C’è un enorme problema per quanto riguarda l’accesso al sistema abitativo per i beneficiari di protezione internazionale. Il 43,3% vive in una casa in affitto, il 42,3% in centri di accoglienza, il 12,4% ospite di parenti o amici. Sono i dati del rapporto della Fondazione Ismu, realizzato nell’ambito del progetto europeo “The National Integration Evaluation Mechanism ( NIEM)”. Il report, dal nome “Beneficiari di protezione internazionale e integrazione in Italia. Focus sull’accesso al sistema abitativo”, presenta i risultati della seconda fase di valutazione realizzata nel 2020. La condizione dei beneficiari di protezione nel nostro Paese viene inoltre confrontata con la situazione degli altri paesi partner soprattutto per quanto concerne la dimensione dell’abitare. Obiettivo di questo report è, infatti, quello di porre l’attenzione su alcuni aspetti tipici del sistema asilo in Italia, quali l’accoglienza e la gestione delle domande, approfondendo inoltre un tema di grande interesse quale quello dell’autonomia abitativa. Tale scelta è dettata dalla volontà di considerare una tematica spesso ritenuta minore rispetto, per esempio, all’accesso al mercato del lavoro, ma che invece rappresenta un tassello fondamentale all’interno del puzzle delle politiche di integrazione di coloro che chiedono o hanno ottenuto protezione in Italia. L’accesso al sistema abitativo per i soggetti più vulnerabili è infatti un pilastro fondamentale del processo d’integrazione.

A fronte di una domanda crescente di alloggi da parte delle famiglie straniere e delle persone migranti, secondo i dati del report la risposta risulta ancora debole e non in grado di soddisfare tale richiesta. Di contro, la questione dell’abitare, e soprattutto dell’abitare dignitoso, non rappresenta oggi in Italia un tema centrale nelle politiche pubbliche dirette all’inclusione generando un gap di rilievo nel processo verso l’autonomia delle persone.

Nel report emerge che tra i soggiornanti per asilo o richiesta di asilo c’è in Italia, al 1° gennaio 2020, un rapporto di un migrante in situazioni d’alloggio particolarmente critiche e non assistite ( occupazioni abusive, sistemazioni precarie, ecc.) per ogni 38 accolti in strutture d’accoglienza; con un valore ancora migliore, uno a 74 nelle Isole ( dove dunque l’accoglienza da questo punto di vista è particolarmente diffusa), e risultati sopra la media nazionale sia al Nord- ovest ( uno a 41) sia e ancor di più al Nord ( uno a 45). Nel contempo, peggiore si prospetta la situazione nel complesso al Sud, con un migrante con permesso di soggiorno per asilo o richiesta di asilo in occupazioni abusive o sistemazioni precarie ogni 34 con il medesimo status giuridico- amministrativo del soggiorno ma in strutture d’accoglienza, e soprattutto nel Centro Italia laddove il medesimo rapporto scende a uno ogni 27.

L’altra grande differenza territoriale che emerge dai dati è quella tra le sistemazioni in affitto pagante, diffusa soprattutto al Sud dove è la modalità abitativa di maggioranza assoluta tra i migranti richiedenti asilo o con un permesso di soggiorno in seguito ad una domanda di protezione internazionale, e l’ospitalità gratuita da parenti, amici, conoscenti, diffusa in particolar modo nel Centro Italia e anche nelle Isole e molto meno altrove. Tra gli obiettivi del report vi è la volontà di realizzare una comparazione tra i diversi Stati partner. Per questo è stato realizzato un questionario grazie al quale poter effettuare una valutazione fondata su un sistema di punteggi. Emerge, e non sorprende, che i Paesi più virtuosi sono la Svezia e l’Olanda in quanto noti contesti altamente inclusivi e accoglienti soprattutto da un punto di vista delle norme. L’Italia sta nel mezzo, ma in via di peggioramento: ciò è spiegabile per l’operare nel periodo considerato dei due decreti sicurezza del 2018 e 2019 che hanno portato a una maggiore chiusura, non solo rispetto agli ingressi, ma anche rispetto alle possibilità di integrazione rivolte a determinati gruppi migranti.