Acqua che perde dal soffitto e costretti a vivere con i secchi per evitare di essere allagati, celle sovraffollate, citofoni che non funzionano e quindi se di notte qualcuno si sente male rischia di non essere soccorso, muffa e umidità, zero attività trattamentali. Parliamo della denuncia sottoscritta da un centinaio di detenuti del carcere di Oristano- Massama, proprio due giorni fa si è avuta notizia di un detenuto che si è suicidato ad agosto. Notizia resa nota da Radio Radicale nel corso della trasmissione “Radio carcere”, condotta da Riccardo Arena.

«Siamo stanchi di subire, ingiustamente, restrizioni e privazioni di ogni tipo in modo del tutto gratuito. Sia ben chiaro, non chiediamo niente di straordinario. Chiediamo solo di vivere i giorni, o anni che siano, in modo dignitoso e con il rispetto della persona!». Questo scrivono i detenuti del carcere di Massama, ad Oristano, allocati al reparto di Alta Sicurezza ( AS3).

Sono pronti allo sciopero della fame e della sete per far rispettare i loro diritti, quelli minimi e garantiti dalla nostra costituzione. Lo fanno sapere tramite una lettera inviata alle istituzioni, dal presidente della Repubblica al ministero della Giustizia. Lettera che ha ricevuto anche Il Dubbio. I detenuti sottolineano che il carcere sardo di Massama ospita la stragrande maggioranza dei condannati in via definitiva e per questo dovrebbe prevedere una vasta offerta di attività formative, lavorative e ricreative, in modo tale da favorire il recupero del reo.

Purtroppo i detenuti di Massama denunciano che restano comunque chiusi in cella venti ore su ventiquattro. Le celle, dicono, sono occupate da tre persone mentre ne potrebbero ospitare al massimo due. Per potersi muovere all’interno di esse, hanno bisogno di montare i letti a castello. «Ma, cosa molto più squallida – aggiungono -, è che molte delle camere perdono acqua dal soffitto. Siamo costretti a vivere e dormire con dei secchi in mezzo alla stanza in modo tale da recuperare l’acqua delle perdite ed evitare di allagarci». Lanciano l’allarme di un pericolo costante di corti circuiti perché la maggior parte delle perdite provengono dai neon che illuminano la stanza. «La muffa e l’umidità ormai fanno parte del nostro quotidiano», scrivono nero su bianco.

Come se non bastasse, i citofoni che servono per chiamare l’agente di sezione, non funzionerebbero da una vita. «Di notte – si legge sempre nella lettera - se qualcuno di noi si sente male è costretto a gridare per farsi sentire svegliando l’intera sezione. Ovviamente il problema è stato fatto notare, ma i citofoni continuano a non funzionare!».

L’unica attività concessa ai detenuti di Massama è la scuola che attualmente però sarebbe chiusa a causa del Covid. «Da premettere – sottolineano i detenuti dell’AS3 - che quando ci è possibile svolgere l’attività scolastica veniamo chiusi a chiave, nell’aula, nonostante il docente sia un civile. Non ci è permesso svolgere attività sportive se decidiamo di andare a scuola». Infatti, per recarsi al passeggio, fare due passi oppure andare a fare una partita al calcetto, i detenuti si ritroverebbero costretti a rifiutare la scuola. «La stessa cosa vale per la palestra, se così la vogliamo chiamare: non c’è un solo attrezzo che funzioni, non c’è un bagno all’interno della stessa. Ce n’è uno adiacente, ma ci chiudono a chiave quando potrebbero chiudere la porta esterna del corridoio e permetterci così di usufruire del wc Perché non ci è permesso?» si domandano.

Come se non bastasse, i bagni del passeggio sarebbero otturati da mesi e mesi. In estate, sarebbero stati costretti a rimanere chiusi in celle roventi che hanno raggiunto temperatura insostenibile. I detenuti dicono che gli è stato consentito l’acquisto di un piccolo ventilatore di quattro euro che funziona con batterie mini stilo ed è composto da due eliche.

Una denuncia che viene raccolta e rilanciata da Maria Grazia Caligaris dell’associazione di volontariato “Socialismo Diritti Riforme”. «Se queste sono le condizioni – sottolinea l’esponente di Sdr – è evidente che si rappresenta una vita fuori da quei canoni costituzionali che dovrebbero garantire ai detenuti una riabilitazione utile alla società. Troppo spesso infatti si dimentica che trascurare i momenti di formazione, di lavoro, di svago dentro una struttura destinata a far vivere e apprezzare la legalità significa contraddire la finalità del ruolo del Penitenziario».