratteristiche di simmetria e linearità. Nel libro si dice anche che tutti abbiamo paura senza che ci sia un contenuto preciso di riferimento: lOccidente ha paura del terrorismo, che è dappertutto e in nessun luogo, lOriente teme un intervento bellico Usa, che potrebbe accendersi contro uno qualunque dei suoi Stati. Tra lo scenario della guerra nucleare, che tutti temevamo e tutti provavamo a esorcizzare, e la guerra convenzionale, quella nel fango e nelle trincee, che ci sembrava appartenere al passato e non più ripetibile si inframmezzava adesso la guerra asimmetrica. Lattacco terroristico dell 11 settembre, al Qaeda prima, lAfghanistan, lIsis poi con il Daesh ci sembrava corrispondessero perfettamente a questa lettura. Di sicuro funzionava meglio della guerra umanitaria quellipocrita ossimoro con cui si era giustificato lintervento contro la Serbia. Però, forse la guerra in Ucraina riapre la riflessione sul significato dellasimmetria, che non è solo delluso della tecnologia, quella degli hacker di guerra e dei trolls, dellinformation warfare e nella multidimensionalità militare, cyber e informativa che si sostanzia anche in una sorta di assedio cognitivo, con la disseminazione di campagne disinformative dintensità e profondità variabile. Cosa sta succedendo in Ucraina? Una guerra convenzionale quella con i carri armati, il fango e le trincee, una estensione spaziale e di intensità in uomini e mezzi degli otto anni di guerra a bassa intensità nel Donbass e un conflitto di narrazioni: una guerra ibrida, insomma. Che però, a quanto pare, noi occidentali non ci pensiamo minimamente a affrontare nella sua complessità. Di mettere gli scarponi sul campo, proprio non ne vogliamo sapere. Siamo appena andati via dallAfghanistan, in fretta e furia tale da avere ricordato la fuga da Saigon e aperto mille interrogativi sulla bontà delloperazione, che facciamo ritorniamo a combattere? Va bene pilotare i droni da una base militare da Fort Bragg, Carolina del nord, o da Quantico, Virginia, e persino da Sigonella, Sicilia, purché rimanga una guerra da remoto. Biden, Johnson e gli europei minacciano, più o meno, sfracelli finanziari contro i russi ma sono sanzioni che hanno efficacia nel lungo periodo, mentre intanto si combatte nel fango e nella neve, e è lì nelle trincee, nelle pianure, nei porti, nelle strade delle città che si decide la partita, al momento. Perché lOccidente è così riottoso a affrontare la guerra? Si potrebbe dire e meno male. Che lopzione militare scompaia dallorizzonte delle pratiche delle relazioni internazionalidellOccidente non può che essere un bene chi vuol vedere le bare dei propri figli portate a spalla dai commilitoni? Troppe guerre lOccidente ha fatto, e imposto al mondo, pagando e facendone pagare un prezzo salato. Nel 2010, a Astana, Kazakistan, alla riunione dell'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, i capi di stato e di governo di 56 nazioni dissero: «We recommit ourselves to the vision of a free, democratic, common and indivisible Euro- Atlantic and Eurasian security community stretching from Vancouver to Vladivostok». Certo, mancano nell'Osce i sud del mondo e la Cina, da Shangai a Capo Horn, passando per il Capo di Buona Speranza ma come sarebbe bello, oggi, intanto, un mondo libero, democratico, comune e indivisibile da Vancouver a Vladivostock. E invece. E invece, la deterrenza nucleare, il terrore e la consapevolezza che una guerra nucleare non ha vincitori e vinti ma solo distruzione di massa, che quindi dovrebbe avere funzionato da spinta alla ricerca di soluzioni politiche non funziona in Ucraina. E non funziona perché al suo posto subentra una guerra convenzionale. E asimmetrica, perché non cè alcuna simmetria tra lesercito russo e quello ucraino, per quante armi, mezzi e istruttori abbia potuto dare lOccidente. La più antica delle guerre il più grosso contro quello più piccolo ritorna e nel cuore dellEuropa. QuellEuropa che ha tra i suoi fondamenti proprio il ripudio della guerra dopo la distruzione dellultima e che ha faticosamente costruito un percorso di continua giuridicizzazione dei conflitti e degli interessi, si ritrova debole e impacciata. LEuropa non vuole la guerra, e neanche lAmerica vuole la guerra non perché siano sopiti gli istinti predatori o, se si vuole metterla storicamente, quelli di colonizzazione: ma perché nessuno vuole andare a morire in guerra. Le motivazioni morali esportare la democrazia, civilizzare popoli barbari non sembra che riescano poi a reclutare. Va bene giocare alla guerra su uno schermo, come fosse una playstation, ma nel fango e nelle trincee, ma che davero? Morire per gli ucraini? La guerra non è neppure un volano per leconomia quella sorta di keynesismo con lelmetto che aveva come elementi un enorme debito, grandi investimenti produttivi dello Stato, occupazione di massa, buoni salari come fu per lAmerica di Roosevelt che difatti venne fuori come la prima potenza dopo la Seconda guerra mondiale proprio per lo sforzo bellico imponente. Troppa tecnologia adesso le cui ricadute non sono le stesse delleconomia fordista di guerra poca occupazione. e non sempre la guerra assicura una vittoria elettorale. Ma e questa è la domanda cruciale la Cina e la Russia, che sono le altre potenze mondiali, economiche e militari, la pensano come lOccidente? Perché, forse, sta tutta qui lasimmetria.