Dopo gli oppositori politici e i media non allineati, la repressione della giunta militare del Myanmar raggiunge anche gli avvocati, l’ultima frontiera del diritto nel paese asiatico che sta per essere sbriciolata. Sono infatti decine i legali arrestati nelle ultime settimane dalla polizia del regime in quella che sta diventando una vera e propria escalation contro il sistema giudiziario e le sue residue garanzie. In gran parte si tratta dei difensori degli attivisti pro- democrazia arrestati durante le manifestazioni contro il golpe del primo febbraio. Nei loro confronti è stato applicato l’articolo 505A del codice penale che definisce l’ “istigazione alla rivolta” e comporta una pena minima di tre anni di reclusione.

Alcuni di loro sono nomi molto noti in Myanmar e le circostanze della loro cattura sono state illuminate dall’emittente panaraba al- Jazira.

Ad esempio Thein Hlaing Tun catturato a fine maggio assieme a cinque colleghi: si occupava della difesa di Myo Aung, ex sindaco della capitale Naypyidaw coimputato assieme all’ex Segretaria di Stato e premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Maung Zaw, avvocato di San Su Kyi ( ancora in libertà) racconta che per dieci giorni nessuno ha avuto sue notizie, lo hanno sbattuto in detenzione preventiva senza il diritto di avere un assistenza legale.

«Siamo molto preoccupati per tutti i colleghi, il clima è ormai invivibile, subiamo continuamente minacce e molestie da parte dei militari e degli esponenti di un sistema giudiziario distorto», denuncia Zaw. Nella regione di Ayeyarwady un avvocata è finita in manette addirittura mentre era in aula, durante il processo al suo cliente, il direttore sanitario di un ospedale che si era rifiutato di lavorare per il nuovo regime mettendosi in sciopero della fame, un caso che aveva catturato l’attenzione dei media stranieri. Anche per lei è scattato l’articolo 505A.

Thet Tun Oo invece rappresentava oltre cento prigionieri politici nella regione di Kachin, tra cui diversi membri dell’ex governo locale. Un processo importante con cui la giunta dei generali conta di decapitare un pezzo significativo dell’ex classe dirigente.

La polizia l’ha arrestata mentre stava andando in tribunale per un’udienza: «I poliziotti ci sorvegliano, ci pedinano, ci fotografano, ci telefonano da numei sconosciuti, molti di noi hanno deciso di abbandonare la loro residenza e si sono nascosti da amici e conoscenti. Per noi donne poi è anche peggio, perché subiamo intimidazioni molto pesanti e siamo troppo spaventate per muoverci da sole in città», spiega ad al- Jazira un avvocata birmana che per comprensibili motivi è voluta restare anonima: «Sappiamo che richiamo l’arresto in ogni momento del giorno e della notte, ma se molliamo noi chi difenderà più gli imputati?».

Alcuni però sono stati costretti a darsi alla fuga nella certezza di essere finiti nel mirino del regime.

È il caso di Nilar Phone e Myat Thu, arrestati lo scorso 12 giugno mentre tentavano di attraversare la frontiera con la Thailandia: un amico che lavorava nel palazzo di giustizia di Kachin li aveva avvertiti che sulle loro teste pendeva un mandato di cattura per violazione dell’articolo 505A, ma evidentemente l’informazione è giunta troppo tardi, Entrambi difendevano un cliente molto in vista, l’ex governatore di Kachin, uomo molto vicino a San Suu Kyi.

Fino ad oggi nessuno ha più avuto notizie della loro sorte con i colleghi che denunciano l’ennesima detenzione extragiudiziaria, strumento prediletto dagli inflessibili generali di Naypyidaw.

Proprio a causa della tragica condizione delle garanzie difensive in Myanmar, Maung Zaw è stato nominato per il Lawyers for Lawyers Award 2021, un premio assegnato ogni anno ad Amsterdam da una organizzazione indipendente di avvocati per onorare i colleghi che hanno dato un contributo significativo alla protezione dello stato di diritto e dei diritti umani in ambienti difficili.