Il 24 giugno, salvo ulteriori rinvii dovuti all’emergenza epidemiologica, la Cassazione si pronuncerà in merito alla richiesta di ricusazione del giudice Marco Bouchard, presidente del collegio che il 21 febbraio scorso ha condannato a 5 anni e 6 mesi di reclusione l’ex carabiniere Pietro Costa per violenza sessuale nei confronti di una studentessa americana.

Secondo l’accusa, nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2017, Costa e il suo collega Marco Camuffo avrebbero agito abusando della loro qualità di carabiniere in servizio e violato gli ordini impartiti dai superiori facendo salire illegittimamente due ragazze statunitensi sull’auto di servizio. Avrebbero poi accompagnato le due nella loro abitazione di Firenze per poi abusare di loro. Marco Camuffo è stato condannato nell’ottobre del 2018 a 4 anni e 8 mesi con rito abbreviato. Per Costa la sentenza è arrivata a febbraio con rito ordinario. Il carabiniere avrebbe avuto un rapporto sessuale con la studentesse malgrado il dissenso espresso di quest’ultima. Per la difesa dell’imputato, diversamente, la persona offesa avrebbe ammesso di non aver mai manifestato il proprio “non gradimento” al rapporto sessuale.

Ma veniamo al tema del giorno: secondo i legali di Costa, gli avvocati Daniele Fabrizi e Serena Gasperini, l’obiettività del magistrato Bouchard sarebbe in discussione per il fatto di aver ricoperto prima l’incarico di presidente e poi quello di presidente onorario di “Rete Dafne”; si tratta di una associazione per aiuto alle vittime di violenze sostenuta dal comune di Firenze e della cui articolazione sul territorio fiorentino è uno dei partner promotori ed è parte civile nel procedimento contro Costa. Per questo, il 23 ottobre 2019, i due legali hanno presentato istanza di ricusazione evidenziando, come ci spiega l'avvocato Daniele Fabrizi, che «il giudice sembra avere un interesse personale in questo processo poiché, tramite l’associazione “Rete Dafne” di cui è fondatore e attuale presidente onorario, risulta fortemente legato al comune di Firenze che è una delle parti in causa e che appunto ha creato “Rete Dafne” Firenze e la sostiene anche mettendogli a disposizione i locali in cui operare. In altre parole, il fatto che l’associazione di cui il giudice è fondatore e presidente onorario sia in qualche modo finanziata da una delle parti del processo espone il giudice a un forte sospetto di parzialità; è un po’ come se, a decidere di una lite tra due società, fosse l’amministratore delegato di una terza società collegata all’una o all’altra delle parti in causa».

Il Procuratore Generale di Firenze, il 20 novembre 2019, ha espresso parere favorevole alla dichiarazione di ricusazione. Il dottor Bouchard, invece, ha considerato inesistenti i presupposti per una sua astensione in quanto ' insussistenti un interesse nel procedimento e ragioni di convenienza tali da determinare un'incompatibilità tra il suo ruolo di giudice penale e l'impegno nella materia delle vittime di reato'. Il giudice, infatti, era stato designato dal presidente del Tribunale di Firenze come referente nei rapporti con il ministero della Giustizia in materia di “vittime di reato”. Il 16 dicembre 2019, la Corte di Appello di Firenze - presidente Margherita Cassano, consigliere estensore Daniela Lococo - ha rigettato l'istanza di ricusazione. Tra i motivi addotti il fatto che l'attuale posizione di Bouchard non implica, alla luce del contenuto della costituzione di parte civile del comune di Firenze, la configurabilità di un interesse nel procedimento. La Corte inoltre ha escluso un inserimento organico del magistrato nell'associazione, pur riconoscendone la funzione istituzionale. La difesa di Costa, tra il diverso materiale allegato alla richiesta di ricusazione, aveva prodotto una intervista al dottor Bouchard mandata in onda dal Tg3 Toscana, in cui il magistrato, in occasione del convegno ' Due anni di Rete a Firenze', rendeva dichiarazioni sulle prospettive di espansione della Rete stessa. Tuttavia la Corte di Appello, nel rigettare l'istanza, scrive: ' attesa la peculiarità della fattispecie, fondata su questione interpretativa complessa, il Collegio non ritiene opportuno far seguire la condanna del ricusante al versamento di una somma alla cassa delle ammende'.

Una anomalia forse che così commenta l'avvocato Fabrizi: «Abbiamo dimostrato che il dott. Bouchard è stato il fondatore e il presidente dell’associazione “Rete Dafne Italia” e che, ancora oggi, ne è il volto e la voce, considerato che continua ad esprimersi pubblicamente a nome della stessa. Lo stesso giudice ha prodotto alla Corte d’Appello un verbale assembleare di “Rete Dafne” da cui risulta la deliberazione con cui è stato nominato presidente onorario con poteri di rappresentanza, in particolare al tavolo interistituzionale. Abbiamo sollevato quindi la questione: come si fa a dire che non vi sia un rapporto organico tra l’associazione e il giudice che la rappresenta?». Sta di fatto che la difesa di Costa è ricorsa in Cassazione contro questa decisione; la Procura Generale non poteva farlo ma continuerà ad essere parte del procedimento. L'avvocato Fabrizi si aspetta che «la Corte di Cassazione dica con chiarezza che il giudice appare portatore di un interesse, quantomeno di tipo morale, all’esito del procedimento e che, pertanto, non avrebbe dovuto far parte del collegio giudicante; una decisione che contribuirebbe a rafforzare la fiducia dei cittadini nella magistratura e nella giustizia più in generale. Per citare la più autorevole Dottrina: “affinché lo ius dicere assolva il suo compito di fondamentale elemento di coesione sociale, infatti, non è soltanto necessario che il giudice sia imparziale ma anche che tale appaia”.