Il Garante campano delle persone private della libertà personale Samuele Ciambriello ha fatto visita al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere militare, dove ha avuto dei colloqui con alcuni dei detenuti ivi ristretti. Il Garante, accompagnato dal tenente colonnello Rosario del Prete, comandante/ direttore del carcere ha visitato le celle (singole, doppie o triple) con bagni dotati di doccia, la mensa collettiva e i vari laboratori di bricolage, pittura, ceramica. «Ho trovato una struttura a misura duomo, nella quale le persone diversamente libere vivono la privazione della libertà nel rispetto della dignità umana, sia negli spazi (singoli e comuni), che sono funzionali al trattamento, alla rieducazione e al rispetto delle norme di sicurezza. Ho potuto visitare larea verde, che consente ai detenuti di svolgere attività di giardinaggio, una palestra, la sala colloqui, che è un ambiente familiare e confortevole», così Samuele Ciambriello alluscita dal carcere sammaritano. Attualmente in Istituto sono ristrette 52 persone ex appartenenti alle Forze armate che scontano pene detentive a seguito di condanne per reati propri e comuni. Fino al 2005 esistevano diverse carceri militari, oggi è rimasto solo quello di Santa Maria Capua Vetere. Si trovavano a Gaeta, Pescheria del Garda, Forte Boccea, Cagliari, Sora, Palermo, Bari, Torino e Pizzighettone. A dispetto di tutti gli altri istituti penitenziari ordinari, quello militare risulta un carcere modello e ha un numero esiguo di ristretti. Molto al di sotto della capienza regolamentare. Il carcere militare può essere posto ad esempio: ha un elevatissimo standard delle condizioni di detenzione, è una struttura considerata di assoluta eccellenza dal punto di vista delle condizioni sanitarie, infrastrutturali e per lelevato livello tecnologico.Di detenuti militari ce ne sono pochi, paradossalmente la maggior parte sono poliziotti e carabinieri. «Parliamo di un carcere come conferma anche il garante regionale - dove non esiste un clima di distacco che solitamente avviene nei penitenziari italiani civili». Pur nel rispetto dei ruoli, il comandante fa anche da padre, consigliere, a volte amico. Si lavora, esiste la possibilità di coltivare, partecipare a laboratori di cucina e falegnameria. La riabilitazione funziona. Più volte si è detto di sopprimerlo, ma forse, viste le gravi criticità degli istituti penitenziari, bisognerebbe estenderlo e replicarlo anche ai civili.