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I nuovi dati aggiornati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) attestano un ulteriore incremento del sovraffollamento nelle carceri italiane. Il numero di detenuti presenti alla data del 30 aprile 2024 risulta pari a 61.297: sono cresciuti di 1.131 unità da inizio anno (+1,9%). Siamo sempre più vicini a quello che portò nel 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo ad infliggerci una umiliante condanna per trattamenti inumani e degradanti.
L’aggiornamento dei dati del Dap conferma che la situazione carceraria ha raggiunto livelli critici, con 145 istituti penitenziari su 189 che superano il tasso di affollamento del 100%. Solo due regioni, il Trentino Alto Adige e la Sardegna, registrano un numero di detenuti inferiore ai posti effettivamente disponibili. Questi dati sconcertanti mettono in evidenza una crisi sistemica che richiede urgenti interventi ancora rimasti inevasi, nonostante le sollecitazioni a intervenire sul fenomeno, anche da parte del Presidente della Repubblica lo scorso 16 marzo.
Una tendenza preoccupante è l’incremento dei detenuti in attesa di giudizio, soprattutto nel Lazio, come segnala l’aggiornamento da parte del garante regionale Stefano Anastasìa. Ad inizio anno, il numero di detenuti in attesa di giudizio nella regione era di 1.922, ma è cresciuto del 5% fino a superare le 2.000 unità, attestandosi a 2.037. Questo aumento ha portato la percentuale di detenuti in attesa di giudizio rispetto al totale della popolazione detenuta dal 29,4% all’attuale 30,1%, un valore significativamente superiore al 25,5% registrato a livello nazionale. Un altro dato riguarda la presenza di detenuti stranieri.
Attualmente, in Italia, ci sono 2.547 detenuti stranieri, che costituiscono il 37,7% della popolazione carceraria regionale, rispetto al 31,4% a livello nazionale. Anche in questo caso, si registra un aumento significativo, con 61 detenuti stranieri in più rispetto all’inizio dell’anno, corrispondenti a un incremento del 2,5% nel Lazio. Un’altra problematica da considerare è la presenza di bambini dietro le sbarre. A livello nazionale, ci sono attualmente 23 bambini detenuti insieme alle loro madri. Il mese precedente erano 18. A tutto ciò si aggiungono i 34 suicidi dall’inizio dell’anno (è compreso anche quello avvenuto nel centro di permanenza e rimpatrio di Ponte Galeria), con l’ultimo avvenuto sabato scorso nel carcere di Siracusa.
Un’emergenza che ha portato la Conferenza nazionale dei garanti territoriali, per voce del portavoce Samuele Ciambriello e del direttivo, a indicare delle proposte per far fronte al dramma tramite il documento intitolato “Indignarsi non basta più”. Quest’ultimo rivela la situazione critica e propone soluzioni immediate per contrastare il degrado delle condizioni carcerarie. L’inerzia delle istituzioni ha portato ad un aumento dei suicidi in carcere, con 34 detenuti che si sono tolti la vita solo quest’anno, oltre a quattro agenti di Polizia penitenziaria. Il fenomeno dell’autolesionismo e della violenza sistematica è in crescita, come evidenziato dalle recenti indagini sulle violenze nelle carceri di Reggio Emilia e Milano. I dati rivelano che il 64% dei suicidi coinvolge detenuti con reati contro il patrimonio e il 60% avviene nei primi sei mesi di detenzione. Il sovraffollamento, come confermano i dati appena aggiornati, è diventato insostenibile.
Nel documento dei garanti, vengono elencate delle proposte concrete. In primis si propone l’approvazione di misure immediate per ridurre il sovraffollamento, tra cui l’ampliamento dell’istituto della liberazione anticipata. Questa proposta, già al vaglio della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, prevede un’estensione del beneficio della liberazione anticipata per detenuti con una condotta esemplare, incentivando comportamenti positivi e riducendo le tensioni nelle carceri. I garanti segnalano anche la necessità di investire nelle infrastrutture carcerarie per rendere gli ambienti più vivibili e igienici. Inoltre, propongono l’assunzione di più personale specializzato nel prevenire e gestire il disagio psicologico, garantendo anche una formazione continua per affrontare situazioni di violenza e stress lavorativo. Si propone inoltre di esplorare l’uso delle nuove tecnologie per migliorare il contatto con l’esterno e rendere più umana l’esperienza detentiva.
Altro punto è la critica nei confronti dell’applicazione della circolare del Dap risalente a luglio del 2022 che, a giudizio della Conferenza nazionale dei garanti, avrebbe peggiorato le condizioni all’interno del carcere. Questa circolare, pensata per dare un trattamento più personalizzato ai detenuti, sta causando problemi. Anche se dovrebbe favorire un trattamento più aperto, in realtà molte celle sono chiuse per la maggior parte del tempo. Questo crea tensioni tra i detenuti e fa sì che le carceri siano sempre più affollate. Questa situazione potrebbe portare a nuove condanne dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Per questo motivo, i garanti propongono di rendere meno rigida l’applicazione di questa regola, considerando meglio la situazione reale delle carceri. L’altra osservazione da parte della Conferenza nazionale dei garanti territoriali riguarda l’importanza di intervenire per garantire il diritto all’affettività anche all’interno del carcere. I garanti denunciano il mancato intervento, né a livello amministrativo né legislativo, riguardo alla sentenza auto-applicativa della Corte costituzionale numero 10 del 2024. Questa sentenza riguarda la protezione del diritto all’affettività delle persone detenute e il diritto a colloqui riservati e intimi, senza controllo visivo. Per questo motivo viene evidenziata l’urgenza di garantire che questa sentenza venga applicata in modo uniforme in ogni istituto penitenziario, come stabilito dalla Corte costituzionale. Inoltre, i garanti ritengono importante sottolineare che non sono state fatte azioni concrete per aumentare in modo coerente e uniforme i contatti con i familiari e altre persone esterne. Le promesse fatte dal ministro Carlo Nordio riguardo all’aumento dei colloqui telefonici, fatte subito dopo i tragici suicidi di due donne avvenuti nella sezione femminile della Casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino, non si sono mai tradotte in azioni effettive.
La situazione attuale richiede un impegno attivo e la traduzione di quest’ultimo in soluzioni immediate. Di fronte a oltre 60mila persone coinvolte, la speranza e la dignità di intere comunità sono messe in discussione dall’inerzia del Legislatore, il quale, con il suo immobilismo, rischia di svilire i principi fondamentali di giustizia e umanità. I garanti chiedono quindi un intervento tempestivo per riportare speranza e dignità nelle vite di coloro che si trovano dietro le sbarre. Lo fanno ricordando le parole di Papa Francesco, il quale afferma che il carcere deve essere un luogo di rinascita, sia morale che materiale. L’appello dei garanti territoriali è chiaro: è ora di passare dalle parole ai fatti, dalla indignazione all’azione. La dignità e la speranza di migliaia di individui dipendono da questa trasformazione.